Poi ti
capita di proporre loro qualche passo per sentiero, nel bosco, lungo il
torrente, salendo e scendendo.
Poi ti
capita di partire un po’ dopo il previsto e nel viaggio che vi porta ai tuoi
sentieri capisci e scegli di cambiare qualche tratto.
Poi ti
capita che quando loro hanno il loro bastone, e tu il tuo, e metti lo zaino
sulle spalle, con anche la padellina contro i morsi dei serpenti, senti addosso
tutta la tua voglia di portarli sui tuoi sentieri.
Poi ti
capita di raccontare loro tutto quello che ti viene in mente, tutto quello che
sai, tutte le raccomandazioni, e le indicazioni, e i consigli.
Poi ti
capita di lasciarli camminare con te. E tu stai camminando con loro. Lungo i
sentieri. Quei sentieri.
Poi ti
capita che il fresco lo sentiate addosso e per terra la rugiada bagna le scarpe
e pensi che a loro servirebbero delle altre scarpe se sopportano questo modo di
camminare.
Poi ti
capita di spiegare il toponimo indicando bene la direzione e l’origine di quel
colore così rossastro da ricordare il rame.
Poi ti
capita di fare la pausa al capanno, davanti al macero che macero non è. E c’è
la merenda del mattino. E c’è il riposo delle gambe. E della mente. E c’è da
misurare la profondità, col bastone. E c’è da ripartire.
Poi ti
capita di scegliere un sentiero mai percorso perché quello previsto è
interrotto da annosi lavori in corso.
Poi ti
capita che quel sentiero che fa parte di quei sentieri tu lo cammini per la
prima volta con loro e non è proprio un caso, che il caso non esiste mai.
Poi ti
capita di mostrare la valle cieca, le sorgenti nascoste dall’erba alta e dai
canneti, i calanchi e la loro pericolosità, il monte che sa di partenopeo, i
sentieri calpestati all’orizzonte, e l’obiettivo.
Poi ti
capita di provare a fare roba vietata in loro presenza spiegandone il motivo e
ti senti in difetto perché sai bene che non va bene e che dovresti fare
diversamente e che non stai dando il buon esempio.
Poi ti
capita di spiegare dei motivi, e indietreggi e torni sui tuoi passi, sui vostri
passi, e racconti che non è la fine quello che conta ma come ci si arriva, che
la meta rimane lì anche per un’altra volta.
Poi ti
capita di tornare indietro, rivedere le stesse piante, lo stesso sentiero, gli
stessi sassi caduti un po’ rossastri, le stesse cacche viola e o con i semi, la
stessa discesa.
Poi ti
capita di incrociare viandanti come voi, e per fortuna così insegnate loro che
i sentieri posso essere ostruiti quindi conviene tornare indietro.
Poi ti
capita di seguire le indicazioni di un miracolo che vi portano quasi all’obiettivo,
e senti che c’è contentezza, e soddisfazione.
Poi ti
capita di camminare in mezzo al borgo che è quasi mezzogiorno e il sole è
altissimo.
Poi ti
capita di insegnare come camminare in discesa, che anche se tutti i santi
aiutano non è per niente facile, e la stanchezza accumulata non aiuta di certo,
e si deve prestare attenzione a ogni sassolino sotto la scarpa.
Poi ti
capita di sollevare chi fa fatica, e gli stai vicino, come sai fare tu.
Poi ti
capita di chiudere quasi tre ore di cammino con loro. E sono le prime. E sei appagato.
E senti loro soddisfatti dei piedi stressati dal sudore e dal cammino.
Poi c’è
il pranzo, e torni alla realtà come troppo spesso.
A volte
capita.
Capita
davvero.
Si deve
rinnovare i puntali!
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