Marina
ha fatto come mia nonna, alla fine non ha tenuto la piscia, come si dice da
queste parti, e non vuole essere un’offesa, tutt’altro, dice che in
trentacinque anni di matrimonio potrà mai aver imparato a nascondere qualcosa?,
ed io le rispondo che sì che dovrebbe soprattutto in questi casi. Stamattina, alla
fine, dopo molte insistenze, io immagino snervanti insistenze, ha raccontato a
Robbi che stasera sarebbe andato al concerto Jovanotti, per l’esattezza, ci
tengo io, di Lorenzo negli Stadi 2013 di Padova, allo Stadio Euganeo.
Io gli
avevo solo chiesto di fidarsi e lui lo aveva accettato.
E’
stato un concerto MEMORABILE, pieno di tutto quello che serve.
Ma
provo andare con ordine.
A me
piace fare sorprese, soprattutto se credo che possano fare centro al diciamo
99%.
Ecco,
Robbi nei mesi scorsi aveva sempre parlato della sua idea di presenziare a tale
spettacolo ma sempre aveva evidenziato un freno a mano del tipo non l’ho mai
fatto perché dovrei farlo ora.
Perché
per certe robe non è mai troppo tardi! Ecco perché!
A
Bologna aveva desistito sul dunque dell’acquisto dei biglietti. Ma si vedeva
negli occhi che aveva ancora la voglia sulla pelle.
I miei
giri hanno preso strade che non erano in previsione, cioè in questi giorni sarei
dovuto essere tutt’altro che a casa, quindi mi sono chiesto perché non portarlo
a Padova?, tanto non è lontanissimo e si può partire anche non prestissimo.
E
allora ho fatto. Spero per bene.
Alle
17.30 puntuale sotto casa sua. Marina che ci saluta ed io che impreco perché
parte della sorpresa è scemata nella mattina della spesa del sabato.
Comunque
carichi di entusiasmo partiamo con la speranza di trovare i biglietti alla
biglietteria. Robbi non sa che li ho già comprati in prevendita e non sa
nemmeno che andremo allo stadio…
In
realtà lui è quella faccia ebete piena di sorrisi ed esaltazione tipica del
bimbo quando sa che sta andando alle giostre e per due ore potrà godersi
l’ottovolante.
E io
sono felice per lui. Molto.
Il
viaggio è sereno, pieno di chiacchiere e di miei non so chissà vedremo al
massimo andremo al mare a mangiare il pesce ma spero ben di no.
Arriviamo
a Padova ignorando completamente le segnalazioni dei cartelli luminosi finanche
quelli della radio che proprio in quel momento con l’Onda Verde ci segnala
possibili code in zona stadio.
Ma
chissenefrega! Io so già dove andare a parcheggiare l’auto. Sono due giorni che
guardo le mappe in rete per escogitare non tanto l’arrivo quanto l’uscita senza
traffico. Quindi, noi si vien da sud, si deve parcheggiare da quella parte,
quindi prima dello stadio. Bene.
L’uscita
scelta come la miglior tattica è impedita dalle camionette dei vigili, e lo
scopriamo dopo aver evitatissimo il primo grande parcheggio molto consigliato
dagli organizzatori e dai cartelli luminosi.
E
allora si prosegue, stavolta per forza. L’uscita dopo è impedita ma non ci sono
vedette e soprattutto c’è lo spazio per passare, e secondo me lo fanno apposta.
Usciamo dalla tange e nessuno ci ferma ma ovviamente si va in direzione
opposta, cioè verso la città, quindi a destra. Alla prima, lampo di genio ma
soprattutto gran botta di culo, giriamo a destra in una strada strettissima che
con due curve secche ci riporta praticamente sollo lo stadio, che è bellissimo
lì di fronte, solo di qua dalla tange.
In
pratica parcheggio sulla rete di una staccionata. Bene, benissimo!
Robbi
scende dall’auto che non l’ho nemmeno spenta, proprio come mia nonna, anche
lui, e mi da del cretino perché gli mostro i biglietti bellissimi.
