mercoledì 29 maggio 2013

Terra! Cara Terra…

A Bologna, in quel Concerto per l’Emilia, dove ripeto c'erano sinapsi positive tra le persone presenti, Alessandro Bergonzoni ci raccontò una sua lettera, a modo suo, e io a modo mio la rileggo così, con questi a capo, per prendere fiato, e mandare giù qualche emozione in più.

Cara Terra, sembri all’ultimo stadio ma non è l’ultimo stadio, ne avremo altri pieni così.
Terra ti abbiamo fatto paura. Per questo tremi. Ma cambieremo.
Stasera cambiamo, ti facciamo ballare, Terra.
Questo facciamo stasera, questo facciamo stasera, Terra.
Ballaci sotto. Cambiamo, dobbiamo cambiare.
Non facciamo più il possibile, dobbiamo fare l’impossibile, te lo promettiamo.
Cambieremo anche lavoro, faremo nuovi lavori. Fonderemo la “Banca dei Peli”.
Si dice sempre: per un pelo non mi hanno dato il mutuo, per un pelo non ho avuto la pensione, per un pelo non ho vinto un concorso. Beh, la banca dei peli cosa fa? Ti darà quel pelo per andare avanti.
È l’incredibile stasera.
Cara Terra, con i soldi raccolti stasera costruiremo ospedali dove ci andrà chi non si è mai fatto niente.
Li chiameremo Ospedali Grandi Illesi.
Ma soprattutto ne costruiremo altri dove ci andrà chi crede che trivellare la terra non abbia conseguenze.
Non è vero.
Chi costruisce ovunque, chi risparmia sul lavoro.
E li chiameremo Ospedali Grandi illusi!
Capiranno questa volta? Sì, capiranno!
Osserveremo le regole, Terra, osserveremo le norme come fossero comandamenti ma ci metteremo un punto interrogativo e diventeranno i “Domandamenti”.
Cioè “non rubare?” È confermato? Siamo sicuri? Sì.
“Non desiderare la donna d’altri” c’è ancora o è stato sostituito da “vietato sparecchiare?”
Dicci Terra!
Terra ti prometto che sapremo distinguere i diritti dai doveri, ma soprattutto capiremo i “dov’eri”.
Dov’eri quando la devastavano, dov’eri quando ti chiedeva aiuto. Dov’eri?
Questi volontari che sono là che soffrono, ma offrono.
È una loro forza. Soffrono, offrono.
Terra, estirperemo quelle piante di uomini piccoli, in miniatura, invasati, che non crescono mai. I “non-sai”.
Non li vogliamo più i non-sai.
Sono gli unici che sanno che l’indifferenza è biadesiva, cioè si attacca da tutte le parti.
Noi non siamo indifferenti, non possiamo.
Ti prometto che diventeremo intelligenti. Se perderemo le chiavi di casa ce ne fregheremo perché avremo il duplicato della porta. Te lo prometto.
Guarderemo la televisione ma non l’accenderemo. Questo faremo.
E rispetteremo il prossimo, ma anche quello che c’è già qui ora, perché il prossimo è già troppo tardi.
Il prossimo viene dopo, meglio quello di adesso. Adesso, ora!
E cambieremo, Terra. Cambieremo unità di misura. Non più in chilometri misureremo, ma in abbracci.
Misureremo lo spazio in abbracci, non più in chilometri.
Questo vogliamo fare, Terra, sappilo!
E siccome il terremoto è una devastazione non ci metteremo sotto la pensilina di questa de-va-sta-zio-ne e penseremo, si chiama pensilina perché dobbiamo pensare.
Non ci piove.
E impareremo dalla chirurgia etica. Ci rifaremo il senno.
Rifacciamoci il senno di 30-40 misure! Terra, te lo promettiamo.
I nostri Re saranno Re-Agire e Re-Sponsabile.
Saranno loro i nostri Re.
Impareremo dai Maya, dagli Ittiti, dai Babilonesi, non saremo un popolo di zittiti. Te lo promettiamo.
Non saremo più un popolo sotto dettatura, non lo siamo più un popolo sotto dettatura.
Decidiamo il da farsi, ma stasera anche il da darsi. Stasera è il da darsi.
Voi state dando, la parola danno dentro la parola dare. Voi state dando, grazie!
La Terra questo lo sente.
Terra, ci monteremo la testa. Te lo prometto, ci monteremo la testa!
Troppa persone escono alla mattina e la lasciano sul cuscino. Montiamocela la testa! Svegli!
La parola purtroppo non esisterà più.
La parola “aimè” diventerà un monumento artistico all’altruismo disinteressato.
La tua casa è crollata? Soffri? Sei solo? Tranquillo: “hai me”!
Noi saremo la risposta a loro.
Avete noi. Hai me!
Non piangeremo più sul latte versato, cambieremo mucche.
E come diceva un mio amico muratore: “Il buongiorno si vede dal mattone”.
Costruiamoci!
Grazie Terra, tutta la Terra, non solo l’Emilia.


