“…gente
persa in una piccola città eterna, piccola città testarda, piccola città con
gli occhi chiusi a metà. Piccola città che cerchi in giro e spesso ciò che
cerchi è qua, c’è chi l’ama e chi la odia… lei rimane piccola…”
“…gente
immersa in una piccola città già vista, piccola città che insiste, piccola città
con gli occhi aperti a metà. Piccola città che sana o no un'anima però ce l'ha…
se ripassate fra cent'anni ci trovate sempre qua…”
“…o
sei uno di loro o sei quello che tu vuoi…”
“…gente
sparsa in una piccola città eterna, piccola città testarda, piccola città che
chi si muove di qua?...”
Luciano
Ligabue
Era lo
scorso giovedì 27 marzo, che arrivava tre giorni dopo lunedì 24, che era il
giorno dopo la domenica 23, che veniva dopo quel sabato 22 marzo 2014.
Niente
di più intenso. A parte qualche altra occasione. Comunque una settimana davvero
importante per tanti aspetti.
Il 22
quell’incontro quella serata, il 23 quegli incontri quel pranzo quel vento
forte, il 24 quella levataccia quella coda quella soddisfazione, il 27 quel
salotto.
Così l’ho
sentito e visto chiamare. E in effetti un po’ salotto poteva sembrare.
Tutti così
vicini, tutti così sorridenti e felici, tutti in attesa di chi, su divani ben
disposti, avrebbe intrattenuto i presenti con quel che serviva.
Ecco
fatto.
Il palazzetto
di Correggio è la classica palestra di paese, quella delle scuole
probabilmente, quella della polisportiva presumibilmente.
Il
palco occupa metà campo da basket, disposto per la sua lunghezza, cosicché al
suo cospetto posso stare poche file di persone in piedi davanti ai pochi
gradini della tribune.
Si
vede tutto. Si vede tutti.
E’
caldo. Molto. Mi tolgo subito la camicia, e ho ancora caldo. Non manca molto ma
la gente entra ancora ed entra sempre di più.
La mia
fotta trasuda dalla pelle e chi è con me come in altre occasioni se ne accorge
per forza, e per bene.
Cerco altre
amicizie, che trovo dalla parte opposta ma solo quando tutto è gremito e si
rimandano i saluti a quando tutto sarà finito.
Ma
Pietro, quella gran sagoma di Pietro, mi cerca mi abbraccia mi saluta e io
ricambio col mio solito “come stai?” e sorridiamo e lo presento e sono contento
e lui va dove deve andare e io lo guardo e lo vedo e.
Poi è
l’apoteosi. Quella chitarra suona le corde per bene a farci capire che quel
pezzo è proprio lui, è proprio quello che serviva come inizio.
E io
esulto e comincio a saltare come un forsennato. Come era un po’ che non facevo.
Comincio a sudare l’impossibile e non smetterò più fino alla fine, e se ne
accorgeranno un po’ tutti.
Ho
letto e sentito dire che è stato un concerto memorabile. E’ vero.
E’
stato il solito splendido concerto di emozioni e urla e braccia alzate. Ma è
stato anche diverso.
E’
stata una roba che fatico a capire. C’è stato tutto e niente. No, c’è stato
solo tutto. Il niente è rimasto fuori.
E’
stato che c’è stata pure una roba che mi ha dato un po’ fastidio, che non ho
capito, che mi ha dato da pensare, che non condivido, che era meglio non dire o
non dire a quel modo.
Ma io
sto pure sempre di qua. E mi va bene così.
Solo che
sento e ascolto anche altre sponde, solo che ascolto sempre tutti, anche quelli
che non la pensano come me ma vogliono esprimere a me la loro opinione. Ecco, è
stato che conoscendo, o credendo di conoscere, come la si pensa da una parte e
dall’altra, non condivido alcune robe. Niente di che.
Alla fine,
giacché tutto è stato splendido e non ho parole per esprimere robe che ancora
sto vivendo, la memoria del concerto è per il bambino dell’area regia suono e
luci, coi suoi occhi stanchissimi fin dall’inizio ha tenuto botta fino alla
fine, non ha mai cantato e non ha mai ballato o esultato, ma ha osservato tanto,
guardava in ogni direzione, davanti e dietro, ovunque vedeva la festa che forse
lo teneva sveglio, ha sorriso al mio sorriso e al mio cenno, e ha ringraziato
quando gli ho portato i miei complimenti e i miei saluti.
Lui è uno
spettacolo. Ammirevole per l’età.
Il ventisette
marzo duemilaquattordici sono stato al concerto di Luciano.
E non
è da tutti.
E mi
sento fortunato.
E
proprio oggi è arrivato una altro giro da girare.
E come
i ragazzi non posso non andare in giro.
Quel concerto ha trasudato emozioni forti più dei pori della tua pelle. Ha realizzato sogni chiusi in un cassetto che mai e poi mai avrei pensato che ne sarebbero usciti un giorno. Ha unito persone in un piccolissimo fazzoletto di terra e di vita, che hanno cantato, ballato, urlato, sudato e gioito all'unisono con il cantante che..... certe notti...non l'ha poi mica cantata tanto bene ;-)...pazienza!
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