domenica 13 aprile 2014

Ambarabacciccicoccò è del lontano settantotto

Trentacinque anni fa e poco più c’era un tizio che bazzicava tra Modena e Bologna che aveva un sacco di roba da dire.
E aveva cominciato anche con questa.
E mi sembra proprio tanto attuale.
Per i tempi che scorrono oggi, perché oggi non corrono ma scorrono proprio e sempre più velocemente, certe robe sono esattamente puntuali.
Proprio ieri un miracolo voleva ascoltare Jenny e nell’accontentarlo mi sono giunte ancora queste parole, allora mi sono fermato un attimo a riflettere e a sentire meglio.
E come allora mi sono detto che Vasco aveva robe buone da dire.
E lo faceva bene a modo suo.
E ogni la pensi come vuole, di lui, e di quello che leggerà.
Io, nel mentre, evidenzio cosa mi sento addosso, oggi come allora.

E mentre tu continui ad invecchiare coi giovani di oggi che non riesci più a capire, che se ne fregano persino del tuo impegno sindacale, e cantano “Dio salvi la regina, fascista e borghese”
E mentre tu continui ad invecchiare tua figlia sta con quell'idiota che non può vedere, lei dice che sei prevenuto e che non vuoi capire, e forse avrà ragione lei… chi l'ho potrà mai dire?
Ma intanto tu continui ad invecchiare sempre convinto che gli anni migliori debbano ancora venire, e che le leggi sopra il concordato si possono abrogare, e intanto Marta è andata ad iscrivere la bambina dalle Orsoline
E mentre tu continui ad invecchiare lentamente, il mondo gira sempre più veloce e non si può fermare, sei tu che devi accelerare amico lui non ti può aspettare, e questo purtroppo signori è uno dei piccoli difetti dell'industrializzazione
E intanto tu continui ad invecchiare cordialmente, sì cordialmente, con la pacca sulle spalle del tuo bravo direttore che la pensa come te sopra i problemi di politica generale, c'è solo un piccolo accento diverso per quello che riguarda la gravità del problema della disoccupazione: suo figlio ha un impiego statale e il tuo non trova da lavorare
Ma tu continua pure ad invecchiare convinto, sì convinto, convinto che il partito è l'unica soluzione, ma che rivoluzione e rivoluzione è ormai banale quella, la lotta oggi va condotta col partito all'interno delle strutture
Perché il partito ti può aiutare, perché il partito ti può garantire
Perché il partito è una conquista sociale, perché il partito è un'istituzione
Ma che rivoluzione e rivoluzione, riforme ci vogliono, riforme sanitarie, agrarie, tributarie, fiscale, sociale
Ambarabaciccicoccò tre civette sul comò che facevano l'amore con la gatta del dottore, tre partiti sul comò
che facevano l'amore con l'abc del professore
(scemo, scemo, scemo…)



Ecco che dopo tanti anni riascoltare certi ritmi e certe parole ti suscitano le stesse emozioni le stesse idee di allora.
Anche se a quei tempi avevi poco più di un’età ed oggi per certi versi ti senti vestito dei vestiti raccontati di quelle persone che invecchiano senza rendersene conto, male e lamentandosi.


Mentre te speri sempre di invecchiare solo fuori e mai dentro.


martedì 8 aprile 2014

Luca canta Luciano

La prima volta l’ascolto ti rapisce la fantasia.
E’ inutile negarlo. Si sente da dove viene.
Al secondo hai la netta certezza che sia precisa.
E’ certamente una canzone rock.
C’è una musica a introdurre, e a scemare, che sa di carillon ma che nella mia ignoranza immagino di xilofono.
Ci sono buone parole a rimare delle idee e dei concetti che non possono non colpirti.
Poi comincia una batteria, determinata, che aumenta e ti prende sottobraccio, e a volte pure in braccio.
E le parole tornano e continuano il loro lavoro di convincimento o di spiegazione.
E dopo si avvia una sorta di fischio a svegliare, allora tutto si dirada e si fa chiaro, ti strappa il sorriso in un parco al sole di primavera.
Poi si chiude similarmente all’inizio, a ricordarti di non abbassare la guardia, che ogni giorno va vissuto per bene.