Grazie Alessandro, sono certo che la Terra ci sta ascoltando, ancora.
Sta a noi continuare a farci sentire nel modo giusto.

martedì 28 maggio 2013

Urgenza

Sto leggendo un libro. E credo di non smettere per un po’, almeno finchè gli occhi lo permetteranno.
Parla di ragazzi, parla coi ragazzi. Italiani. Sono appena all’inizio.
Ma ora, che ho letto questa pagina, che ho il pc acceso davanti al grugno, sento l’urgenza di diffondere, per quel po’ che posso, alcune righe.
Ultimo capoverso di pagina 41, Beppe scrive così:
In Italia, in questi anni, si è parlato di bamboccioni, e qualcuno li difende, sostenendo che sono un simbolo del realismo nazionale (vivere vezzeggiati fino a quarant’anni, senza pagare l’affitto). Io dico a mamme e papà: cacciateli di casa. Non tra un mese: domani. Altrimenti li derubate, prima dei sogni; e poi di ricordi come i mei.
Beppe ha ragione a scrivere così.
Spero di riuscirci, quando toccherà a me.

Ciao Beppe, ora torno a leggere. Ci si aggiorna tra qualche giorno.


Amministriamo?

Ma chi?
Ma dove?
Ma come?
Ma perché?
Ma quando?
E’ così che si prova ad amministrare?
E’ così che si tenta di cambiare?
E’ così che si va al proprio diritto dovere?
Mi vergogno, anche per quelli che non lo fanno.
C’è da temere molto che due persone su cinque, almeno, non siano andate.
Ho schifo di queste robe, e non capisco proprio come si possa amministrare in questo modo, con questi risultati.

Ma la fiducia non può consumarsi per colpa di pochi, anche se sono tanti.

domenica 26 maggio 2013

L’amore da vivere di Barbara


Oggi è domenica ed è festa.
Mica perché è domenica, è che stamattina le campane erano impazzite e non la smettevano di suonare. Nella mia ignoranza penso che sicuramente ci saranno parenti impazziti da alta moda e apparizioni colorate e fin troppo profumate, mamme che spingono e che tirano figli che non ne vogliono più nemmeno mezza, bimbi che si sentono al centro di qualcosa che forse non capiscono ancora e che chissà mai quando capiranno.
Il sole oggi li aiuterà perché fuori c’è una luce che attraversa prepotente perfino le imposte.
E’ una finestra aperta sul mondo che illumina l’interno, sempre.
Ascolto robe alla radio, ed alcuni cd. Sento emozioni salire, come sempre con certe canzoni che poi mi piace gridare davanti alle casse che stremate ne hanno comunque più di me.
Le notizie sono varie, riconosco un padre in periferia che è sempre più vicino a certe robe che al di là delle mie perplessità rimangono lì imperterrite vicine ai miei interrogativi, e riconosco le violenze sempre più violenze e ne rimango sbigottito e incredulo e perplesso e non ci vorrei credere, le donne anche sempre più giovani fatte oggetto di brutalità date da una crescita sbagliata delle persone, o forse dal bombardamento di immagini, parole, avvenimenti, teorie, filmati, conclusioni, giudizi, dichiarazioni, foto, verità, appartenenze, esempi da seguire, buoni propositi da evitare, mancanze di rispetto del tutto gratuite, fatti quotidiani, guerre, malavicende, egoismi, arroganze e prepotenze.
La rete, per fortuna, ogni tanto non mi distrae e basta ma mi inietta dosi massicce di fiducia, e di sorrisi e sguardi oltre verso non so dove e ma non statico e immobile in prese di posizioni.
Infatti, incrocio Barbara che mi schiaffeggia definitivamente svegliandomi alla domenica di festa che è ancora a metà, e mi dice che “L'Amore ha mille modi di manifestarsi e non perde mai occasione di ricordarti di essere grato per vivere la vita”.

