Qualche
giorno fa mi stavo chiedendo cosa si combinava, è un modo di dire, nelle Marche,
mi chiedevo se ci fossero state delle novità e se fossero scritte in rete.
Rete
che da me è ancora tanto lontana, anche se a volte, come ora, mi trovo proprio
dentro, ma dentro dentro, e sempre dalla mia parte.
Lascio
aperta la porta e le finestre, in attesa che qualcuno saluti o entri e o dica
qualcosa, che passi a lasci il segno o che passi e raccolga qualcosa.
Comunque,
il mio dito indice destro aveva cominciato presto a pigiare il clic del mouse
un po’ qui e un po’ lì, quasi in apparente disordine, quasi senza senso, ma gli
occhi ingordi e avidi cercavano di raccogliere tutto il possibile con quelle
immagini e soprattutto con quelle parole.
Le
parole, cavolo, come le aveva sapute usare bene in quel libro che, diciamoci la
verità, l’argomento è condiviso e amato, ma era stato altro a folgorare quella
parte di me.
Erano
i modi e certe parole, certi modi di usare le parole, e la punteggiatura da togliere
il fiato, e l’ironia, e le immagini e le situazioni descritte, era senz’altro
lo stile, uno stile unico e personale che invidio, dalla giusta distanza.
Poi,
d’improvviso, quasi, mah, forse, chissà, comunque, alla fine sono morto lì, in
un punto preciso.
Cioè
la ricerca si è fermata lì.
Ebete,
in apnea, col sangue che girava forte, con i pensieri accartocciati, con le
parole che mi domandavano un sacco di robe. E le risposte che stentavano ad
arrivare.
Ma tu ce lo hai mai avuto il fuoco, dentro?
Conosci quella smania che non ti fa dormire, che graffia
lo stomaco, i sogni, la pelle?
Hai mai guardato qualcuno e sentito quel dolore, quel
piacere, quella fame che ti mangia il cuore e l’anima?
Hai mai tenuto tra le braccia tutta la tua vita pensando
fosse tua e per sempre?
L’hai mai persa giusto un attimo dopo, inesorabilmente?
Hai mai provato la sensazione di capire almeno per un
solo attimo esattamente il disegno che il destino ha riservato per te?
Hai mai visto almeno una volta la tua bellezza negli
occhi di chi ti guarda?
Hai mai avuto anche se solo una volta nella vita la
sensazione di tenerla in pugno, la tua vita?
C’eri, la volta in cui in mano ce l’aveva qualcun altro?
C’eri, la volta in cui hai pianto rabbia e urlato contro
ogni divinità mai immaginata?
Ci sono state quelle notti là, quelle in cui tu fai
uscire la parte peggiore di te, quella che non conosce nessun altro oltre te,
nemmeno tua madre che t’ha messo al mondo?
Hai mai spalancato gli occhi di fronte al mare, al
piacere, a lei o a lui?
Ti sei mai messo a letto la sera senza sonno, e
guardando il soffitto hai visto passare tutti i giorni e le notti della tua
vita una dopo l’altra? Hai mai pregato che ti lasciassero dormire, una volta
almeno, non pensare, una volta, almeno, una volta?
Hai mai camminato lungo le strade deserte della tua
città nei giorni in cui non c’era nessun altro oltre te per cercarlo, cercarti,
senza trovarti mai?
Lo sai, cosa significa camminare e respirare e vivere un
giorno dopo l’altro portandosi appresso questa fame, questo volersi e volere
sapendo di non poter avere?
Lo sai cosa significa desiderare e volere e spendere
tutte le tue energie per un sogno una vita e non riuscirci, non riuscirci mai?
Hai mai provato la sensazione che dà indietro il mondo
quando tu spalanchi le tue braccia e il mondo ti passa davanti senza guardarti
nemmeno?
Non so quanti sì e quanti no tu abbia detto.
Io ho un sì come risposta ad ogni domanda.
Questa sono io, io sono questa qui, quella che guardi
credendo di vedere, che ti fai un’idea senza nemmeno pensare.
Quando anche tu avrai un sì come unica risposta, allora
ok, allora parla pure con me.
da
“Sette notti con Liga” Chimena Palmieri, 8 ottobre 2013 alle ore 7,54
Io non
lo so se ho tutti sì, quindi non so se posso parlare con lei.
Io non
lo so se ci sono dei no, che non ne sono mica certo.
Io non
lo so se certe risposte possono essere solo sì o no.
Io non
lo so, ma ci provo.
E
allora sono qui, anche solo per salutarla.
E per scrivere
che il fuoco c’è stato, che la smania c’è stata e ci sarà, che qualcuno c’è
stato, che la mia vita è stata tra le mani e la voglio lasciare andare e non è
sola, che quella sensazione mi fa venire i brividi ed è sempre presente, che
quella bellezza che dicono mia io proprio non la capisco, che quel pugno che ti
stringe la vita mi sa che l’ho già visto, che c’ero eccome ed entrambe le
volte, che c’ero con tutte quelle urla, che quelle notti ci sono state e forse
ci saranno, che gli occhi devono rimanere aperti davanti a certe robe, che ci
sono stato a letto implorando il mio spazio e il mio tempo, che ho camminato e
camminerò, che credo di conoscere certi significati, che credo che so cosa
voglia dire sognare, che certe sensazioni credo di averle provate.
Quindi, ora, non ho che da salutare.
Ciao
Chimena, sono contento di quel po’ che ho.
Alla prossima,
volentieri.