Dieci
minuti comodi di passeggiata serena e siamo direttamente agli ingressi verdi,
cioè i nostri.
Ora
l’adrenalina è alle stelle, e lui non vede l’ora di entrare e giocarsi il suo
gettone per il giro di giostra.
Dentro
è l’apoteosi. E’ festa. E c’è musica a manetta.
E lui
è proprio un bimbo sulla giostra.
Appena
varcata la soglia del prato, che stasera è tutto nostro, io corro qualche passo
incontro alla festa, alzo le braccia al cielo e girandomi tutto intorno grido a
squarciagola
“RAGAZZI
ROBBI E’ AL CONCERTO LO VOGLIAMO SALUTARE??!”
quelli
attorno a me sorridono una ragazza alza la mano a mo’ di saluto e quando
incrocio il suo sguardo Robbi sorride sotto i baffi girando lo sguardo quasi
per far capire allo stadio intero che non mi conosce mica.
Il
bastardo…
Facciamo
due passi due alla ricerca di un posto decente dove sederci nell’attesa,
sigliamo l’evento con le prime foto col suo cellulare, ma sono già quasi le
otto di sera e allora andiamo a fare un po’ di coda al bar sotto la tribuna
così si cena ora e non ci si pensa più.
Un
calcio alla dieta e ai cibi da evitare ci spariamo due panini con salsiccia e
cipolla e peperoni e mezza di birra.
E
vaffanculo la pressione e i prelievi del sangue, stasera va così!
Ci
sediamo comodi nei pressi di un gruppetto eterogeneo di ragazze e ragazzi,
trent’anni al massimo, così che le loro chiacchiere e le loro grida di felicità
possano contagiare i nostri sorrisi.
Qualche
attimo dopo noto che Robbi è ingorillito abbastanza, sluma tutte le braghe
corte nei dintorni, si meraviglia di tanta gente. Commentiamo vivacemente l’andirivieni
di persone di ogni tipo. Anche io ho i miei commenti colorati.
Ci
sono anziani, come lui, e più anziani, ci sono giovani, e molto giovani di
pochi anni o di anni da pube alla ribalta, ci sono pure alcuni passeggini, e
poi vestiti di ogni genere, c’è l’immancabile elegantone con le braghe bianche (sì
sì braghe bianche!) e lei per mano lo segue col suo vestitino leggero da io
ballo da sola, ci sono magliette di ogni colore, canotte molto smanicate, gente
scalza, persone ancora sdraiate.
Ma
soprattutto non ne vedo uno che fosse uno col broncio sul grugno. E’ davvero
una festa.
Il
cielo è grigio, le previsioni davano coperto verso sera, ma nonostante
l’assenza del sole fa moooooolto caldo tanto che l’afa la sentiamo sulla pelle.
Poi ci
si alza, assieme al gruppetto di cui sopra, ed io e Robbi con uno sguardo decidiamo
che staremo vicino a loro perché sono proprio belli e combinati.
Poi si
sono alcune mosse leggere e lievi che quasi non ce ne accorgiamo nemmeno.
Cominciano
gli sguardi all’insù, verso nord, quindi di dietro.
Davanti
a noi c’è il palco che ci spara musica fin troppo pompata, e dietro si vede
bene la luce del giorno sparire nella sera. Dietro di noi, un altro mondo. E’
buio, buio pesto da notte profonda. Buio come quelle nuvole cariche di ogni
sorta da sparare a terra. Buio squarciato troppo spesso da lampi e saette.
E più
passa il tempo più si sentono meglio i tuoni fragorosi sempre più vicini.
Sorridiamo
dell’eventualità pioggia e in men che non si dica cominciano le prime gocce.
Prima leggere e inutili, ma poco dopo sempre più pesanti e insistenti.
Noi
due ci diciamo pazienza tanto è piena estate passerà e poi dopo ci si scalda
perché salteremo come grilli.
E così
tante persone si mettono in k-way, le mantelline leggere da stadio (appunto),
qualcuno, come Robbi, toglie la maglietta così dopo avrà qualcosa di asciutto da
mettersi addosso.
