domenica 14 luglio 2013

Robbi è andato a ballare Lorenzo, e ha fatto piovere

Marina ha fatto come mia nonna, alla fine non ha tenuto la piscia, come si dice da queste parti, e non vuole essere un’offesa, tutt’altro, dice che in trentacinque anni di matrimonio potrà mai aver imparato a nascondere qualcosa?, ed io le rispondo che sì che dovrebbe soprattutto in questi casi. Stamattina, alla fine, dopo molte insistenze, io immagino snervanti insistenze, ha raccontato a Robbi che stasera sarebbe andato al concerto Jovanotti, per l’esattezza, ci tengo io, di Lorenzo negli Stadi 2013 di Padova, allo Stadio Euganeo.
Io gli avevo solo chiesto di fidarsi e lui lo aveva accettato.
E’ stato un concerto MEMORABILE, pieno di tutto quello che serve.




Ma provo andare con ordine.
A me piace fare sorprese, soprattutto se credo che possano fare centro al diciamo 99%.
Ecco, Robbi nei mesi scorsi aveva sempre parlato della sua idea di presenziare a tale spettacolo ma sempre aveva evidenziato un freno a mano del tipo non l’ho mai fatto perché dovrei farlo ora.
Perché per certe robe non è mai troppo tardi! Ecco perché!
A Bologna aveva desistito sul dunque dell’acquisto dei biglietti. Ma si vedeva negli occhi che aveva ancora la voglia sulla pelle.
I miei giri hanno preso strade che non erano in previsione, cioè in questi giorni sarei dovuto essere tutt’altro che a casa, quindi mi sono chiesto perché non portarlo a Padova?, tanto non è lontanissimo e si può partire anche non prestissimo.
E allora ho fatto. Spero per bene.
Alle 17.30 puntuale sotto casa sua. Marina che ci saluta ed io che impreco perché parte della sorpresa è scemata nella mattina della spesa del sabato.
Comunque carichi di entusiasmo partiamo con la speranza di trovare i biglietti alla biglietteria. Robbi non sa che li ho già comprati in prevendita e non sa nemmeno che andremo allo stadio…
In realtà lui è quella faccia ebete piena di sorrisi ed esaltazione tipica del bimbo quando sa che sta andando alle giostre e per due ore potrà godersi l’ottovolante.
E io sono felice per lui. Molto.
Il viaggio è sereno, pieno di chiacchiere e di miei non so chissà vedremo al massimo andremo al mare a mangiare il pesce ma spero ben di no.
Arriviamo a Padova ignorando completamente le segnalazioni dei cartelli luminosi finanche quelli della radio che proprio in quel momento con l’Onda Verde ci segnala possibili code in zona stadio.
Ma chissenefrega! Io so già dove andare a parcheggiare l’auto. Sono due giorni che guardo le mappe in rete per escogitare non tanto l’arrivo quanto l’uscita senza traffico. Quindi, noi si vien da sud, si deve parcheggiare da quella parte, quindi prima dello stadio. Bene.
L’uscita scelta come la miglior tattica è impedita dalle camionette dei vigili, e lo scopriamo dopo aver evitatissimo il primo grande parcheggio molto consigliato dagli organizzatori e dai cartelli luminosi.
E allora si prosegue, stavolta per forza. L’uscita dopo è impedita ma non ci sono vedette e soprattutto c’è lo spazio per passare, e secondo me lo fanno apposta. Usciamo dalla tange e nessuno ci ferma ma ovviamente si va in direzione opposta, cioè verso la città, quindi a destra. Alla prima, lampo di genio ma soprattutto gran botta di culo, giriamo a destra in una strada strettissima che con due curve secche ci riporta praticamente sollo lo stadio, che è bellissimo lì di fronte, solo di qua dalla tange.
In pratica parcheggio sulla rete di una staccionata. Bene, benissimo!
Robbi scende dall’auto che non l’ho nemmeno spenta, proprio come mia nonna, anche lui, e mi da del cretino perché gli mostro i biglietti bellissimi.
Dieci minuti comodi di passeggiata serena e siamo direttamente agli ingressi verdi, cioè i nostri.