E c’ha ragione, eccome se ha ragione. E poi leggo che, a leggere bene quelle parole, bisogna saperlo riconoscere, bisogna saperlo afferrare, bisogna saperlo tenere stretto, bisogna saperlo lasciare andare, bisogna saperlo amare, bisogna saperlo vivere tutto fino in fondo tutte le volte che si può, bisogna saperlo affrontare. E sì, bisogna saper vivere la vita per quello che è, quello che da, quello che prende, quello che offre, quello che toglie per sempre, e ancora sì, non è facile, semplice, vivere la vita, vivere ogni giorno per quello che ci dà, ma si deve farlo, si deve essere contenti ogni giorno.
Bisogna aver rispetto per l’amore e la vita, qualunque sia la strada che ci costringono o ci vogliono far percorrere.

Ogni volta che gli occhi si aprono sulla finestra sul mondo.

giovedì 23 maggio 2013

Batuffoli in cielo


La primavera sta stentando sferzata da arie fredde che non sono di queste parti.
E chissenefrega, tanto il cielo ci regala anche robe mozzafiato.
Oggi ho visto il cotone nell’azzurro del pomeriggio, e ho pensato a mia nonna che mi curava le ferite sulle ginocchia causate dalle cadute sulla ghiaia.
Bei pensieri.
Ma te, hai mai visto i batuffoli di ovatta in cielo?




lunedì 20 maggio 2013

Robbi e Michele

“Da Finale a Crevalcore, quella terra di lavoratori bombardata dalla natura”
di Michele Serra,
da La Repubblica del 30/05/2012

(trovato in rete, scaricato e archiviato il 26 giugno dello scorso anno, appunto)
(ho inserito qualche a capo)
(e qualche punteggiatura che la mia personale lettura sentiva urgente)
(e un grassetto, a mandare giù ancora un po’ di magone)