A
questo punto è palese che stasera Robbi il suo gettone sull’ottovolante se lo
gioca ai massimi com’è giusto che sia, come gli viene più spontaneo, si lascia
andare come non ha mai fatto.
Cominciano
gli intro cantati dai dischi dell’attesa, suonati male o c’è già interferenza
umida.
I miei
occhiali si bagnano troppo. La pioggia non desiste per niente ma è
sopportabile.
Si
accendono le luci del palco e alcune dello stadio quindi comincia l’intro lungo
di Lorenzo, noi ci comincia a saltare e ballare e le braccia al cielo e la voce
che se ne va.
L’ottovolante
comincia i suoi giri e tutti noi ci siamo sopra.
Lorenzo
saluta la pioggia e ci dice di stare sereni che si prosegue. Su Non m’annoio si
sentono le gocce a folate, arrivano da dietro e danno molto fastidio, ma noi
tutti imperterriti e chissenefreghisti continuiamo a ballare felici. In pratica
non vediamo e sentiamo altro che il palco e lui che corre su tutto il palco.
Sei
canzoni, dico sei canzoni, e i ragazzi sempre più cominciano ad avviarsi verso
la protezione delle tribune, e Lorenzo ci dice che forse è meglio sospendere un
attimo per vedere come va la situazione che potrebbe smettere.
Robbi
ed io ci guardiamo allibiti che abbiamo ancora le braccia alzate ci chiediamo
perché se ne stanno andando tutti.
E’ un
attimo. Qualcuno lassù apre i rubinetti e svuota le catinelle.
Io
grido che è tutta colpa di Robbi, che è andato a un unico concerto nella sua
vita e ovviamente ha fatto piovere. E che pioggia.
Piove
di brutto. Ma soprattutto si scarica un temporale enorme. Tutto quello che può
cadere comincia a cadere.
L’apocalisse,
o qualcosa di molto simile. Un nubifragio ventoso e freddo. Tutto per noi.
Sono
da poco passate le nove e mezza di sera, siamo bagnatissimi fin dentro le
scarpe quando cominciamo a salire per la tribuna. Poi qualcuno solleva un
telone verde e ci si infila sotto tutti, siamo animali braccati dalla natura e
che si uniscono quel minimo per sopravvivere, sembriamo il branco di pecore che
stanno vicine per non perdersi e per tenersi caldo. E ce ne sarebbe bisogno.
Siamo come pulcini in bilico, un po’ sul cemento e un po’ ancora sul prato,
questi hanno i piedi immersi nell’acqua fino alle caviglie, e c’è chi ha
infradito o sandalini.
Noi
ridiamo un po’, sdrammatizziamo, aiutiamo alcune ragazze a salvare le unghie
rifatte.
Poi
però, cazzo non mette mica! I tuoni si susseguono a manetta e il vento
sbatacchia il telone e la pioggia ci arriva comunque. Gli sguardi sono
perplessi, gli occhi stanchi, increduli. E ora che si fa?
Comincia
a smettere.
Mezz’ora
abbondante di tempesta estiva, di diluvio che a noi sembra universale.
Qualcuno
pensa bene di andarsene vicino alle transenne col telone. E noi un minimo
seguiamo, ma tentennando. Lo stadio intero ci fischia. Si torna indietro con
l’aiuto dei pompieri e di quelli della sicurezza, che ovviamente ci infilano
come tutti gli altri sotto la tribuna e il telone riposto via.
E ora,
che sta cominciando a smettere, cosa capita?, rimandano?, riprendono?,
rimborsano?
Stiamo
qualche tempo in attesa di capirci qualcosa, cominciando a sentire freddo,
sempre di più, d'altronde siamo bagnati fin nelle mutande.
L’altoparlante
dice che l’organizzazione ci sta ancora pensando, che dipende come stanno le
attrezzature e una serie di robe compresa la sicurezza del pubblico.