Ora l’adrenalina è alle stelle, e lui non vede l’ora di entrare e giocarsi il suo gettone per il giro di giostra.

Dentro è l’apoteosi. E’ festa. E c’è musica a manetta.
E lui è proprio un bimbo sulla giostra.
Appena varcata la soglia del prato, che stasera è tutto nostro, io corro qualche passo incontro alla festa, alzo le braccia al cielo e girandomi tutto intorno grido a squarciagola
“RAGAZZI ROBBI E’ AL CONCERTO LO VOGLIAMO SALUTARE??!”
quelli attorno a me sorridono una ragazza alza la mano a mo’ di saluto e quando incrocio il suo sguardo Robbi sorride sotto i baffi girando lo sguardo quasi per far capire allo stadio intero che non mi conosce mica.
Il bastardo…
Facciamo due passi due alla ricerca di un posto decente dove sederci nell’attesa, sigliamo l’evento con le prime foto col suo cellulare, ma sono già quasi le otto di sera e allora andiamo a fare un po’ di coda al bar sotto la tribuna così si cena ora e non ci si pensa più.
Un calcio alla dieta e ai cibi da evitare ci spariamo due panini con salsiccia e cipolla e peperoni e mezza di birra.
E vaffanculo la pressione e i prelievi del sangue, stasera va così!
Ci sediamo comodi nei pressi di un gruppetto eterogeneo di ragazze e ragazzi, trent’anni al massimo, così che le loro chiacchiere e le loro grida di felicità possano contagiare i nostri sorrisi.
Qualche attimo dopo noto che Robbi è ingorillito abbastanza, sluma tutte le braghe corte nei dintorni, si meraviglia di tanta gente. Commentiamo vivacemente l’andirivieni di persone di ogni tipo. Anche io ho i miei commenti colorati.
Ci sono anziani, come lui, e più anziani, ci sono giovani, e molto giovani di pochi anni o di anni da pube alla ribalta, ci sono pure alcuni passeggini, e poi vestiti di ogni genere, c’è l’immancabile elegantone con le braghe bianche (sì sì braghe bianche!) e lei per mano lo segue col suo vestitino leggero da io ballo da sola, ci sono magliette di ogni colore, canotte molto smanicate, gente scalza, persone ancora sdraiate.
Ma soprattutto non ne vedo uno che fosse uno col broncio sul grugno. E’ davvero una festa.
Il cielo è grigio, le previsioni davano coperto verso sera, ma nonostante l’assenza del sole fa moooooolto caldo tanto che l’afa la sentiamo sulla pelle.
Poi ci si alza, assieme al gruppetto di cui sopra, ed io e Robbi con uno sguardo decidiamo che staremo vicino a loro perché sono proprio belli e combinati.
Poi si sono alcune mosse leggere e lievi che quasi non ce ne accorgiamo nemmeno.
Cominciano gli sguardi all’insù, verso nord, quindi di dietro.
Davanti a noi c’è il palco che ci spara musica fin troppo pompata, e dietro si vede bene la luce del giorno sparire nella sera. Dietro di noi, un altro mondo. E’ buio, buio pesto da notte profonda. Buio come quelle nuvole cariche di ogni sorta da sparare a terra. Buio squarciato troppo spesso da lampi e saette.
E più passa il tempo più si sentono meglio i tuoni fragorosi sempre più vicini.
Sorridiamo dell’eventualità pioggia e in men che non si dica cominciano le prime gocce. Prima leggere e inutili, ma poco dopo sempre più pesanti e insistenti.
Noi due ci diciamo pazienza tanto è piena estate passerà e poi dopo ci si scalda perché salteremo come grilli.
E così tante persone si mettono in k-way, le mantelline leggere da stadio (appunto), qualcuno, come Robbi, toglie la maglietta così dopo avrà qualcosa di asciutto da mettersi addosso.
A questo punto è palese che stasera Robbi il suo gettone sull’ottovolante se lo gioca ai massimi com’è giusto che sia, come gli viene più spontaneo, si lascia andare come non ha mai fatto.
Cominciano gli intro cantati dai dischi dell’attesa, suonati male o c’è già interferenza umida.
I miei occhiali si bagnano troppo. La pioggia non desiste per niente ma è sopportabile.
Si accendono le luci del palco e alcune dello stadio quindi comincia l’intro lungo di Lorenzo, noi ci comincia a saltare e ballare e le braccia al cielo e la voce che se ne va.
L’ottovolante comincia i suoi giri e tutti noi ci siamo sopra.
Lorenzo saluta la pioggia e ci dice di stare sereni che si prosegue. Su Non m’annoio si sentono le gocce a folate, arrivano da dietro e danno molto fastidio, ma noi tutti imperterriti e chissenefreghisti continuiamo a ballare felici. In pratica non vediamo e sentiamo altro che il palco e lui che corre su tutto il palco.
Sei canzoni, dico sei canzoni, e i ragazzi sempre più cominciano ad avviarsi verso la protezione delle tribune, e Lorenzo ci dice che forse è meglio sospendere un attimo per vedere come va la situazione che potrebbe smettere.



