Si
gira, e via, una nuova avventura, c’è una pagina nuova da scrivere e da
colorare, c’è chi lo racconta ma è fuori come un balcone tanta è l’adrenalina,
confonde i mesi lontani dei semestri, ma è giustificato che ha pochi giorni. Ma
è pur sempre solo la sua droga personale naturale, e anche il mondo che è
cambiato, che c’è gente che non è più la stessa, e vivere le robe così nuove
non ha parole, che c’è da fare i bravi, sempre e per sempre, che certe robe
sono per sempre, e il tempo non le smette ma le cambia e basta, che è tutta una
continua evoluzione, che il delirio comincia dal primo attimo e termina anche
oltre l’ultimo.
C’è
chi pensa robe folli e pensa di smettere di pensare e di farle, quelle robe
folli, senza nemmeno avvertire.
C’è
chi s’incazza e crede che abbia deciso io per tutti e invece volevo solo
lasciare la libertà di scelta, che ora è tardi, che ho fatto mistero, che c’è
stronzaggine, che si pensa a qualcosa di grave e c’è roba che si tira, e tutto
era per me, e c’è chi crede di non centrarci nulla.
C’è
chi vorrebbe vivere bene una buona serata in un locale mai visto mai sentito,
che si vive una volta sola, e quindi, alla fine, c’è da vivermi.
C’è
chi si diverte davanti a un concerto in tv con le braccia alzate a rendere
l’atmosfera come pochi giorni prima, quando tutto era dal vivo.
C’è
chi si deve addormentare perché c’ha gli occhi che bruciano, ma non è il vento
che s’infila e nemmeno il sale del mare che s’insinua e nemmeno la cipolla che
sfrigola.
C’è
che si legge Ho solo vent’anni dottore,
e a me viene il magone.
C’è la
grancassa del batterista, con una farfalla, sembra il due-mila-tredici come un
nuovo solstizio, anno con dei voli, alti e bassi, da volare fino in fondo.
C’è
l’odore, c’è il profumo, c’è che non se ne va, che è questione da mettersi lì a
sognare ancora un po’.
C’è
che è molto bello, a volte si piange, altre volte si sospira, a volte si
mandano giù bocconi amari.
C’è
che ci sono notti dove si sogna l’impossibile, che è meglio smettere che
altrimenti diventa una faticata.
C’è
che ci sono momenti che portano i grilli a riprendere a cantare.
C’è
chi andrebbe anche da solo visto il comportamento di altri, ma c’è anche chi
preferirebbe il non da solo che poi si rischia di annoiarsi e perché altrimenti
si penserebbe troppo e quindi preferirebbe una compagnia, quasi qualsiasi.
C’è
chi è emozionatissimo da una roba nuova sparsa in giro per il mondo. E chiede
aiuto.
C’è
chi si dà una mossa, che la vita non è in rima, e si fa suo un libro che sa
essere importante per quello che troverà, e allora perché aspettare?
C’è
chi sente il mare dentro una conchiglia e ricorda che forse si sta perdendo
robe in giro, attorno a se, e dispiace, che lo stare male fa perdere colpi,
anche i più semplici, anche se a volte è solo l’effetto del vento nelle curve
della vita. E ad ascoltare bene, a volte si sentono altre robe, inimmaginabili.
C’è
che non c’è nulla per forza o per pietà, che quando arrivano parole vanno
lasciate andare dove devono andare, come ieri e come domani. E come sempre si
vedono gli occhi, anche se cedono si vedono lo stesso, come sempre.
C’è
chi crede sia strano come una stanza e la routine perdano il loro significato a
seguito di un banale evento, dove non arriva la ragione l’anima sta in ansia.
C’è
chi vede il sole ma con aria fresca e probabilmente si ammala.
C’è
che è un onore e si cercherà di non scordarlo mai.
C’è
chi gira in solitudine a catturare scatti di questo pazzo mondo.
C’è
chi si sente col culo sulla sedia, e non sa se è un bene o un male, e che sente
la mont blanc con cui far fuori, e non sa se è un bene o un male, ma ha tutto
in tiro.