Io la sento così:

Sta cambiando ancora il tempo, il tempo cambia sempre ma cambia poco chi c'è dentro
Questa volta fa bufera e ha fatto il cielo nero e sembra fare a chi è più duro
C’è sempre una canzone per caso o per fortuna
C’è ancora una canzone bagnata un po’ nel vino
Mentre infuria la bufera e il sangue fa il suo giro qualcuno urla che era ora
Le poltrone sono calde stan lì seduti saldi finché lì dentro è solo calma
E sei un particolare dentro il quadro generale che vorrebbero ma non possono ignorare
C’è sempre una canzone per caso o per fortuna
C’è ancora una canzone caduta dalla luna
C’è sempre una canzone che non fa dormire
C’è ancora una canzone ancora da sentire
Mentre la bilancia piega e non c’è via di fuga e la giustizia non si spiega
Mentre è solo mare aperto e non si vede il porto ed il futuro è un po’ più corto
E sei un particolare che vorrebbero ignorare e ci riescono se tu li lasci fare
C’è sempre una canzone per caso o per fortuna
C’è ancora una canzone caduta dalla luna
C’è sempre una canzone che non fa dormire
C’è ancora una canzone ancora da sentire


Ora serve solo chiudere gli occhi pigiare play e lasciarsi guidare.
Ora serve tenere sempre gli occhi aperti.

Belle cose. Molto!

C'è sempre una canzone (Ligabue), Luca Carboni, Fisico & Politico



lunedì 7 aprile 2014

Viaggiatori, in gennaio

Correva lo scorso 26 gennaio quando cliccando qua e là, più qua che là, mi imbattei in una foto giacché la mia navigazione in rete mi aveva portato quasi sbadatamente su instagram.
Mi sono sempre piaciute le frasi brevi concise precise dirette, finanche quelle criptiche che lasciano l’interpretazione libera a chi legge.
E allora ognuno se la fa sua propria, come un vestito di un sarto se la cuce addosso come meglio crede, chi con l’acqua alta chi col cavallo basso chi con la manica lunga chi con una taglia almeno in più.
Ognuno, così, si sentirà bene col proprio vestito fatto con quella frase.

Ecco che ora la riprendo in mano.
E la rileggo.
E me la faccio di nuovo mia. Ma con un vestito leggermente diverso.
Perché oggi non sono quello di gennaio.
Perché domani non sono quello di ieri.
Perché ho una roba che voglio voler finire ed ha a che fare almeno un poco col viaggiatore, anche se a modo mio.
E allora che sia, un altro appunto nel posto giusto, spero.


Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre andiamo, e non sanno perché.
I loro desideri hanno le forme delle nuvole.


Era la Manu a riportare da non si ricorda nemmeno lei dove queste parole.
Bravissima!



E allora oltre al sentiero davanti ai piedi si dovrà osservare anche la nuvola in cielo, chissà se segnerà la via…

domenica 6 aprile 2014

L’empatia e me

Come sempre, e me ne dispiaccio, e me ne dispiaccio, e mi dispiace, quando voglio conoscere di più in merito a un argomento o a una persona o a una parola clicco serenamente su wikipedia e spero di trovarci qualcosa di esaustivo e di comprensibile.
Quindi, questo giro trovo un sacco di argomentazioni, e un poco mi perdo nella lettura.
Allora mi rifugio nel wiktionary e trovo l’essenza della parola empatia.

(psicologia) capacità di immedesimazione nello stato d'animo di un'altra persona e quindi di comprensione della stessa
(filosofia) immedesimazione con un'opera con il quale il fruitore riesce a comprendere la stessa

Ma sono fin troppo riduttive come spiegazioni, anche se ben comprensibili, certamente comprendono tanti lati di questa roba che riguarda l’animo l’emozione tra una persona e un’altra o e una cosa d’arte piuttosto che della natura.
Quindi, ora e qui, mi sento costretto, nonostante i vapori del vino della cena, a scrivere qualcosa in più.

Solo dieci giorni fa l’empatia mi è stata segnalata come assente da me. Poi, altra persona altro giro altra situazione, mi è stato detto di essere empatico.