Robbi ed io ci guardiamo allibiti che abbiamo ancora le braccia alzate ci chiediamo perché se ne stanno andando tutti.
E’ un attimo. Qualcuno lassù apre i rubinetti e svuota le catinelle.
Io grido che è tutta colpa di Robbi, che è andato a un unico concerto nella sua vita e ovviamente ha fatto piovere. E che pioggia.
Piove di brutto. Ma soprattutto si scarica un temporale enorme. Tutto quello che può cadere comincia a cadere.
L’apocalisse, o qualcosa di molto simile. Un nubifragio ventoso e freddo. Tutto per noi.
Sono da poco passate le nove e mezza di sera, siamo bagnatissimi fin dentro le scarpe quando cominciamo a salire per la tribuna. Poi qualcuno solleva un telone verde e ci si infila sotto tutti, siamo animali braccati dalla natura e che si uniscono quel minimo per sopravvivere, sembriamo il branco di pecore che stanno vicine per non perdersi e per tenersi caldo. E ce ne sarebbe bisogno. Siamo come pulcini in bilico, un po’ sul cemento e un po’ ancora sul prato, questi hanno i piedi immersi nell’acqua fino alle caviglie, e c’è chi ha infradito o sandalini.
Noi ridiamo un po’, sdrammatizziamo, aiutiamo alcune ragazze a salvare le unghie rifatte.
Poi però, cazzo non mette mica! I tuoni si susseguono a manetta e il vento sbatacchia il telone e la pioggia ci arriva comunque. Gli sguardi sono perplessi, gli occhi stanchi, increduli. E ora che si fa?
Comincia a smettere.
Mezz’ora abbondante di tempesta estiva, di diluvio che a noi sembra universale.
Qualcuno pensa bene di andarsene vicino alle transenne col telone. E noi un minimo seguiamo, ma tentennando. Lo stadio intero ci fischia. Si torna indietro con l’aiuto dei pompieri e di quelli della sicurezza, che ovviamente ci infilano come tutti gli altri sotto la tribuna e il telone riposto via.




E ora, che sta cominciando a smettere, cosa capita?, rimandano?, riprendono?, rimborsano?
Stiamo qualche tempo in attesa di capirci qualcosa, cominciando a sentire freddo, sempre di più, d'altronde siamo bagnati fin nelle mutande.
L’altoparlante dice che l’organizzazione ci sta ancora pensando, che dipende come stanno le attrezzature e una serie di robe compresa la sicurezza del pubblico.
Fa freddo. Molto. Ho la pelle d’oca sulle braccia e non è emozione.
Ha smesso di piovere. Aprono alcuni ingressi.
Robbi mi trascina ancora nel prato che vuole andare più avanti possibile.
E’ carichissimo. Sono contento che stia bene, nonostante tutto.