“E quanto è lontano, e chi sono, di quel lontano, gli abitanti sbalzati dalle loro vite?
Si misurano mentalmente le pianure o le montagne che ci separano dal sisma. Prima ancora che computer e tivù comincino a sciorinare, in pochi minuti, le prime immagini, le macerie, i dettagli, i volti spaventati, la nostra memoria comincia a tracciare una mappa sfocata, eppure palpitante, di persone, di piazze, di strade, di case. Una mappa che è al tempo stesso personale (ognuno ha la sua) e oggettiva, perché è dall'intreccio fitto delle relazioni, dei viaggi, delle piccole socialità che nasce l'immagine di un posto, di un popolo, di una società.
Leggo sul video Cavezzo e subito rivedo un casolare illuminato in mezzo ai campi in una notte piena di lucciole, ci abitava e forse ci abita ancora un mio amico autotrasportatore, Maurizio, non lo sento da una vita, cerco il suo numero sul web, lo trovo, lo faccio ma un disco risponde che il numero è sconnesso.
A Finale Emilia viveva, e forse vive ancora, la Elia, la magnifica badante che accompagnò mia nonna alla sua fine. Era nata in montagna, nell'Appennino modenese, faceva la pastora e governava le pecore, scendere nella pianura ricca a fare l'infermiera era stato per lei, come per tanti italiani nella seconda metà del Novecento, l'addio alla povertà, l'approdo alla sicurezza: ma ancora raccontava con gli occhi lucidi di felicità di quando da ragazzina cavalcava a pelo, galoppando sui pascoli alti.
Molti degli odierni italiani di pianura hanno radici in montagna. L'Appennino ha scaricato a valle, lungo tutta l'Emilia, un popolo intero di operai e di impiegati. La sua popolazione, dal dopoguerra a oggi, è decimata: dove vivevano in cento oggi vivono in dieci, come nelle Alpi di Nuto Revelli.
Andai a trovarla a Finale, tanti anni fa, per il funerale di suo figlio, era estate e l'afa stordiva. Le donne camminavano davanti e gli uomini dietro, si sa che i maschi hanno meno dimestichezza con la morte. Non c'erano ancora i navigatori e arrivai in ritardo, in quei posti è molto facile perdersi, le strade sono un reticolo che inganna, è un pezzo di pianura padana aperto, arioso, disseminato di paesi e cittadine, ma non ci sono città grandi a fare a punto di riferimento (anche questo, penso, ha contributo a limitare il numero delle vittime).
Se sei un forestiero e l'aria non è limpida, e non vedi l'Appennino che segna il Sud e - più lontano - le Alpi che indicano il Nord, ti disorienti, non sai più dove stai andando.
Forse da nessun'altra parte la Pianura Padana appare altrettanto vasta e composita, non si è lontani da Modena, da Bologna, da Mantova, da Ferrara, ma neppure si è vicini.
Anche per questo ogni paese ha forte identità: non è periferia di niente e di nessuno.
Uno di Finale Emilia è proprio di Finale Emilia, uno di Crevalcore proprio di Crevalcore.
Crevalcore è bellissima, è uno di quei posti italiani dei quali non si parla mai, una delle tante pietre preziose che ignoriamo di possedere. La struttura è del tredicesimo secolo, pianta quadrata, città fortificata. Ci andai molto tempo fa per un dibattito, cose di comunisti emiliani, ex braccianti e operai che ora facevano il deputato o il sindaco e discutevano di piani regolatori ma anche del raccolto di fagiolini, facce comunque contadine con la cravatta allentata, seguì vino rosso con grassa cucina modenese perché Crevalcore è ancora in provincia di Bologna, l'ultimo lembo a nord-ovest, ma è a un passo da Modena, e dunque tigelle con lardo e aglio.
Non riesco a ritrovare, di quei posti, un solo ricordo che non sia amichevole, socievole, conviviale.
Non è vero che è la natura contadina, ci sono anche contadini diffidenti e depressi.
È piuttosto l'equilibrio fortunato, e raro, tra benessere individuale e vincoli sociali, sono paesi di volontari di ambulanza e di guidatori di fuoriserie, di bagordi in discoteca e di assistenza agli anziani.
La parola "lavoro", da quelle parti, è diventata una specie di unità di misura generale: li avrete sentiti anche voi, gli anziani, dire ai microfoni dei tigì "mai visto un lavoro del genere", il lavoro cattivo del terremoto.
Come fosse animato da uno scientifico malanimo contro il luogo, ha colpito soprattutto i capannoni industriali, le chiese e i municipi.
E quei portici, quei fantastici luoghi di mezzo tra aperto e chiuso, con le botteghe e i caffè, che sfregio vederli offesi, ingombri di macerie e sporchi di polvere.
Sono stati colpiti, come in un bombardamento scellerato, tutti i luoghi dell'identità e della socialità.
La fabbrica e la piazza, che nell'Emilia rossa sono quanto resta (molto) di un modello economico che ha prodotto meno danni che altrove.
Vorticoso come in tutto il Nord, con qualche offesa all'ambiente come in tutto il Nord, con qualche malessere (le droghe, lo smarrimento, la noia) come in tutto il Nord, ma con una sua solidità, un suo equilibrio, una ripartizione intelligente tra industria e agricoltura, tra acciaio e campi.
A proposito, chissà se ha subito danni lo splendido museo Maserati che uno dei fratelli Panini ha eretto a Modena all'interno della sua azienda agricola. Lamiere lucenti in mezzo alle forme di parmigiano biologico (come quelle che la televisione mostra collassate, e sono un muro portante anche loro) e l'odore del letame che lega tutto, fa nascere tutto. I muggiti delle mucche, in mancanza di meglio, per simulare il rombo del motore.
Per quanto il terremoto abbia fatto "un lavoro mai visto", il lavoro di quei padani di buon umore (quelli di cattivo umore, si è poi visto, sono stati una novità perdente) rimetterà le cose a posto, prima o poi.
Quando tutto sarà finito, i morti sepolti, i muri riparati, e i visitatori non saranno più di intralcio ai soccorsi, andate a Crevalcore, e ditemi se non è bella.”

