Ieri sera
stavo andando al parco.
Stavo andando
a correre per smuovere un po’ la pancetta che altrimenti alla prova costume
sono schiaffi violenti.
Il
cimitero, a quell’ora, aveva ancora i cancelli aperti, e non so perché mi sono
infilato dentro.
Voglio
dire, lo so perché entro in quel cimitero. Capita sempre meno negli ultimi
tempi e ci sono stati tempi nei quali la visita era quasi giornaliera.
Come le
altre volte cammino spedito sotto il porticato, ascoltando i rumori sordi dei
pietroni che si muovono a ogni mio passo.
Non so
cosa mi aspetta alla mia destinazione. Forse i miei soliti sospiri. Forse i soliti
ricordi.
Non so.
Non lo
so.
Non so
come.
Io non
lo so perché.
Quando
arrivo, vedo una cartolina colorata e solare, vedo un disegno pare dell’asilo.
Osservo,
guardo, penso, mi domando, mi lascio andare.
Non lo
so come e perché.
Mollo gli
ormeggi, le sponde mi vanno giù, poggio il gomito allo spigolo, appoggio la
fronte al braccio e cerco di trattenere l’incontenibile.
Non so.
Io non lo so.
Non trattengo
nulla. Gli occhi si gonfiano e buttano fuori tutto, o almeno molto.
Sento nascere
dentro una roba che non ricordavo più.
O almeno
non la ricordavo così violenta sotto la pelle.
Sarà che
è un po’ che non passavo da là.
Sarà che
ci voglio tornare.
Tra questi
singhiozzi e tirate su leggo la cartolina provenire da Brasilia, e leggo che
Anna ha disegnato per lui un augurio coloratissimo per un bacio.
E c’è
una biro.
E a me
viene in mente una roba.
E forse
un giorno la farò.
E io
non posso fare altro che salutarlo, a modo mio, dicendo solo “Ciao Matteo”.
E ci tornerò.
Appunto, ci sono passato.
RispondiEliminaEro fuso. Lo ammetto, la vista annebbiata.
Nella cartolina c'è scritto Brasilia, l'hotel di Lido di Classe, l'ha portata brevi manu tale Giovanna.
E io sono contento ancor di più che Matteo non sarà mai solo.