Allora dove sta la realtà?, dove mi devo sedere?, dov’è la sedia giusta per me?, e allora non è che dipende da un sacco di robe il fatto che una persona possa essere o non essere empatica?,
allora non è che se oggi in questa situazione osservo e analizzo un bellissimo quadro potrei rimanerne lontano mentre se lo facessi domani in una situazione diversa finanche opposta potrei invece assaporarne ogni minima sfumatura.

Eccone dunque alcune disquisizioni… l’empatia, che è sempre stata tra noi e non lo sapevamo:
            E’ pur sempre la capacità di comprendere appieno lo stato d’animo altrui, gioia o dolore non fa differenza.
Potrebbe essere solo significare mettersi nei panni di, invece è qualcosa di fine e di ben di più, è qualcosa che va oltre, porsi verso ed attrarre a sé l’altro.
Vuol dire essere col l’altro.
Significa riuscire a scaturire in sé qualcosa dell’altro e viceversa.
E’ comprendere il sentimento altrui in modo profondo, sulla e sotto la pelle.
Il greco che ne compone la parola significa en-dentro e pathos-sentimento, e basterebbe per spiegare tanto.
Stesso discorso non è da sottovalutare quando questo sentimento, se tale è, accade tra una persona e un’opera d’arte, sia un quadro una scultura una musica o uno scritto.
Allo stesso modo è la natura a scaturire, spesso spessissimo, qualcosa nel profondo di una persona, si possa pensare a un tramonto oppure all’arcobaleno una piante come a un fiore.

Quando tra persone c’è empatia vuol dire che le persone mettono da parte i loro pensieri e i loro pregiudizi, e ascoltano e ricevono qualcosa di non proprio personale e non ne valutano un giudizio ma si limitano a sentire quando sentire vuol dire sentimento.
Di pari passo la dispatia, poco utilizzato come termine, appare come l’incapacità o il rifiuto di sentire i sentimenti o le sofferenze o le gioie altrui.

Ora tralascio altro che ho letto ma che rimane qui dalle mie parti in giro in qualche luogo remoto.


Quindi secondo me non sono dispatico.


Bensì sono empatico, almeno a volte, credo, forse quando voglio.

sabato 5 aprile 2014

Che cosa importa se, chiedeva Gianluca

Gianluca Grignani passa dalle mie parti fin dagli inizi, altalenanti ascolti certo ma recentemente riscoperti anche e tramite concerti, che son poi la cosa migliore di un disco.
Correva la fine del duemilaundici quando esce il disco Natura Umana che di per sé spiegherebbe già bene cosa ci si potrebbe trovare dentro. Quindi l’ascolto ha coperto interamente l’anno successivo, compresa una punta live al mitico Vox.
Io stavo percorrendo una bella parte di un cammino fatto anche di sentieri, di parole, di biro e quadernoni.

Allora, come nelle ultime settimane, colpiva questa…

Che cosa importa se ballo sopra un fuoco?, io sono quello che non va
Che cosa importa se io in fondo conto poco in questa stronza società?…
C'è la guerra quaggiù, la benza costa di più e cosa dicono i giornali?
Copertine ai più famosi di Gesù e più appari e meno vali! Ma non eravamo UGUALI?
Cos'è che volete adesso?, non vi basta tutto il resto?, vendo tutto ma non questo: la mia identità
Continuate a darmi addosso, mi dispiace ma io esisto, sono un cattivo acquisto… sono la mia volontà
Che cosa importa se vivo pressappoco, se sono un immigrato, un provinciale o di città?…
Che cosa importa se in fondo è tutto un gioco e non ha importanza se hai rispetto per la libertà?…
E l'aria non basta più, l'energia la fai tu e le canzoni sempre più banali
C'è qualcuno alla porta, c'è qualcuno che ascolta e hai PAURA dei tuoi IDEALI! Ma non eravamo UGUALI?
Cos'è che volete adesso?, non vi basta tutto il resto?, vendo tutto ma non questo: la mia IDENTITA’
Continuate a darmi addosso, mi dispiace ma io esisto, sono un cattivo acquisto… sono la mia VOLONTA’
IO non lo so qual è il mio POSTO, so solo che NON mi va bene così
Non sono vostro ad ogni costo ma è per me stesso che io sono qui
Cos'è che volete adesso?, non vi basta tutto il resto?, vendo tutto ma non questo: la mia IDENTITA’…  
Continuate a darmi addosso, mi dispiace ma io esisto, sono un cattivo acquisto… sono la mia VOLONTA’
Per le strade c'è CHI sa ancora dir di SI’
E se soffre non lo fa, non ha PAURA di una VERITA’
Chi cammina a TESTA ALTA, chi SOGNA in una stanza
E al diavolo chi ci va?, chi deve andare ma non se ne va
Siamo ancora TUTTI QUI!, siamo GENTE e non un FILM