Sento robe in giro che ancora non capisco.
L’argomento è serio, importante, e prende dentro come non mai. E guardo ancora i soprammobili ogni volta che passo davanti al soggiorno.
E spesso, la notte, mentre mi addormento, accendo la luce per controllare che il lampadario sia fermo. Ma il mio cuore spinge e mi servono alcuni attimi per rimanere fermo con le coperte in mano e capire che era solo un’allucinazione o una fantasia o.
Sento robe dentro, anche queste parole, che sono tornate anche a seguito di una richiesta.
Con piacere, al momento giusto, che poteva anche non essere esattamente oggi, ma il caso ha voluto così, rimando quanto mi aveva colpito un anno fa.
Era il 25 giugno ed ero al Dall’Ara di Bologna per ascoltare tanta solidarietà e soprattutto tanta voglia di non fermarsi, di tenere botta, di aiutare, di tirar su le maniche, di proseguire, di non permettere a quello che tanti chiamano mostro di prendersi gioco di noi.
E passarono anche queste parole.
E colpirono.
E si sentirono tanti nodi snodarsi con i magoni a cadere dentro, giù in fondo.
E allora eccole qui, ancora importanti, a ricordare e non dimenticare.

Ciao Robbi, tieni botta ancora un po’! (nel senso di fiume)

(sono certo ti saluterebbero anche Paolo, Cate, Bianca, Tommi, Isabella, Robbi, Mauro)

giovedì 16 maggio 2013

L’acquerello vola via… Cinzia mi ha raccontato della violenza alle donne


Questo l’ho davvero letto tutto d’un fiato.
E più proseguivo e più avevo voglia di continuare.
E sono disgustato.
Non sono sorpreso, e non so se sia un bene o no.
La storia scorre bene, molto, e l’argomento è sviscerato nei particolari che si devono, giusto per non lasciare nulla di incompreso e di intentato.
E quanto è in chiusura di libro è allibente, riporto una piccola parte a pagina 93:

“…dove solo nel 1975 si era riusciti nella riforma del Diritto di Famiglia e nella cancellazione del Delitto d’onore; dove solo nel 2000 si era arrivati all’approvazione di una legge che riconoscesse come reato la violenza domestica e la sua perseguibilità arrivando finalmente a dichiarare che i rapporti familiari non giustificano la sopraffazione e la violenza…”

con le pagine a seguire a completare la descrizione della situazione italiana.

Le cose da fare e da correggere sono tante, da quelle più dirette a quelle più ampie.
Non disdegnerei la discussione dell’argomento anche nelle scuole, perché no con questo testo a esempio.

La Ragazza in Bicicletta, finché morte non ci separi, di Cinzia Vaccari, ed. Fabbrica dei Segni

Grazie a IS per la segnalazione dei mesi scorsi.