Fa
freddo. Molto. Ho la pelle d’oca sulle braccia e non è emozione.
Ha
smesso di piovere. Aprono alcuni ingressi.
Robbi
mi trascina ancora nel prato che vuole andare più avanti possibile.
E’
carichissimo. Sono contento che stia bene, nonostante tutto.
Ma
l’attesa è comunque lunga. Abbiamo le braccia al petto per trattenere la nostra
temperatura che se ne vuole andare col temporale e la notte che ormai ci guarda
scura. Tanto vale andare a mangiare, e al bagno che non la tengo più. Mentre
siamo al bar in attesa che si scaldi di nuovo tutto (anche loro avevano chiuso
l’impossibile e avevano riparato al coperto) vediamo che il palco si rianima
dei tecnici e di gente che vuole andare avanti.
Il
pubblico applaude. Ci sono speranze di continuare l’interrotto, e le emozioni
sono rinvigorite dell’attesa certa per qualcosa di buono.
Quindi
ci avviamo verso il palco. Noi siamo molto più avanti di prima. C’è molta meno
gente nel prato. Tanti sono andati via. Tanti rimangono e rimarranno sotto le
tribune.
Noi
tra battute, sorrisi, sguardi, osservazioni, capiamo che una serata così non
capita spesso, e che dobbiamo godercela fino in fondo, finché ce né.
Comincia
la musica di sottofondo e di attesa, si accendono le luci e i megascreen di
sfondo, si capisce che si riprenderà appena possibile.
E la
nostra carica riprende livelli di allarme pressione troppo alta, ma tra poco
avremo modo di sfogarla.
Sembra
tutto pronto.
Lorenzo
esce sul palco accompagnato da un boato.
Ci
dice che gli dispiace dell’accaduto, ci ringrazia per essere rimasti, ci
coccola un po’, ci dice che siamo splendidi, e che le luci dello stadio
rimarranno accese per motivi di sicurezza, ma così riuscirà a vederci bene in
faccia, ci dice che lo spettacolo si farà, anche se non andranno delle robe sul
palco
L’essenziale
c’è, l’essenziale siamo noi che cominciamo subito a saltare con Mezzogiorno,
solo che manca mezz’ora a mezzanotte.
Ma
chissenefrega, l’ottovolante riprende il volo e Robbi ed io siamo al nostro
posto.
Stesso
gettone altro giro altro regalo.
Memorabile,
un’apoteosi, un trionfo di gioia e voglia di stare bene e festeggiare.
Siamo
molto più stretti di prima e riusciamo a essere noi.
Accanto
abbiamo gente di ogni tipo.
Le
ragazze dietro si lamentano della mia altezza mentre alcuni maschietti ci
provano inconcludenti.
A
fianco “ragazze” dell’età di Robbi si divertono per bene, e avanti abbiamo una
doppia coppia. A breve rollano una canna, la prima che vedo stasera, e si sente
forte l’odore, se la passano, e una di loro poco dopo sparisce nelle retrovie
con gli occhi un pochino esposti.
Lui,
il rollatore, dopo una solo una canzone cantata rimane immobile come un palo,
una mummia dormiente, un totem isolato dal resto dal caos che gli sta attorno.
E noi ridiamo di brutto.
Robbi
nota che canto senza indugio Gente della notte.
Saltiamo
davvero spesso come grilli.
Una
ragazza con gli occhi che ti portano via si meraviglia che canto a manetta
Attaccami la spina senza sbagliare una parola, poco dopo mi chiede si salire
sulle spalle ed io le dico sorridendo che quelli dietro poi non vedrebbero e che
non è corretto, lei accetta sorride e mi chiede da dove vengo e che si sente.
Ormai
lo spettacolo procede incessante e noi ce lo facciamo nostro, ognuno a modo
proprio. Il battito delle mani è sempre azzeccato. Lorenzo spesso arriva fino a
pochi metri da noi, sul termine della lunga passerella, e Robbi come un esperto
ventenne scatta foto a iosa, speriamo solo che qualcuna sia centrata giacché
spesso lo fa ballando e saltando.
