lunedì 4 agosto 2014

Un minuto, mio, dopo trentaquattro anni

Qualche giorno fa era sabato, proprio come trentaquattro anni fa.
Qualche giorno fa c’era da ricordare, in quel piazzale e per quelle strade, PER NON DIMENTICARE.
Qualche giorno fa correva, che mica si ferma mai, anzi scorreva, il due agosto duemilaquattordici.
Cavolo quanti numeri.
Vogliono dire un sacco di robe.
Non ne potremmo proprio fare mai a meno.
Nel piazzale antistante la stazione centrale di Bologna è stato ricordato l’attentato del 2 agosto, ricordando le vittime, ricordando quanto è stato fatto fino qui, ricordando quanto NON è stato fatto in trentaquattro anni.
I segreti, pare, sono stati desegretati, ma non si capisce, o almeno io non lo capisco, quanto tempo ci voglia per poter rendere davvero pubblici tutti quei documenti che tanto erano stati tenuti segreti.
E come gli scorsi anni ho sentito menzionare un sacco di nomi, in realtà cognomi, che hanno ognuno il proprio peso in questo o quel ragionamento o indagine, che hanno pare certamente conoscenze materiali in tutto quello accaduto, ma soprattutto ragionato, in quel caldo sabato di inizio agosto di trentaquattro anni fa, e negli anni a seguire innanzitutto per quei depistaggi ormai certi.
Ero nel mio solito angolo, in mezzo a tutte quelle persone, solo in mezzo a gente di ogni genere, chi in canottiera e infradito, chi in divisa e con tanto di guanti, chi elegante da festa, chi appena uscito dal lavoro operaio, chi in bermuda e scarpe ginniche, chi in gonna leggera e sandalo, chi spelacchiato in testa, chi con la zazzera, chi con la coda, chi con le trecce, io ero lì nel mio angolo e mi è balenata un’idea malsana, dal mio punto di vista…
Registrare un documento di quanto stava accadendo.
Allora, memore delle lacrime silenziose scese sulle guance le volte passate, ho creduto di fare cosa buona (e giusta?) registrando il sonoro del minuto di silenzio.
E’ strano il minuto di silenzio.
Teoricamente non si dovrebbe sentire nulla.
E invece si sente tutto.
Proprio quando tutto tace.
Quindi, alle 10.25, ho pigiato REC con quel tasto del mostro che da pochi mesi tengo in tasca e via… ad ascoltare quel silenzio.
Tre squilli di sirena della locomotiva a iniziare.
Uno squillo a terminare.
Nel mezzo un minuto di silenzio pieno di ogni roba possibile, compresi i pensieri, non solo miei.
Poi l’applauso che non voleva terminare mai…

Personalmente lo trovo interessante, quel minuto, pieno di emozioni, se non altro.

Poi sono stato, come sempre, in sala d’aspetto, quella della seconda classe, quella che sta sotto l’orologio fermo alle 10.25. Là ho letto l’elenco delle 85 vittime, e per ognuna di loro non ho tralasciato l’età.
Ecco altri numeri. Ecco la concretezza delle cose.

Poi via, a cercare sollievo tra i miracoli.

            Avrei voluto utilizzare in rete quella registrazione di quel minuto, ma il formato a mia disposizione non è utilizzabile né qui in blogger né là in f.b..
            Pazienza, io c’ho provato, e ancora ci proverò.
            E sono quasi certo che un giorno ci riuscirò.

Intanto, ogni tanto, lo ascolto.
E lo faccio ascoltare.

E ora silenzio.
Almeno per un minuto.


1 commento:

  1. A proposito di silenzi, riporto qui ciò che una grande fratella che stimo, scriveva un di giorni fa:

    A volte i fatti urlano talmente forte..
    ...da impedire la lettura di qualsiasi silenzio.

    Punto!

    RispondiElimina