Eccola, esattamente, più o meno, come l’ascolto e la sento.
Sembra una brutta roba forse, ma basta pigiare play sulla traccia quattro e sarà un attimo.


E ora spero che presto possa uscire qualcos’altro.

Bene. Molto bene.


La Piccola Città sarà per sempre Eterna


“…gente persa in una piccola città eterna, piccola città testarda, piccola città con gli occhi chiusi a metà. Piccola città che cerchi in giro e spesso ciò che cerchi è qua, c’è chi l’ama e chi la odia… lei rimane piccola…”
“…gente immersa in una piccola città già vista, piccola città che insiste, piccola città con gli occhi aperti a metà. Piccola città che sana o no un'anima però ce l'ha… se ripassate fra cent'anni ci trovate sempre qua…”
“…o sei uno di loro o sei quello che tu vuoi…”
“…gente sparsa in una piccola città eterna, piccola città testarda, piccola città che chi si muove di qua?...”

Luciano Ligabue

Era lo scorso giovedì 27 marzo, che arrivava tre giorni dopo lunedì 24, che era il giorno dopo la domenica 23, che veniva dopo quel sabato 22 marzo 2014.
Niente di più intenso. A parte qualche altra occasione. Comunque una settimana davvero importante per tanti aspetti.
Il 22 quell’incontro quella serata, il 23 quegli incontri quel pranzo quel vento forte, il 24 quella levataccia quella coda quella soddisfazione, il 27 quel salotto.
Così l’ho sentito e visto chiamare. E in effetti un po’ salotto poteva sembrare.
Tutti così vicini, tutti così sorridenti e felici, tutti in attesa di chi, su divani ben disposti, avrebbe intrattenuto i presenti con quel che serviva.

Ecco fatto.
Il palazzetto di Correggio è la classica palestra di paese, quella delle scuole probabilmente, quella della polisportiva presumibilmente.
Il palco occupa metà campo da basket, disposto per la sua lunghezza, cosicché al suo cospetto posso stare poche file di persone in piedi davanti ai pochi gradini della tribune.
Si vede tutto. Si vede tutti.
E’ caldo. Molto. Mi tolgo subito la camicia, e ho ancora caldo. Non manca molto ma la gente entra ancora ed entra sempre di più.
La mia fotta trasuda dalla pelle e chi è con me come in altre occasioni se ne accorge per forza, e per bene.
Cerco altre amicizie, che trovo dalla parte opposta ma solo quando tutto è gremito e si rimandano i saluti a quando tutto sarà finito.
Ma Pietro, quella gran sagoma di Pietro, mi cerca mi abbraccia mi saluta e io ricambio col mio solito “come stai?” e sorridiamo e lo presento e sono contento e lui va dove deve andare e io lo guardo e lo vedo e.

Poi è l’apoteosi. Quella chitarra suona le corde per bene a farci capire che quel pezzo è proprio lui, è proprio quello che serviva come inizio.
E io esulto e comincio a saltare come un forsennato. Come era un po’ che non facevo. Comincio a sudare l’impossibile e non smetterò più fino alla fine, e se ne accorgeranno un po’ tutti.
Ho letto e sentito dire che è stato un concerto memorabile. E’ vero.
E’ stato il solito splendido concerto di emozioni e urla e braccia alzate. Ma è stato anche diverso.
E’ stata una roba che fatico a capire. C’è stato tutto e niente. No, c’è stato solo tutto. Il niente è rimasto fuori.
E’ stato che c’è stata pure una roba che mi ha dato un po’ fastidio, che non ho capito, che mi ha dato da pensare, che non condivido, che era meglio non dire o non dire a quel modo.
Ma io sto pure sempre di qua. E mi va bene così.
Solo che sento e ascolto anche altre sponde, solo che ascolto sempre tutti, anche quelli che non la pensano come me ma vogliono esprimere a me la loro opinione. Ecco, è stato che conoscendo, o credendo di conoscere, come la si pensa da una parte e dall’altra, non condivido alcune robe. Niente di che.
Alla fine, giacché tutto è stato splendido e non ho parole per esprimere robe che ancora sto vivendo, la memoria del concerto è per il bambino dell’area regia suono e luci, coi suoi occhi stanchissimi fin dall’inizio ha tenuto botta fino alla fine, non ha mai cantato e non ha mai ballato o esultato, ma ha osservato tanto, guardava in ogni direzione, davanti e dietro, ovunque vedeva la festa che forse lo teneva sveglio, ha sorriso al mio sorriso e al mio cenno, e ha ringraziato quando gli ho portato i miei complimenti e i miei saluti.
Lui è uno spettacolo. Ammirevole per l’età.