Cinzia è stata brava, finanche ardita, i miei complimenti.
Tiziana ha spennellato l’acquerello fino a renderlo vivo, vero, come le tante storie che purtroppo accadono ancora.
Mi piace osservare la copertina, e il testo riflettendo uno sviluppo diverso, con occhi ottimisti, propositivi.


Buona lettura a tutti quelli che hanno voglia di tenere gli occhi aperti.



mercoledì 15 maggio 2013

Quadri e quadretti


Quella musica è alta a scongiurare un mostro ancora troppo poco lontano.
Il pomeriggio obbligato trascorre tra piccole soddisfazioni e strofe gridate sottovoce che ci sono le finestre aperte.
Il caffè e la sambuca sono un ottimo ingrediente per quest’attimo che sta passando.
Ci sono certi quadri in quella parete bianca che ha un grande sigillo del mostro.
Oggi l’ho affrontato a modo mio. Spero.
I chiodi quando non sono usati prendono la ruggine e si piegano troppo facilmente, meglio non sprecarli e cederli a chi ha tempo di utilizzarli.
Ora il mio ego o l’orgoglio o solo il mio essere io ha una vista migliore.
Da vedere la mattina e la sera. Sempre.

I miracoli accadono per davvero.

martedì 14 maggio 2013

Le stelle di una sera felice


A volte capita che ci siano momenti o attimi durante i quali puoi davvero dire di essere contento.
Capita che sospiri profondamente, e poi ancora, e sorridi appagato a quello che stai vivendo.
Che alla domanda come stai rispondi senza riflessione alcuna bene molto bene, e ti accorgi che non stai dicendo una bugia come capita spesso invece durante i saluti di forma che mentono i rapporti tra le persone.
A volte capita che ti parte un abbraccio stretto di quelli da fare male.
Capita che allarghi le braccia e la vita ti salta addosso e poi le richiudi a raccogliere tutto quello che c’è.
Che guardi in alto con gli occhi aperti sulla volta e osservi oltre fino all’orizzonte del firmamento a dispetto di tutte le leggi della fisica e vedi le stelle di una sera felice.




Auguro che certe sensazioni siano parte anche della vita di altre persone.
Davvero.

lunedì 13 maggio 2013

L’incontro (e la fortuna)


La sveglia suona puntuale e la radio comincia a suonare il suo buongiorno.
Parto come previsto, per tempo.
Viaggio tranquillo, controllo i cartelli, giro le rotonde, in tempo.
Arrivo come previsto, parcheggio come immaginato, col disco orario, per tempo.
Cammino lemme sotto il portico, controllo, capisco, confermo.
Riconosco che non sono l’unico all’incontro, come prevedibile, c’è qualcuno prima di me.
Caffè, buono, e il bagno, al bar che non è come mi aspettavo. Che non è quello giusto, piuttosto.
Un giro in piazza, svelto, che c’è da ritrovare parcheggio.
Attesa, rilasso la mente con una buona lettura… che non so mica cosa sarà…
Il nonno, berretto in testa, muove la carrozzina dove siede la nonna, foulard in testa, e spinge avanti il loro amore, che pare proprio sia fino alla fine, fino all’ultimo attimo per intenderci.
C’è il sole nel cielo terso d’azzurro.
Poi per prima cosa si fuma assieme. E comincia l’emozione.
Si parla bene, ci si apre, ci si capisce.
Un po’ di crescente e affettato. Poi caffè.
Siamo sempre più.
Un’oretta passata bene, ascoltare, sorridere, osservare, emozionare, dimenticare.
Tutto bene. Tutto passato. Tutto torna a posto.
Non sono più quello di prima, e non sono riuscito nelle quattro firme.
Ultimi saluti, ci si aggiorna presto.
Rientro aiutando tre ragazze.
Sono stanchissimo. Felice, ebete, mi rimetto a dormire.

