martedì 1 ottobre 2013

Lunedì da leoni… all’Arena

Tutto era cominciato così:


Tutto era continuato così:


Tutto si è concluso così:


Ecco che allora non sai proprio mai cosa c’è dietro a un angolo girato di corsa o dopo una scelta quasi improvvisa.
Il giorno dopo la disavventura del venerdì all’esterno dell’Arena racconto le mie impressioni a chi di musica se ne intende, cercando di spiegare le buone emozioni che comunque una serata a Verona avevano portato, certo non proprio come la si voleva vivere ma pur sempre presenti nel tentativo di riuscirci, e brontolando assieme della pochezza di quelli che se ne approfittano di chi vorrebbe solo assistere allo spettacolo ma che poi non ha mica tanti mezzi a disposizione.
Anzi, a pensarci bene, i tentativi erano stati fatti già dall’inizio, in entrambe le occasioni, cercando risorse in amicizie sempre care e disponibili a dare vita all’anelito.
Ecco che questi, più serio che mai, dice poche semplici parole “Per me la serata migliore per provarci sarà lunedì, che è l’ultima…”, e i miei occhi si illuminano di nuova speranza e sorridono a una smania ancora da assopire.
Inoltre ho ricevuto notizie da fonte attendibile che “basta” essere presenti all’apertura e cercare di essere fortunati.

E’ pomeriggio di lunedì.
E’ deciso, si va, in due, che solo in due si riesce anche in questo giro, ma sappiamo bene che non arriveremo mai all’orario giusto dell’apertura, quindi conteremo come sempre in una botta di culo.
Dunque, partiamo col pensiero che forse sarà inutile come tre giorni prima, ma non ci fanno desistere nemmeno i rallentamenti a metà strada.
Quando finalmente si vede la città illuminata dalla prima sera ho un’intuizione che forse serve per davvero, forse no, e porto l’auto fin sotto l’Orologio mollando la compagnia alla “corsa” verso la biglietteria mentre torno sulle vie per cercare parcheggio.
Fortuna me lo trova subito, in piena Cittadella, e mentre metto il tagliando da pochi centesimi ricevo il saluto, sbagliato, di chi sta smettendo il lavoro al bar.
Sembra una serata positiva, il clima è buono, il cielo si sta stellando, e l’odore è carico di aromi buoni.
Bevo il caffè, ed espleto le esigenze fisiologiche.
Poi mi avvio verso la piazza e quello che sembra anche stasera qualcosa di incompiuto.
Arrivo bene ma non trovo. 
Ricevo richieste di acquisto alle quali rispondo solo Sto cercando una persona.
Poi vedo i biglietti in mano e l’emozione addosso.
Allora tutta la tranquillità che palesavo un attimo prima prende una forte spallata. 
Certo ci speravo ma forse non ci credevo davvero, soprattutto vista l’esperienza del venerdì.
E non è un caso che i vestiti del venerdì fossero ancora lì sulla sedia per poter essere pronti e in attesa di esser utilizzati per essere goduti al concerto, a raccogliere tutto quello che c'è.
In breve mi viene spiegato che sono da bagarino, purtroppo, infatti sono diversi, ma hanno gli stessi ingressi, e finché non si entra non saremo tranquilli. 
Mi viene spiegato che glielo ha detto in faccia che sono bastardi e il prezzo anche se per poco è sceso, e che non si fa così che si prendono in giro i fan e se ne approfittano della semplice voglia di assistere a uno spettacolo, ma anche che il tipo un minimo si difende dicendo di doverci pur guadagnare e che questi lui li ha comprati ieri, e dalle loro condizioni non stento a crederci.

Allora io, nel mio piccolo io, qui da me, mi domando, possibile che ieri il tipo losco abbia comprato dei biglietti per oggi?
Voglio dire, mi chiedo, c’è stato qualcuno, un semplice fan, o addirittura uno del Bar, che la domenica è stato al concerto ed aveva biglietti per il lunedì?
Voglio dire, perplimo, (?), perché se li aveva la domenica per il lunedì non li ha usati anche il lunedì?
Io magari potessi fare due serate in un tour.
Non è che PER CASO, comprando per se per la domenica, per lo spettacolo che ha visto, aveva comprato, sempre l’ipotetico fan o componente del Bar, anche dei biglietti in più per il lunedì ma senza la minima intenzione di assistere allo spettacolo del lunedì?
Con le conclusioni che già sappiamo.
Contorto lo so, ma quanto capitato in giugno non me lo toglie nessuno dalla testa.

La fila all’ingresso che mena alla piazza è pienissima, e non ho voglia di aspettare. Propongo ed ottengo di andare dalla parte opposta, dove i numeri degli ingressi sono alti, ovviamente passando dalla parte dei camerini. Lì vediamo Maio parlottare bene con un tizio, e chi è con me lo saluta gridando tanto che anche dentro l’Arena si sono zittiti tutti per un attimo. Lui, gentilissimo, saluta un gergo incomprensibile e lo sguardo visibilmente perplesso, ma ha salutato, non se ne è fregato, siamo contenti e sorridiamo.

