Qualche
giorno fa era sabato, proprio come trentaquattro anni fa.
Qualche
giorno fa c’era da ricordare, in quel piazzale e per quelle strade, PER NON
DIMENTICARE.
Qualche
giorno fa correva, che mica si ferma mai, anzi scorreva, il due agosto
duemilaquattordici.
Cavolo
quanti numeri.
Vogliono
dire un sacco di robe.
Non ne
potremmo proprio fare mai a meno.
Nel piazzale
antistante la stazione centrale di Bologna è stato ricordato l’attentato del 2
agosto, ricordando le vittime, ricordando quanto è stato fatto fino qui,
ricordando quanto NON è stato fatto in trentaquattro anni.
I
segreti, pare, sono stati desegretati, ma non si capisce, o almeno io non lo
capisco, quanto tempo ci voglia per poter rendere davvero pubblici tutti quei
documenti che tanto erano stati tenuti segreti.
E come
gli scorsi anni ho sentito menzionare un sacco di nomi, in realtà cognomi, che
hanno ognuno il proprio peso in questo o quel ragionamento o indagine, che
hanno pare certamente conoscenze materiali in tutto quello accaduto, ma
soprattutto ragionato, in quel caldo sabato di inizio agosto di trentaquattro
anni fa, e negli anni a seguire innanzitutto per quei depistaggi ormai certi.
Ero nel
mio solito angolo, in mezzo a tutte quelle persone, solo in mezzo a gente di
ogni genere, chi in canottiera e infradito, chi in divisa e con tanto di
guanti, chi elegante da festa, chi appena uscito dal lavoro operaio, chi in
bermuda e scarpe ginniche, chi in gonna leggera e sandalo, chi spelacchiato in
testa, chi con la zazzera, chi con la coda, chi con le trecce, io ero lì nel
mio angolo e mi è balenata un’idea malsana, dal mio punto di vista…
Registrare
un documento di quanto stava accadendo.
Allora,
memore delle lacrime silenziose scese sulle guance le volte passate, ho creduto
di fare cosa buona (e giusta?) registrando il sonoro del minuto di silenzio.
E’
strano il minuto di silenzio.
Teoricamente
non si dovrebbe sentire nulla.
E invece
si sente tutto.
Proprio
quando tutto tace.
Quindi,
alle 10.25, ho pigiato REC con quel tasto del mostro che da pochi mesi tengo in
tasca e via… ad ascoltare quel silenzio.
Tre
squilli di sirena della locomotiva a iniziare.
Uno squillo
a terminare.
Nel mezzo
un minuto di silenzio pieno di ogni roba possibile, compresi i pensieri, non
solo miei.
Poi l’applauso
che non voleva terminare mai…
Personalmente
lo trovo interessante, quel minuto, pieno di emozioni, se non altro.
Poi sono
stato, come sempre, in sala d’aspetto, quella della seconda classe, quella che
sta sotto l’orologio fermo alle 10.25. Là ho letto l’elenco delle 85 vittime, e
per ognuna di loro non ho tralasciato l’età.
Ecco
altri numeri. Ecco la concretezza delle cose.
Poi via,
a cercare sollievo tra i miracoli.
Avrei voluto utilizzare in rete
quella registrazione di quel minuto, ma il formato a mia disposizione non è
utilizzabile né qui in blogger né là
in f.b..
Pazienza, io c’ho provato, e ancora
ci proverò.
E sono quasi certo che un giorno ci
riuscirò.
Intanto,
ogni tanto, lo ascolto.
E lo
faccio ascoltare.
E ora
silenzio.
Almeno
per un minuto.
A proposito di silenzi, riporto qui ciò che una grande fratella che stimo, scriveva un di giorni fa:
RispondiEliminaA volte i fatti urlano talmente forte..
...da impedire la lettura di qualsiasi silenzio.
Punto!