C’è
che non c’è il tempo di calmarsi e non se ne ha voglia.
C’è
che a volte c’è il clima adatto per sdraiarsi a godere dell’aria che rizza i
peli e le sensazioni e porta le lenzuola sulle gambe e sulla schiena e lascia
liberi i sorrisi e si sogni nel sonno.
C’è
che prima di un giro in bici in compagnia è meglio un tocco di buon lambro, giusto
per il coraggio, che dopo ci sono la pizza e la partita.
C’è
chi ha un poco di carlite e ci
sorride in compagnia.
C’è
chi ha scoperto che deve fare più chiarezza, esponendosi di più, mostrando
meglio la persona.
C’è
che sui muri a volte sono scritte buone verità: Bisogna osare e lottare tutt’oggi per la speranza e il sogno di domani.
E sarebbe bello fossero lette dal futuro.
C’è
che sempre e mai hanno la coda lunga, forse è meglio forse il più possibile, a volte, a volte servono convinzioni.
C’è
chi si confonde, che metà bottiglia non è un po’, che è seduto sulla sedia e
teme di cadere dal divano.
C’è
chi cerca contatti e manda in giro robe di snoopy che raccontano: “ti amo”,
“come sai che è amore?”, “perché quando penso a te mi manca il respiro”,
“quello è asma”, “Allora ti asmo”. E non ci sono parole.
C’è
che c’è da respirare e ricordarsi che là fuori che gente pronta a volerti bene.
C’è
chi ti sa trasmettere le sue emozioni dentro i libri da leggere senza prendere
fiato: era stupefacente vederle imparare
ogni giorno a fare cose nuove.. Ognuna aveva gusti diversi e un carattere ben
distinto.. che emozioni..
C’è
che a volte serve un attimo ci calma, di quella che si cerca sempre e che
serve, si prende un bel respiro, ci si guarda allo specchio, si riflette, e poi
via…
C’è
che si legge Le ossa già bussano alla
pelle, ed io ho la pelle d’oca, e sospiro, per mia fortuna.
C’è
che si legge, sempre lì: Ed è il mio
germoglio di primavera siberiana, verde, bianco e azzurro, al di là della
finestra… un magnifico assurdo.
C’è il
tentativo di entrare chiedendo a persone lontane anche se vicine, all’aperto
anche se dentro.
C’è chi
pensa che sia un biglietto per le stelle
quello lì davanti a te e cambierai la pelle ma non ti buttare via.
C’è
che il pillolone ha la sua potenza, e quando serve c’è e si sente.
C’è
che quando sei dentro tutto diventa diverso, te diventi te stesso per davvero,
e tutto attorno prende un senso. Un casino!
C’è
chi crede di essere dentro molto di più, e forse è così.
C’è
chi è contento per te e conferma che s’è fatto bene.
C’è da
chiedersi se questa sia felicità.
C’è
chi crede che tu sia uno stronzo, molto.
C’è
che ci avevo già pensato a una chiamata nel caso di un pezzo in particolare.
C’è
chi è contento per te e crede che sia davvero felicità.
C’è il
tuo odore, cercherò di continuare bene un sogno.
C’è un
giro in bici di altri tempi.
C’è
che la radio va e ci si rigira tra le lenzuola alla ricerca dell’ultimo attimo
di sonno o di continuare un sogno bello.
C’è
che certe robe per essere belle vanno usate, tipo i jeans e i loro strappi, ce
ne sono alcuni che senza non avrebbero significato, e sarebbero inutili come
una bibita sgasata.
C’è da
lasciare elaborare, da raccogliere, copiare e incollare, sviluppare, e certe
robe arriveranno dove serve.
C’è
che certi pianti sono robe personali, e vanno appresi solo da quelli che ci
sono attorno.
C’è
che ogni tanto non si è certi che sia il merlot finito, bene, o che sia il down
addosso, o la stanchezza, o che siano certe idee in testa che lì rimangono, ma
c’è la sensazione che sia meglio la branda, con una buona serata a tutti e
tutto.
