Il grande
parco dei divertimenti è nei pressi del mare, di quel mare che sento come il
mio anche se vado e conosco poco.
E’
talmente tanto lontano che prima di partire, anche grazie a quelle modernità
che fornisce la rete, puoi controllare dio meteo che intenzioni possa avere per
quei luoghi, e per quelle ore che ti interessano.
E allora
decidi che la sveglia alle sei del mattino per un’ora di viaggio non è troppo e
anzi conviene, giacché le previsioni di meteo sono descritte e aggiornate poco
prima.
E
allora decidi che si possa andare anche se ci sono robe che direbbero l’opposto.
Fuori dalla
tua finestra piove e tuona, ma non c’è vento.
Il panorama
verso l’orizzonte varia dal grigio stanco al grigio scuro ho un sacco di acqua
da fare cadere.
Mentre
le previsioni di meteo dicono che là dove vuoi andare, in quel parco vicino al
mare, il cielo sarà moderatamente coperto, con poche precipitazioni le prime
ore del mattino, e che durante il giorno le stesse sono da non considerare.
E
allora ti fidi, ci credi, e parti.
L’aria
del mattino presto è fresca che obbliga la felpa per te e i miracoli e ti fa apparire
quei primi minuti come la partenza per un viaggio epocale, per una di quelle
gite da assaporare bene poiché cariche di stranezze di ogni genere.
Giungi
alla prima tappa, solo mezz’ora dopo, che piove di rado ma pesantemente, il
cielo è coperto di ogni sfumatura di grigio, le gocce sul parabrezza sono
rumorose come schiaffi anche se rade.
E allora,
visto che da qualche parte tra le pieghe del cielo si vede che “si sta aprendo”,
parti per quel mare e quella destinazione.
Piove.
Piove forte. Piove sempre più forte.
Ogni minuto
che passa c’è sempre più acqua a cadere e per terra sull’asfalto dell’autostrada,
tanto che viene sollevata a cascate delle auto e dai tir.
Sarà la
pioggia a dirotto sarà il traffico, spesso la velocità si riduce molto fin
troppo.
Sembra
di non arrivare mai. E in effetti i tempi soliti di percorrenza di raddoppiano
facilmente.
In giro
c’è solo brutto bruttissimo tempo.
Ci si
chiede spesso se continuare o meno, se andare davvero a quel parco, se davvero
ne valesse la pena alzarsi tanto presto, se proseguire per quella strada.
Se provarci
davvero.
E allora
si prosegue per quella strada già conosciuta, per quell’uscita differenziata
come nord, per quella superstrada verso la città del sommo. E per quel bar
sulla via.
La pausa
per la seconda colazione è quasi eroica, a sentire sulla pelle la temperatura
(in piena estate) è rasente lo zero, la pioggia è battente da non lasciare
respiro.
E ti
domandi ancora cosa ci fai proprio quel giorno proprio in quel luogo. Solo per
loro, che sono ancora miracoli.
Testardo
e testone fai colazione. Ancora.
E trovi
l’oggetto per un regalo che speri tanto strappi almeno un grande sorriso e un
forte abbraccio.
Quindi
si prosegue per l’ultimo svincolo, quello che dal retro porta all’ingresso
lungo la via che diventa stretta.
All’ingresso
si notano un sacco di auto entrare, anche se dentro nel parcheggio non ce ne
sono mica molte nonostante l’orario di apertura sia ben trascorso.
Butti l’occhio
e vedi gente alla cassa.
Butti l’occhio
e vedi che quella pioggia di pochi minuti prima ormai sta smettendo.
Butti l’occhio
e vedi che il cielo, o forse dio meteo, sta aprendo all’azzurro. Lassù in alto
sono come mille fogli grigi che vengono spostati dal vento o da chissà che o
chissà cosa e uno alla volta sfumano in blu celeste azzurro turchese.
Sta accadendo
qualcosa di grandioso.
Il più
è stato crederci e provarci.
Pochi minuti
dopo il giallo e il caldo del sole fanno capolino sulla tua testa.
Ha dell’incredibile.
Il freddo
pungente di nemmeno un’ora prima ha lasciato il posto al torrido, quasi, agosto
rivierasco.
E allora
capisci che hai fatto bene ad essere convinto che alzarsi presto per valutare
il da farsi sia stato corretto, che scegliere di crederci e di fidarsi sia
stato corretto, che provarci tanto al massimo si mangia una piada a si torna a
casa sia stato corretto.
Ed
essere convinti delle robe che si fanno sia solo corretto.
Dopo è
solo il divertimento, anche bagnato, molto bagnato, a farla da padrone.
Dopo si
accontentano i miracoli che crescono, e che fanno già robe con le loro
autonomie. E ne sei contento.
Dopo è
il tempo trascorso a camminare tra un gioco e l’altro, tra una giostra e l’altra,
tra un richiamo e un’attesa, tra un’ordinazione automatica e la degustazione al
sole dell’una, tra un binario singolo e uno doppio, ripetuto, che però crea
scompiglio.
Dopo sono
piccole patenti che tu, cagacazzo e un po’ furio, non avresti concesso.
Ecco appunto,
ai tuoi tempi alla loro età c’erano giochi di automobili che puntavano allo
scontro, oggi alla loro età ci sono giochi di automobili che puntano al
rispetto delle regole alle precedenze ai semafori rossi. Come cambiano i tempi.
Davvero.
Tutto,
o quasi, gira come le altre volte e gli altri giri al grande parco dei
divertimenti.
In realtà
quest’anno ha già qualcosa di palpabile che differenzia le cose, l’aria non è
esattamente la stessa degli anni passati, e c’è chi prospetta un’ipotesi ben
diversa per l’anni e gli anni futuri.
Vedremo.
Il ricordo
più bello, al di là di quelle foto che tieni tutte per te come spesso, è inaspettato
quanto incantevole:
mamma
rondine che svolazza sul nido coi piccoli affamati sull’ingresso di un bagno
pubblico;
roba da
rimanere tutto il pomeriggio a osservare.
Alla fine
è il mal di testa lavato dalla doccia del rientro.
E un’altra
giornata è finita.
Loro contenti.
Tu sorridente.