Ne ho
sempre sentito parlare male. Pochi, sinceramente, ne parlano bene.
La
realtà dei fatti, comunque, sta nel fatto che comunque se ne parla.
Io,
spesso, non ho disdegnato di assistervi, a volte distrattamente, a volte molto
interessatamente.
Quest’anno,
a singhiozzo, ho seguito quanto passava da Fabio e Luciana in quel teatro che
ricorda elettrodomestici.
Seguo,
quando posso o voglio, per un motivo semplice: mi piacciono le canzoni, mi
piacciono le parole nelle canzoni, mi piace carpirne i significati nei versi,
mi piace immaginare l’autore alla gestazione e alla creazione di una canzone,
mi piace l’emozione che suscitano quei tre quattro minuti di mescolanza tra
note e lettere.
Allora,
di sabato sera scorso, mi sono rimaste alcune robe.
Crozza
che temeva l’arroganza e l’ignoranza della gente e che per pura risposta a
quella gente racconta tantissime bellezze italiane, con le riflessioni a
rincorrersi che nemmeno nella sala degli specchi.
La
serenità (apparente?) dei conduttori. L’intelligenza e la bravura di Pif.
Luciano
che torna, dopo l’omaggio concesso in apertura di serie, e dice la sua, a modo
suo, come solo lui sa fare. Alle prime note di Tu sei lei mi domando come mai proprio quella per cominciare
ma sono solo un’introduzione densa di immagini, anche se toccano, toccano
eccome. Poi Lui parte live solo chitarra con quei sette accordi che all’inizio
nessuno capì, Certe notti e
quello che vuol dire comincia inconfondibile ed io parto con mille flash a
ricordare un sacco di robe, la prima chiamata nel suo durante, la presenza
assidua ai concerti, una firma su uno spazio arancione tanto preziosa, e tante altre,
anche se sono solo qualche strofa, come un accenno, come in un medley. Poco dopo
Il giorno di dolore che uno ha mi
zittisce clamorosamente, il mio silenzio mi assorda perché altri ricordi
fremono nella mente. E il rock mi ridesta e comincio a cantare e battere i
piedi e le mani, mi sento proprio in un concerto mentre Il sale della terra mi richiama all’ultima Arena e al fatto che
la penna va usata per bene, alzo il volume e chissenefrega se erano già passate
le undici di sera. Per sempre
era inevitabile, Sanremo è citata, m’immagino il vestito nuovo come fosse di
legno e non mi piace, e annodo il magone sulla carezza alla testa e vedrai che ce la faremo…
Era
quasi l’una di notte quando finalmente vince chi avrei preferito, e sono
proprio contento, e sono proprio felice di riascoltare quella poesia, e sono
certo che un arrangiamento più rock farebbe arrivare meglio il messaggio e a
più persone.
Ma è
pur solo la mia opinione.
Eccola,
Controvento di Arisa:
Io non credo nei
miracoli, meglio che ti liberi, meglio che ti guardi dentro
Questa vita lascia i
lividi, questa mette i brividi, certe volte è più un combattimento
C’è quel vuoto che
non sai che poi non dici mai che brucia nelle vene come se il mondo è contro te
e tu non sai il
perché lo so me lo ricordo bene
lo sono qui per
ascoltare un sogno e non parlerò se non ne avrai bisogno
Ma ci sarò perché
così mi sento accanto a te viaggiando controvento
Risolverò magari
poco o niente ma ci sarò e questo è l’importante
Acqua sarò che
spegnerà un momento accanto a te viaggiando controvento
Tanto il tempo solo
lui lo sa quando e come finirà la tua sofferenza e il tuo lamento
C’è quel vuoto che
non sai che poi non dici mai che brucia nelle vene come se il mondo è contro te
e tu non sai il
perché lo so me lo ricordo bene
lo sono qui per
ascoltare un sogno non parlerò se non ne avrai bisogno
Ma ci sarò perché
cosi mi sento accanto a te viaggiando controvento
Risolverò magari
poco o niente ma ci sarò e questo è l’importante
Acqua sarò che
spegnerà un momento accanto a te viaggiando controvento
Viaggiando
controvento, viaggiando controvento
Acqua sarò che
spegnerà un momento accanto a te viaggiando controvento
Viaggiando controvento, bellissima poesia
anche in due parole.
Le
canzoni hanno sempre il loro perché, e come ha ricordato Luciano non vanno spiegate.
Prima serata, primo cantante, prima canzone anzi seconda. Mentre ascoltavo per bene quelle parole, per me aveva già vinto. Se non tra le due proposte, se non Sanremo, se non le classifiche dei brani più ascoltati o dei dischi più venduti, da me quella canzone era già in vetta a tutto. E' entrata sottopelle, ha smosso tutto quello che cercavo di tenere fermo da un pò, ma che spesso stento a controllare. E' entrata dentro proprio come l'aria che ti entra ovunque mentre viaggi con la testa fuori dal finestrino di un'auto lanciata a folle velocità. Ho sentito le cose, che negli ultimi tempi erano da me e solo da me, voler uscire, come speso in passato, senza filtri, senza mettere i miei pensieri in testa agli altri, senza pensare. Ho sentito la necessità di non trattenere, ho sentito la necessità di contatto, di prestare orecchie ad ascoltare sogni archiviati in cassetti e parole a colmare vuoti che fanno male. Ho sentito il bisogno di dire ci sono e ci sarò...per sempre! Poi le canzoni finiscono, la musica s'interrompe e i buoni propositi se non si mettono in pratica subito diventano bugie e allora si va avanti come si deve e come si può, cercando di fare del nostro meglio ogni giorno di più.
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