Poi al posto del filmato è comparso questo avviso:
“Mai dire gol – Olimpia…” Questo video non è più disponibile a causa di un reclamo di violazione del copyright da parte di R.T.I..
Non avevo intenzione di ledere nessuno nè di trarne profitto nè violare alcunché.
Voleva solo essere un elogio alla perseveranza nello sport, da tenere anche nella vita.
Ora,
al di là dei commenti come sempre esilaranti della Gialappa’s, in effetti una
persona che assiste a quanto riportato nel video in modo distratto potrebbe
serenamente pensare ed esprimere finanche ad alta voce: “Minchia che gran culo
e c’ha avuto!!!”
E
magari qualcuno al suo fianco, mi viene in mente un’ipotetica serata tra amici,
o un momento al bar con amici e sconosciuti, potrebbe anche pensarla allo
stesso modo, ed esclamare altrettanto.
In
questo questi casi è facile immaginare come i commenti possano susseguirsi
copiosi di aggettivi di ogni sorta, le risate potrebbero essere a crepapelle,
fino ad arrivare ad asserire che sia impossibile una roba del genere per di più
ad una olimpiade.
Già…
impossibile… nulla è impossibile ma solo incredibile.
Incredibile
ma vero.
Testimoniato
e documentato.
E
a nulla varranno le parole spese e i commenti ad accompagnare.
Steven
quella medaglia se l’è meritata tutta.
La mia curiosità è forte.
Vorrei
conoscere di più questo Steven che nel 2002 ha vinto la medaglia d’oro alle
olimpiadi coronando un sogno lungo una vita.
Quindi
come sempre, come spesso, mi viene in aiuto la rete e wikipedia.
Lì trovo
il perché di tante cose.
Lì trovo
dalla A alla Z, quasi, di Steven Bradbury, australiano, Oro alle Olimpiadi 2002
di Salt Lake City nei 1000 metri di short track.
Qui
riporto qualcosa…
La carriera sembrava potesse portare
risultati appaganti giacché vinse un bronzo nella staffetta alle olimpiadi di
Lillehammer nel 1994 [nb: otto anni prima dell’oro di S.L.C.], inoltre vinse un
bronzo e un argento ai mondiali del 1993 e 1994 [nb: sempre nove e otto anni
prima dell’oro di S.L.C.].
Purtroppo poco dopo le olimpiadi del
’94, durante una gara della Coppa del Mondo di Montreal, subisce un grave
infortunio alla gamba in quanto la lama di un pattino gli provoca una profonda
ferita all’arteria femorale, così perdendo 4 litri di sangue e rischiando la
vita; se ne esce con 111 punti di sutura e 18 mesi di riabilitazione.
Un
infortunio così abbatterebbe anche il più forte dei supereroi, infatti l’incidente
lede irreversibilmente le sue capacità sportive. Ma Steven non si abbatte e
ritorna al suo sogno e al suo sport.
La
sorte gli gira le spalle anche nel 2000, [nb: solo due anni prima dell’oro di
S.L.C.], quando si frattura il collo durante un allenamento, e deve passare sei
settimane col collare ortopedico. Le olimpiadi successive sono a un passo e lui
è fermo.
Le
possibilità di vittoria, come quelle di sei anni prima, sembrano andarsene col
tempo che passa, l’età che avanza, il destino o le fatalità che ogni tanto ti
danno spallate incredibili. Ma Steven prosegue e ci crede e va, cammina e
pattina come si sente.
Qui
trasporto quanto trovato su wikipedia, è poi solo la cronaca della medaglia d’oro…
Ai quarti di finale,
giunge terzo dietro le stelle Apolo Ohno e Marc Gagnon, ma la squalifica del
secondo gli apre le porte della semifinale.
In semifinale
l'australiano, dopo le cadute di Kim Dong-Sung, Mathieu Turcotte e Li Jiajun, e
l'inopinata squalifica di Satoru Terao, vince e si qualifica per la gara che
assegna le medaglie.
Qui ritrova Jiajun,
Turcotte, Apolo Ohno e Ahn Hyun-Soo.
Fino all'ultimo
giro, Bradbury si ritrova in netto ritardo rispetto ai quattro.
All'ultima curva
però, Jiajun cade nel tentativo di sorpassare Ohno, il quale perde l'equilibrio
e trascina con sé anche il canadese e il coreano.
Bradbury così
conquista l'oro con il tempo di
1'29"109, il primo titolo olimpico invernale per un atleta dell'emisfero
australe.
Dirà Bradbury:
«Non ero certamente
il più veloce, ma non penso di aver vinto la medaglia col minuto e mezzo della
gara. L'ho vinta dopo un decennio di calvario».
Immediatamente
Bradbury conquista la simpatia di centinaia di tifosi e di tanti atleti che
gareggiano alle Olimpiadi.
In Australia nasce
persino un modo di dire, "Doing a
Bradbury" (fare un Bradbury), per indicare un successo clamoroso e
altamente insperato ma meritato.
E allora davvero a volte i cerchi si
chiudono e una giustizia (divina o no non mi interessa) forse prende il
sopravvento sulle cose e rimette i tasselli dove servono e dove è giusto che
stiano.
Ribadisco:
Steven
quella medaglia se l’è meritata tutta.
E a me
piacerebbe tanto fare un bradbury prima o poi…
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