0,67 %, mi sento fortunato, almeno, e anche, questa volta.
Quindi ora si prosegue questa strada, checché se ne dica.
Bene!!!

martedì 7 maggio 2013

L’Amore ha forme inaspettate


Ho già scritto da qualche parte che Barbara è davvero brava?
Si certo, non me lo scordo mica. E’, come si dice, una domanda retorica…

Oggi ho letto delle sue parole, come gli altri giorni peraltro.
Oggi sono state potenti, si sono infilate sottopelle e sono andate dritte fino là, al centro, negli organi vitali, tra la pancia e il cervello, dove l’anima forse prende posto per farci capire chi siamo.
Oggi non è proprio un caso che abbia letto quelle parole. E non me lo chiedo proprio più.
Oggi mi dicono un sacco di robe quelle parole.
Oggi, proprio oggi, proprio questa settimana.
Oggi, quelle parole le sento VERE. Finanche VIVE.
Forse basta riconoscerlo, senza stupirsi più di tanto.
E non credo si debba pensare di non avere tempo per certe robe, e nemmeno che purtroppo non lo avremo mai. Giacché certe robe non siamo noi a decidere che accadano, noi possiamo solo provare a gestirle, con senno o con l’istinto, nel concreto o solo in teoria.
Ora però basta, che altrimenti vien da piangere.
Che in questo momento non è proprio il caso.
Ma in un altro, chissà, andranno giù le sponde di ghiaia e allora tutto uscirà e che sia quel che sia.
Oggi Barbara ha scritto così:

Spesso esitiamo troppo con l'Amore.
Ma l'Amore arriva, torna, ritorna, prova a farsi sentire in mille modi, nelle forme più inaspettate.
L'Amore non esita con noi.

E io scrivo questo:
L’Amore ha forme inaspettate, come te.
Il tempo ce l’hai, forse non come vorresti. Ma ce l’hai.
Ci sei ovunque, in aspetti e forme che non ti aspetti.
Ecco, non aspettarlo, non aspettarti, non aspettare.
E allora via!

Grande Barbara (sei avanti almeno di un passo)

lunedì 6 maggio 2013

Massimo mi ha raccontato del Cuore e dello Specchio


La verità è che mi sono proprio letto sempre.
Ogni episodio riportato era un ritaglio di me.
E sono certo che tutti i lettori che hanno sfogliato o sfoglieranno queste pagine troveranno degli straccetti del proprio cuore.
Ecco che ogni lettera, e ogni risposta, o commento, riporta un po’ qui e un po’ lì, l’umanità intera, senza distinzione di genere, età, religione, mestiere, cultura, passione, anima.
In effetti, Cuori allo specchio di Massimo Gramellini è un libro che dovrebbero leggere in molti, se non tutti, almeno quelli che credono che far bene al mondo fa bene al mondo.
E l’ultima pagina del libro è degna conclusione, è un abbraccio a tutte le persone.
Stretto, molto.

Quindi, la speranza è che prima poi, ognuno per quello che è e per quello che può, ci si fermerà davanti allo specchio, ci si guarderà e si scorgeranno le nostre ali.
Quelle ali che ci tengono insieme, quelle che ci portano in giro per il mondo.

E ora via!, con sincerità e sicurezza, a volare quei voli che ci si merita!

Grazie Massimo, sei stato bravo (e paziente)

domenica 5 maggio 2013

Fortuna!


Il giorno dopo, ieri, ero sempre da quelle parti della bassa.
Le mani sul volante, ma gli occhi in giro a osservare quanto più possibile.
Incredibile.
E’ stato un attimo.
E allora non ho potuto esimermi dal raccogliere per me le foto a ricordare.
Però, ovviamente a modo mio, non ho voluto avvicinarmi troppo, avrei avuto l’impressione di violentare, di invadere, quindi sono rimasto un po’ da me, (e tutto appare un po’ sfocato).
Sono voluto rimanere alla giusta distanza, almeno di un braccio mi piace dire a volte, giusto per non esagerare giacché non sono fotoreporter né giornalista né altra diavoleria.

Paura, abbiamo avuto davvero paura.
E siamo stati fortunati, noi.

