domenica 6 aprile 2014

L’empatia e me

Come sempre, e me ne dispiaccio, e me ne dispiaccio, e mi dispiace, quando voglio conoscere di più in merito a un argomento o a una persona o a una parola clicco serenamente su wikipedia e spero di trovarci qualcosa di esaustivo e di comprensibile.
Quindi, questo giro trovo un sacco di argomentazioni, e un poco mi perdo nella lettura.
Allora mi rifugio nel wiktionary e trovo l’essenza della parola empatia.

(psicologia) capacità di immedesimazione nello stato d'animo di un'altra persona e quindi di comprensione della stessa
(filosofia) immedesimazione con un'opera con il quale il fruitore riesce a comprendere la stessa

Ma sono fin troppo riduttive come spiegazioni, anche se ben comprensibili, certamente comprendono tanti lati di questa roba che riguarda l’animo l’emozione tra una persona e un’altra o e una cosa d’arte piuttosto che della natura.
Quindi, ora e qui, mi sento costretto, nonostante i vapori del vino della cena, a scrivere qualcosa in più.

Solo dieci giorni fa l’empatia mi è stata segnalata come assente da me. Poi, altra persona altro giro altra situazione, mi è stato detto di essere empatico.

Allora dove sta la realtà?, dove mi devo sedere?, dov’è la sedia giusta per me?, e allora non è che dipende da un sacco di robe il fatto che una persona possa essere o non essere empatica?,
allora non è che se oggi in questa situazione osservo e analizzo un bellissimo quadro potrei rimanerne lontano mentre se lo facessi domani in una situazione diversa finanche opposta potrei invece assaporarne ogni minima sfumatura.

Eccone dunque alcune disquisizioni… l’empatia, che è sempre stata tra noi e non lo sapevamo:
            E’ pur sempre la capacità di comprendere appieno lo stato d’animo altrui, gioia o dolore non fa differenza.
Potrebbe essere solo significare mettersi nei panni di, invece è qualcosa di fine e di ben di più, è qualcosa che va oltre, porsi verso ed attrarre a sé l’altro.
Vuol dire essere col l’altro.
Significa riuscire a scaturire in sé qualcosa dell’altro e viceversa.
E’ comprendere il sentimento altrui in modo profondo, sulla e sotto la pelle.
Il greco che ne compone la parola significa en-dentro e pathos-sentimento, e basterebbe per spiegare tanto.
Stesso discorso non è da sottovalutare quando questo sentimento, se tale è, accade tra una persona e un’opera d’arte, sia un quadro una scultura una musica o uno scritto.
Allo stesso modo è la natura a scaturire, spesso spessissimo, qualcosa nel profondo di una persona, si possa pensare a un tramonto oppure all’arcobaleno una piante come a un fiore.

Quando tra persone c’è empatia vuol dire che le persone mettono da parte i loro pensieri e i loro pregiudizi, e ascoltano e ricevono qualcosa di non proprio personale e non ne valutano un giudizio ma si limitano a sentire quando sentire vuol dire sentimento.
Di pari passo la dispatia, poco utilizzato come termine, appare come l’incapacità o il rifiuto di sentire i sentimenti o le sofferenze o le gioie altrui.

Ora tralascio altro che ho letto ma che rimane qui dalle mie parti in giro in qualche luogo remoto.


Quindi secondo me non sono dispatico.


Bensì sono empatico, almeno a volte, credo, forse quando voglio.

1 commento:

  1. Nel distribuire giudizi entrano in atto anche il contesto o le opinioni che abbiamo delle persone in quel momento.
    In una situazione di attrazione tendiamo ad elogiare le persone, non solo per tirar l'acqua al nostro mulino, ma anche per la situazione positiva che si è creata appunto. In caso contrario invece tendiamo a voler punzecchiare o ferire chi stiamo giudicando, come per una sorta di vendetta.
    Bisognerebbe essere obbiettivi sempre, ma non è facile e non è nella natura umana spesso. Ci si distingue dagli altri esseri viventi per l'uso della parola detta o scritta che a volte diventa una mina o una spada, una carezza o una piuma.
    Quindi concluderei dicendo che 'Siamo chi siamo' e che non ci dobbiamo mai perdere di vista o buttarci via solo perchè qualcuno ci elogia o ci ferisce.

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