Il ventisette marzo duemilaquattordici sono stato al concerto di Luciano.
E non è da tutti.
E mi sento fortunato.







E proprio oggi è arrivato una altro giro da girare.

E come i ragazzi non posso non andare in giro.

martedì 1 aprile 2014

Federica Lisi racconta che è Per Sempre

Bella serata, all’apparenza tra amici.
Mi sa che stasera, a dispetto di quanto ipotizzato in altra sede e in altro tempo, non scatterò foto, giacché ho netta la sensazione di intimità, sensazione di voler vivere le robe che passeranno, allora rimanere dietro un obiettivo potrebbe portare a perdere degli attimi che invece andrebbero raccolti e vissuti.
Siedo nel mio solito posto, che solito non è perché non frequento poi mica così tanto, la mia sedia è la solita dietro, in ultima fila, in angolo, forse troppo.
Nell’attesa, nelle mie riflessioni dell’attesa, mi sento pronta una domanda, che so che non farò in pubblico, e so già che non sarà definitiva. Sarebbe stata circa così: “Ognuno ha il proprio modo di affrontare quel che gli accade… credo ci sia stata l’urgenza di esporre le tue robe molto forse troppo personali, per reagire forse, per spiegare, per dare un senso al caso che non esiste, ma ora che hai aperto le braccia e ti sei esposta rendendoti vulnerabile, come stai?, quanto ti senti leggera?, quanto sorriso hai da distribuire?”
Poi, successivamente, quando siamo alla fine o quasi, forse ho già la risposta, e la domanda si trasforma in altro durante il saluto durante la firma.
            Mi annoto un titolo dei vari stimolanti che sono qui al mio fianco sugli scaffali: “A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca”, di Don Lorenzo Milani. Da approfondire, volendo.

Silenzio, perché parla Federica, perché Federica ha robe da raccontare.
Perché Federica porta in giro roba buona. Molto.
Voce roca, dall’accento riconoscibilissimo, voce forse plasmata dalla vita, forse semplicemente la sua, voce che sembra atta e adatta allo scopo. Voce che racconta con sospiri e pause e sguardi cosa voglia dire esserci in quel momento, lì in quel posto, e il perché non si spiega.
Bella, finanche bellissima, Federica è Rock, forse a modo suo, molto, è forte, sulla pelle, si sente addosso, trasuda forza, si sente nell’aria la sua energia, è vestita in braghe di pelle e maglietta smanicata ma non è quello che fa, è l’insieme che trasmette roba vera e genuina, c’è vita che continua nonostante tutto.
E’ lì seduta sullo sgabello a raccontare di sé e di un’esperienza che non è da tutti raccontare così e in questo modo.
Sono affascinato. Distratto un po’ dai tatuaggi che sarebbero da raccontare uno ad uno, ma ben ammaliato.
Ascolto avido ogni smorfia che propone agli astanti, respiro le sospensioni della voce che cerca la parola e il tono giusti. Rimango lì inebetito tra la sua forza e il suo dolore e quello che nel mio piccolo mi porto con me da una decina di anni e che recentemente ho forse chiuso il suo cerchio.
Ascolto, sorrido, scrivo, rifletto, osservo.
Chiara, per parte sua, accompagna bene il racconto di questo libro che è un dono per quelli che lo vogliono fare proprio ma soprattutto per quei miracoli cinque miracoli che sono lì in attesa di capirci qualcosa.
Anche se in effetti, lo sappiamo tutti, i miracoli anche quando non hanno ancora un’età capiscono molto di più e meglio e genuinamente di quelle persone che si reputano mature ed adulte.