Ma l’attesa è comunque lunga. Abbiamo le braccia al petto per trattenere la nostra temperatura che se ne vuole andare col temporale e la notte che ormai ci guarda scura. Tanto vale andare a mangiare, e al bagno che non la tengo più. Mentre siamo al bar in attesa che si scaldi di nuovo tutto (anche loro avevano chiuso l’impossibile e avevano riparato al coperto) vediamo che il palco si rianima dei tecnici e di gente che vuole andare avanti.
Il pubblico applaude. Ci sono speranze di continuare l’interrotto, e le emozioni sono rinvigorite dell’attesa certa per qualcosa di buono.
Quindi ci avviamo verso il palco. Noi siamo molto più avanti di prima. C’è molta meno gente nel prato. Tanti sono andati via. Tanti rimangono e rimarranno sotto le tribune.
Noi tra battute, sorrisi, sguardi, osservazioni, capiamo che una serata così non capita spesso, e che dobbiamo godercela fino in fondo, finché ce né.
Comincia la musica di sottofondo e di attesa, si accendono le luci e i megascreen di sfondo, si capisce che si riprenderà appena possibile.
E la nostra carica riprende livelli di allarme pressione troppo alta, ma tra poco avremo modo di sfogarla.
Sembra tutto pronto.
Lorenzo esce sul palco accompagnato da un boato.
Ci dice che gli dispiace dell’accaduto, ci ringrazia per essere rimasti, ci coccola un po’, ci dice che siamo splendidi, e che le luci dello stadio rimarranno accese per motivi di sicurezza, ma così riuscirà a vederci bene in faccia, ci dice che lo spettacolo si farà, anche se non andranno delle robe sul palco
L’essenziale c’è, l’essenziale siamo noi che cominciamo subito a saltare con Mezzogiorno, solo che manca mezz’ora a mezzanotte.

Ma chissenefrega, l’ottovolante riprende il volo e Robbi ed io siamo al nostro posto.
Stesso gettone altro giro altro regalo.

Memorabile, un’apoteosi, un trionfo di gioia e voglia di stare bene e festeggiare.

Siamo molto più stretti di prima e riusciamo a essere noi.
Accanto abbiamo gente di ogni tipo.
Le ragazze dietro si lamentano della mia altezza mentre alcuni maschietti ci provano inconcludenti.
A fianco “ragazze” dell’età di Robbi si divertono per bene, e avanti abbiamo una doppia coppia. A breve rollano una canna, la prima che vedo stasera, e si sente forte l’odore, se la passano, e una di loro poco dopo sparisce nelle retrovie con gli occhi un pochino esposti.
Lui, il rollatore, dopo una solo una canzone cantata rimane immobile come un palo, una mummia dormiente, un totem isolato dal resto dal caos che gli sta attorno. E noi ridiamo di brutto.
Robbi nota che canto senza indugio Gente della notte.
Saltiamo davvero spesso come grilli.
Una ragazza con gli occhi che ti portano via si meraviglia che canto a manetta Attaccami la spina senza sbagliare una parola, poco dopo mi chiede si salire sulle spalle ed io le dico sorridendo che quelli dietro poi non vedrebbero e che non è corretto, lei accetta sorride e mi chiede da dove vengo e che si sente.
Ormai lo spettacolo procede incessante e noi ce lo facciamo nostro, ognuno a modo proprio. Il battito delle mani è sempre azzeccato. Lorenzo spesso arriva fino a pochi metri da noi, sul termine della lunga passerella, e Robbi come un esperto ventenne scatta foto a iosa, speriamo solo che qualcuna sia centrata giacché spesso lo fa ballando e saltando.