Davanti all’ingresso vero e proprio, dove cominciano i gradoni alti uno stinco, il primo momento a trattenere il respiro.
Saranno davvero buoni i nostri biglietti? Così diversi così strani così quasi illegali…
Io provo per secondo, dopo che davanti a me si pretende con la voce tremante il biglietto strappato a dovere. Non sento il bip del lettore del codice a barre, ma la maschera mi dice Prego avanti e non me lo faccio ripetere.
Ora l’emozione è alta.
Siamo pur sempre all’Arena di Verona, è un luogo speciale, e tra poco più di mezz’ora si spegneranno le luci e Lui sarà ancora davanti a noi.
Per me non è la prima volta, ma ogni volta, si sa bene, non è mai come la volta prima, o come la successiva, ed è giusto così.
Salgo saliamo con la voglia palpabile di vedere, finalmente, dentro.
Ci si guarda intorno stupiti ma non troppo per la tanta gente presente.
Ci sono nodi che si trattengono ancora per poco.
Qualcuno finalmente ci fa posto.
E allora certi argini vengono giù, e ci sono posti irrorati in questo mondo che nessuno conoscerà mai.

Poi, davvero, come diceva Antonello, si accendono le luci sul palco, si spengono quelle di servizio, l’atmosfera si riempie della sera veronese, l’orchestra strimpella robe, e c’è il primo gesto esultante perché Lui ci dà il benvenuto…




Ho il mio primo magone mandato giù a fatica, e Il giorno di dolore che uno ha a cappella con tutta l’Arena a fare la seconda voce è da pelle d’oca, tanto che mi si riga la guancia anche se solo per un po’.
Non ho freddo, tutt’altro.
Leggero mi ricorda quindici anni fa quando era in conclusione dello spettacolo, con luci accese ovunque e quasi sussurrata, quando ci si guardava in faccia a vicenda e si palpava tutta quella delicatezza.
E mi domando da che parte voglio stare, ma forse lo so già, solo che non ne ho gli strumenti, o le forze, o le convinzioni, oppure non ci voglio credere. Il più è provarci.
Mi sento spingere con le mie parole, come altre volte, ma stavolta sembra tanto diversa e strana a forse vera, ora che sto cominciando una roba che non conosco; che non si può vivere per sentito dire.
Poi con l’aiuto di Francesco, strappando altri magoni tra il mento e lo stomaco, pensando alle notti in bianco e alle angosce e al vino, si capisce bene che alla fine è solo per trovare qualcuno buono pronto che abbia tempo e voglia di ascoltare e volendo di ballare.
Quando chiede e quasi sfida la mia conoscenza del testo io gli rispondo tra me e me che Male non farà gliela canterò tutta d’un fiato, e mi domando chi farà mai il coro sulla coda dello slego finale; e infatti il coro non c’è mica.
Male non farà!, stasera ha sparato sui gradoni dell’Arena Male non farà.
Roba da non credere. E sono molto compiaciuto. E non è mica un caso.
C'è una bellezza attorno a noi che non ha bisogno di navigatori e io rimango con le mani sulla testa come la prima volta.
E ho visto Margherita sorridere e indicare il cielo.
E Certe notti sono proprio notti che non dovrebbero finire mai, con tutto quello che c’è.
Verso la fine c’è una serie di pezzi da saltare per aria.
Io mi accorgo di una grande verità: non sono adatto agli spalti. 
Le tribune e le gradinate, come questi mitici dell’Arena, non sono fatti per me; io mi sento più animale da prato, tuttalpiù da parterre; a vederlo dritto in faccia, anche se da lontano, cosicché le braccia io le possa indirizzare sempre a Lui o al cielo o a me o ai miei pensieri.
Di lì a poco, lo so bene, arriva anche il momento del petto nudo.
Sarà l’adrenalina, sarà l’occhiale appannato, saranno i salti e la voce che se ne sta andando, ma ho pure sbagliato il pezzo, accorgendomene solamente a metà canzone.
Poi, però, mi sono rifatto, come da cinque anni a questa parte, mi sono messo a nudo su quel ritmo travolgente, a braccia aperte e sparate pure ragazzi che qua non ce n'è per nessuno, su quelle parole precise, sulle domande che hanno risposte, e non solamente per le canzoni, per le parole o la musica.
Il bacio, il saluto, la gioia, il tutto in una canzone. Ma non solo.
Giacché questa è la vita che ho, a volte andrebbe mescolata, poi vedremo, poi… che c’è qualcosa che non ho ancora conosciuto, ma c’è sempre la speranza che il meglio non lo abbia ancora provato.
Alla fine mi piace riconoscere il culo sulla sedia e quella Montblanc con cui ti faccio fuori, e mi piacerebbe davvero riuscire a fare qualcosa con la penna.

Quindi per farla breve, la serata scivola tra varie tante emozioni forti.

E i sogni, quelli, sono solo miei, e non è un caso che sui saluti finali passi La porta dei sogni, e Lui ci chiede di chiuderla.





Ma noi, testarti, mica li giriamo i giri di chiave…

2 commenti:

  1. I sogni sono desideri, devono sentire il nostro coraggio per avverarsi e allora qualcuno a volte esce dal cassetto in cui era stato riposto....

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  2. Già, hai ragione.
    I sogni sono come le canzoni, nascono da soli, non li comandi, e a noi non resta che viverli in fretta perché poi svaniscono, non ritornano più, e rischiano di diventare bugie.
    E allora è vero, quando si toglie il sogno dal cassetto si deve farlo con decisione, è necessario che lui conosca il nostro coraggio, così potrà prendere il volo e volare e viaggiare dov’è più spontaneo.

    E stanne certa, delle tue canzoni ti puoi fidare (Bruno).

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