Lorenzo
presenta A te, io ho la mente che frulla, e quella ragazza mi prende il braccio
sottobraccio, mi giro per capire e lei mi dice che con questa potrebbe
piangere, mi chiede se è un problema, dico di no, e poi appoggia la testa alla
mia spalla, io le chiedo di cantare comunque che le farà bene, e quel cretino
di Robbi scatta la foto mentre canto. Al termine della canzone lei piange
davvero, io le dico che non è niente e che passerà e le bacio la fronte, la sua
amica le carezza la schiena.
Quindi
certe robe capitano ancora?, io stasera però sono con Robbi e comunque non mi
sembra proprio il caso. Però ammetto che la cosa mi ha toccato. E incuriosito.
Ma è di altri tempi.
Siamo
alla fine. Gridiamo e saltiamo ancora un po’.
Poi
Lorenzo saluta tutti, dice che è tardi e ci ringrazia ancora un po’.
Quando
fanno la finta per proporre il bis alcuni se ne vanno ignari e io capisco che a
Bologna non avevo perso tanto.
E sono
contento che i miracoli abbiano vissuto, a modo loro, il primo concerto fino in
fondo.
E’
l’una e mezza, il temporale è lontano chissà dove e si vede solo di rado con
lampi arancio carichi di tristezza. Ma noi, qui nel prato dello stadio di
Padova, siamo contentissimi per una festa conclusa nonostante tutto, pazienti
abbiamo goduto come ricci ed abbiamo caricato le pile per bene.
L’adrenalina
che ora ci scorre nelle vene ci servirà per arrivare a casa serenamente.
Saluto
Giulia dicendole che per quel discorso non si deve mettere troppi crucci, che con
i suoi ventisette anni è ancora nel fior fiore e che non si deve preoccupare e di
stare tranquilla che tutto andrà a posto che può solo andare bene di stare
serena che quello che le gira intorno poi le arriverà, lei sorride ringrazia e
ci augura buon viaggio.
Io ho
di nuovo un sacco di pipì, che sfogo praticamente attaccato al mio sportello,
cioè direttamente sulla staccionata. L’orientamento mi aiuta anche stavolta. La
botta di culo del parcheggio di inizio serata prende il sopravvento e in due
curve siamo in tange nella direzione giusta.
Robbi
è allibito. E io gli ricordo che doveva fidarsi di me.
Il
rientro è carico di ricordi immediati, di risate per tutta l’acqua caduta, per
il totem immobile, per gli occhi azzurri e verdi sparsi per il concerto, per la
stanchezza, per le calorie eccessive ingerite, e per la redbull bevuta appena
entrati in auto.
Sono
le tre e mezza quando saluto Robbi che ancora sorride, e gli auguro di passare
la notte in buona compagnia, che Marina sarà anche come mia nonna ma mica ha la
sua età…
Io
entro in casa verso le quattro, e sento il rischio di angoscia e di vino, e non
è un caso.
Sulla
pelle ho la consapevolezza che questa notte è di quelle notti che non
dovrebbero finire mai, di quelle che raramente capitano, di quelle che a me
ogni tanto qualcuno dona.
Mi
butto sotto la doccia calda, che ne ho proprio bisogno. Poi vado in
multitasking, e non è da me, mentre comincio a scrivere di getto i primi
ricordi e le prime parole che il criceto in testa mi spara fuori preparo un
buon the caldo e accendo la lavatrice con gli indumenti smessi un attimo prima
visto che sono luridi e bagnatissimi, il cuoio della cinghia ha macchiato
l’impossibile, anche le mutande non sono più del loro colore originale, il
marsupio è svuotato di tutto.
Poi,
esausto, contento, voglioso, leggo 5.03 sulla sveglia e decido che forse è
meglio chiudere gli occhi.
E
buonanotte a tutti.
Tra
poco il borgo si sveglierà e costringerà anche me a un nuovo giorno,
ringraziando.
Ciao
Robbi, sfatto quanto basta, è stato un concerto indimenticabile.
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