Presso San Giorgio

Presso San Giorgio

Presso San Giorgio

Presso San Giorgio

Presso Interporto

Presso Interporto

Presso Interporto

Presso Interporto

Presso Interporto

Presso Argelato, Casadio

Presso Argelato, Casadio

Presso Argelato, Casadio
Un saluto, forte, sincero a quelle persone che al tramonto del giorno dopo stavano ancora lavorando.
Tenete botta!, ancora!, non c'è altra scelta, non si può fare altrimenti!
Dài!!!

venerdì 3 maggio 2013

Caro Ministro


Caro Ministro,
permettimi solo poche righe, giacché non conosco bene quello che sono state le tue parole e le tue spiegazioni.
Sono fiero che tu sia Ministro.
Io sto dalla tua parte.
Nera hai detto, e nera ti vedrò.
Non sono certo pratico di certe robe, rimango da me e sono felice del tuo sdoganamento di un concetto che non dovrebbe nemmeno esistere o essere spiegato.
Ma se qualcuno, a quanto pare, ha ancora molto da capire, ben vengano certe spiegazioni.
Sono certo che il Paese, il Bel Paese, affronterà bene anche questa questione.

Grazie, e ora me lo vorrei permettere, Cecile.

Paura!


Erano quasi le quattro e mezzo di oggi pomeriggio.
Fuori dalle finestre del nostro ufficio il buio nel cielo.
Verso ovest l’accumulo continuo di nubi, una sull’altra, venti da nord e venti da sud, all’apparenza aria calda e aria fredda.
E qualcuno che nota una forma semisferica in mezzo a quel caos.
Il primo vero temporale primaverile sembra servito.
Ma non è da solo.
Siamo tutti attoniti quando vediamo il vento, cioè gli stracci di nuvola grigia, arricciarsi a metà del cielo.
Siamo a bocca aperta quando assistiamo alla formazione del vortice, del mulinello, c’è chi nomina il tornado.
Siamo allibiti quando la punta appena formata si fionda verso terra, veloce rapidamente solleva quelli che sembrano polveroni. Temiamo per chi e cosa si trova sotto, e temiamo per noi che siamo al piano rialzato, molto rialzato.
Rimaniamo in attesa cercando di capire se questa natura ancora ostile si voglia fare vedere da più vicino, se la tromba d’aria spinta dai venti voglia farsi toccare anche da noi.
Siamo contenti quanto tutto, com’è nato, così è finito.
Vediamo sollevarsi da terra la punta, arricciarsi all’insù. Sembra svanire.
Ora il cielo a ovest sembra molto più illuminato, verso nord invece, come da notizie telefoniche, arriva violenta la pioggia, battente, fitta e pesante.
La tromba sembra voglia ricomparire, ma i venti la fermano e tutto svanisce nella luce del sole ancora alto all’orizzonte.
Paura, abbiamo avuto davvero paura.









Poi, in prima serata, ho avuto modo di vedere dei danni in un'altra zona della bassa, lungo quella linea sfortunata dove pare si sia abbattuta la grandine e la tromba.
In certi campi c’è acqua fin sopra i fossi.
Mentre viaggio al sole nella mia auto apparentemente al sicuro, ricevo notizie di alberi divelti e di case scoperchiate, una pattuglia dei carabinieri mi impedisce la strada scelta facendomela allungare un po’.
Sono sorpassato da due camionette dei pompieri a sirene spiegate. E si stanno dirigendo proprio dove sto andando io.
E mi preoccupo assai.
Due telefonate, brevi e dirette, mi sollevano i pensieri.
(ecco un buon uso dell’infernale cellulare)

Arrivo, appare tutto sereno, solo molta acqua ai bordi, e fogliame sparso qua e là.
Mi raccontano di due mulinelli a portata di braccio, occhi allibiti mi riferiscono di grandine sui parabrezza da fare tremare tutto. E io racconto breve la mia.

I miracoli sono in salvo, e gai si divertono come nulla fosse.

Però, che paura!