C’è
che avevi appena deciso di limitare al massimo le spese, eppure è bastato
sentirne l’odore nella via che sei andato per una pizza d’asporto…
C’è
che per fortuna c’è il collo, che altrimenti chi potrà mai trovarla la testa,
anche se quelli così detti con la testa sulle spalle, questi fenomeni, mica
vengono chiamati con la testa sul collo, quindi preferisco di gran lunga la mia,
così com’è, che ogni tanto la uso per dare dei colpi, appunto, che ogni tanto
la perdo e ogni tanto la ritrovo.
C’è
che c’è da innamorarsi dei sogni che nessuno li porta via.
C’è
chi li vuole chiamare per dir loro quanto gli vuole bene.
C’è
che lo sanno bene, se a volte se lo dimenticano è solo perché sono presi dal
gioco o dalla loro mente leggera com’è giusto che sia.
C’è
che quando c’è il sole si deve guardarlo e sorridere, che non si sa mai che il
giorno dopo sia offuscato da chissà che.
C’è da
guardarci bene, controllare oltre, e si vedrà il sole, anche se pare un
tramonto, e controllando l’ora capire che non è mai un caso.
C’è
chi si commuove forte per un finale mozzafiato, Che c’è?, Niente. Non si può
parlare e piangere insieme. E si ringrazia per quell’emozione.
C’è
che sembra un sole di primavera, e invece no.
C’è
chi si chiede quanto si deve preoccupare ancora, visto che le ultime notizie
davano malanni seri.
C’è
chi legge di un attacco di panico in una seconda notte e crede che sia niente
male, anche se, in effetti, più che panico era un incubo, ma è giusto che
ognuno ne tragga la propria idea.
C’è
che il tramonto spesso è da urlo.
C’è
chi segue dei consigli e si mette a cambiare l’armadio, anche se sembra assurdo
ma almeno non trema più.
C’è
chi rimane perplesso davanti all’ennesima spallata, che a dirla tutta a volte
sembra di sentire robe tipo fiducia, ma c’è la preoccupazione del fatto che ora
come ora è meglio fare una passeggiata, guardare un bel film, o cose simili,
piuttosto che altro… non si riesce a lasciare andare i pensieri… non si sente
la giusta libertà… e c’è certezza che sia così anche per altri, forse per
ragioni diverse, ma non c’è più l’allegria e le iniziative dei primi tempi… purtroppo
sembra che le persone siano diverse, molto, da quelle che apparivano
all’inizio, forse più libere da dipendenze sono rese più prive di forze proprie,
per avere una qualità di vita che abbia senso… insomma… ci sarebbe voglia di
gridare al mondo tutto l’amore che c’è ma non si sa se è ancora davvero così… solo
che la vita è una… e non si vuole buttar via anni vissuti male… non si vuole morire
con rimpianti, si vuole vivere bene!, ma come si fa?, a volte si mescola nella mente anche il dolore che si porta ancora nel cuore per non essere capace…
ci sono esempi come dei padri e delle madri che uniti come sono affrontano il
cammino duro verso la fine di uno dei due… insieme tenendosi per mano… da una
vita insieme, tra difficoltà e problemi, ma anche col sorriso… la
spensieratezza di esserci… e con un sacco di bene…
C’è
che a volte ci si appoggia come solito, si ringrazia per la pazienza e si
augura un grande abbraccio!
C’è
che il bene si fa ma non si dice, spiegava Ginettaccio al figlio… non si devono
raccontare le proprie azioni benevole, saranno le azioni stesse a raccontare di
sé.
C’è
che come spesso le robe della vita vanno affrontate, dalle più piccole alle più
grandi, almeno all’apparenza, è pur sempre vita da vivere, e saprai solo dopo
la loro dimensione reale.
C’è
che c’è stata la prima volta del dito senza cerotto.
C’è
che la radio non smette mai di sorprendere e di tenerti lì ad ascoltare, tanto
che fai come con lo sguardo curioso dei bovini che davanti a qualcuno che passa
alzano la testa e osservano bene.
In
fondo siamo pur sempre quelli che hanno voglia e tempo di ascoltare e di
ballare.
I
nuovi giri di chiave.
Così il mondo rimane fuori, e qui non ci sono
discussioni.