Lorenzo presenta A te, io ho la mente che frulla, e quella ragazza mi prende il braccio sottobraccio, mi giro per capire e lei mi dice che con questa potrebbe piangere, mi chiede se è un problema, dico di no, e poi appoggia la testa alla mia spalla, io le chiedo di cantare comunque che le farà bene, e quel cretino di Robbi scatta la foto mentre canto. Al termine della canzone lei piange davvero, io le dico che non è niente e che passerà e le bacio la fronte, la sua amica le carezza la schiena.
Quindi certe robe capitano ancora?, io stasera però sono con Robbi e comunque non mi sembra proprio il caso. Però ammetto che la cosa mi ha toccato. E incuriosito. Ma è di altri tempi.
Siamo alla fine. Gridiamo e saltiamo ancora un po’.
Poi Lorenzo saluta tutti, dice che è tardi e ci ringrazia ancora un po’.
Quando fanno la finta per proporre il bis alcuni se ne vanno ignari e io capisco che a Bologna non avevo perso tanto.
E sono contento che i miracoli abbiano vissuto, a modo loro, il primo concerto fino in fondo.
E’ l’una e mezza, il temporale è lontano chissà dove e si vede solo di rado con lampi arancio carichi di tristezza. Ma noi, qui nel prato dello stadio di Padova, siamo contentissimi per una festa conclusa nonostante tutto, pazienti abbiamo goduto come ricci ed abbiamo caricato le pile per bene.
L’adrenalina che ora ci scorre nelle vene ci servirà per arrivare a casa serenamente.
Saluto Giulia dicendole che per quel discorso non si deve mettere troppi crucci, che con i suoi ventisette anni è ancora nel fior fiore e che non si deve preoccupare e di stare tranquilla che tutto andrà a posto che può solo andare bene di stare serena che quello che le gira intorno poi le arriverà, lei sorride ringrazia e ci augura buon viaggio.
Io ho di nuovo un sacco di pipì, che sfogo praticamente attaccato al mio sportello, cioè direttamente sulla staccionata. L’orientamento mi aiuta anche stavolta. La botta di culo del parcheggio di inizio serata prende il sopravvento e in due curve siamo in tange nella direzione giusta.
Robbi è allibito. E io gli ricordo che doveva fidarsi di me.
Il rientro è carico di ricordi immediati, di risate per tutta l’acqua caduta, per il totem immobile, per gli occhi azzurri e verdi sparsi per il concerto, per la stanchezza, per le calorie eccessive ingerite, e per la redbull bevuta appena entrati in auto.
Sono le tre e mezza quando saluto Robbi che ancora sorride, e gli auguro di passare la notte in buona compagnia, che Marina sarà anche come mia nonna ma mica ha la sua età…
Io entro in casa verso le quattro, e sento il rischio di angoscia e di vino, e non è un caso.
Sulla pelle ho la consapevolezza che questa notte è di quelle notti che non dovrebbero finire mai, di quelle che raramente capitano, di quelle che a me ogni tanto qualcuno dona.
Mi butto sotto la doccia calda, che ne ho proprio bisogno. Poi vado in multitasking, e non è da me, mentre comincio a scrivere di getto i primi ricordi e le prime parole che il criceto in testa mi spara fuori preparo un buon the caldo e accendo la lavatrice con gli indumenti smessi un attimo prima visto che sono luridi e bagnatissimi, il cuoio della cinghia ha macchiato l’impossibile, anche le mutande non sono più del loro colore originale, il marsupio è svuotato di tutto.
Poi, esausto, contento, voglioso, leggo 5.03 sulla sveglia e decido che forse è meglio chiudere gli occhi.
E buonanotte a tutti.

Tra poco il borgo si sveglierà e costringerà anche me a un nuovo giorno, ringraziando.

Ciao Robbi, sfatto quanto basta, è stato un concerto indimenticabile.



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