Noi non ci lasceremo mai – La mia vita con Bovo, di Federica Lisi Bovolenta con Anna Cherubini, ed. Mondadori

E’ pieno di vita, come in quarta di copertina, ma anche come la prima, è pieno di emozioni, e vero, e forte, è speranza, è il caso che non esiste, è incontri di persone per bene, è braccia aperte fiduciose.
Prendo appunti, miei, e suoi e loro. Segno parole e piccole frasi. Giusto per ricordarmi quelle emozioni che hanno gonfiato gli occhi e rigato un poco le guance e chissenefrega se devo usare il fazzoletto come non vorrei. Sono io, sono così. Mando giù magoni ed emozioni ma non tutto, non riesco e allora che sia quel che sia. Io, stasera sono io.
Ci spiega che in questi mesi così intensi ha tastato con mano che chi si avvicinava con secondi fini, senza quella sensibilità naturale, se ne andava di sua iniziativa senza nemmeno essere invitato a farlo, giacché nel bel mezzo di quelle emozioni tali persone si sentono fuori posto e se ne vanno.
Ci racconta, e ci guarda dritto negli occhi, che attorno c’è gente che lo fa col cuore, e allora tutto scorre e va nella direzione giusta, quella che vuole lei e non solo lei.
Dice che Bovo è una persona che ha dato tanto, e ora si vede quanto.
Porta le mani al petto e al cuore e sostiene che il libro è come il secondo viaggio di nozze, e io mi appunto che non è male per un amore che è per sempre.
Ogni tanto si fa seria, non seriosa ma solo misurando bene il tono e il modo, e allora rivela una roba che di recente ma anche no ho sentito spesso: non lo puoi sprecare un giorno, bello o brutto che sia, coi suoi motivi, quel giorno va vissuto tutto, appieno, per quello che è, cercando sempre di fare il meglio.
Sorrido quando cita il suo neurone che è partito per il libro; la capisco, cavolo come la capisco.
Il libro è un’emozione unica, ma diversa con tutte le sfaccettature che non possono non presentarsi, e allora ti senti più forte quanto leggi e lì, tra quelle righe, trovi un’emozione che non è solo tua. Vero.
Ammette, quasi serenamente, che di quanto e come ha vissuto quel giorno non riesce ancora a parlarne coi figli, a parte qualcosa che sta uscendo ultimamente, e nemmeno con le persone che in quei giorni le erano attorno. E il driiiiin del telefono la catapulta ancora in un’altra dimensione.
Racconta i primi momenti, strappata da una festa in discoteca con le amiche, e l’amicizia e il tocco delicato delle amiche che sanno già ma accompagnano distraendo!
Poi, mi risveglia un attimo, e zittisce tutti: noi due eravamo uno!
E allora io ribadisco che è fortunata.
Dice che c’è colore nel libro, non c’è oscurità, c’è vita e c’è il sole, non c’è la notte, e lei e la sua squadra, sempre più ampia, continueranno quell’arcobaleno. Dice che hanno vinto alla lotteria!
Dice, sorridendo, e gli occhi parlano bene, che se l’obiettivo è ribaltare il mondo lei lo ribalterà, e non sarà sola. E il libro può servire anche a quello.

Stasera è stato un bellissimo racconto di vita.

Prendo volentieri la mia copia, le racconto la mia idea e cerco di spiegarle che lei tutto questo che sta vivendo, passo dopo passo, città piccola o città grande che sia, lo capirà solo dopo, solo quando sarà ora di fare altro, ed è giusto che oggi qui e domani chissà viva questo che le sta dando tanto, come lei sta dando a chi come noi stasera l’ascoltano volentieri.

La dedica spiega che se tutto questo ESISTE è perché un SENSO ci sarà ed è convinta che quel SENSO glielo stiamo dando TUTTI NOI.
Ed io aggiungo anche solo in una serata serena così.

Grazie Fede.

Ciao Federica Lisi Bovolenta, spero di rivederti presto, in qualsiasi modo.