Bella
serata, all’apparenza tra amici.
Mi sa
che stasera, a dispetto di quanto ipotizzato in altra sede e in altro tempo,
non scatterò foto, giacché ho netta la sensazione di intimità, sensazione di
voler vivere le robe che passeranno, allora rimanere dietro un obiettivo
potrebbe portare a perdere degli attimi che invece andrebbero raccolti e
vissuti.
Siedo nel
mio solito posto, che solito non è perché non frequento poi mica così tanto, la
mia sedia è la solita dietro, in ultima fila, in angolo, forse troppo.
Nell’attesa,
nelle mie riflessioni dell’attesa, mi sento pronta una domanda, che so che non
farò in pubblico, e so già che non sarà definitiva. Sarebbe stata circa così: “Ognuno
ha il proprio modo di affrontare quel che gli accade… credo ci sia stata l’urgenza
di esporre le tue robe molto forse troppo personali, per reagire forse, per
spiegare, per dare un senso al caso che non esiste, ma ora che hai aperto le
braccia e ti sei esposta rendendoti vulnerabile, come stai?, quanto ti senti
leggera?, quanto sorriso hai da distribuire?”
Poi,
successivamente, quando siamo alla fine o quasi, forse ho già la risposta, e la
domanda si trasforma in altro durante il saluto durante la firma.
Mi annoto un titolo dei vari stimolanti
che sono qui al mio fianco sugli scaffali: “A che serve avere le mani pulite se
si tengono in tasca”, di Don Lorenzo Milani. Da approfondire, volendo.
Silenzio,
perché parla Federica, perché Federica ha robe da raccontare.
Perché
Federica porta in giro roba buona. Molto.
Voce
roca, dall’accento riconoscibilissimo, voce forse plasmata dalla vita, forse
semplicemente la sua, voce che sembra atta e adatta allo scopo. Voce che
racconta con sospiri e pause e sguardi cosa voglia dire esserci in quel
momento, lì in quel posto, e il perché non si spiega.
Bella,
finanche bellissima, Federica è Rock, forse a modo suo, molto, è forte, sulla
pelle, si sente addosso, trasuda forza, si sente nell’aria la sua energia, è
vestita in braghe di pelle e maglietta smanicata ma non è quello che fa, è l’insieme
che trasmette roba vera e genuina, c’è vita che continua nonostante tutto.
E’ lì
seduta sullo sgabello a raccontare di sé e di un’esperienza che non è da tutti
raccontare così e in questo modo.
Sono
affascinato. Distratto un po’ dai tatuaggi che sarebbero da raccontare uno ad
uno, ma ben ammaliato.
Ascolto
avido ogni smorfia che propone agli astanti, respiro le sospensioni della voce
che cerca la parola e il tono giusti. Rimango lì inebetito tra la sua forza e
il suo dolore e quello che nel mio piccolo mi porto con me da una decina di
anni e che recentemente ho forse chiuso il suo cerchio.
Ascolto,
sorrido, scrivo, rifletto, osservo.
Chiara,
per parte sua, accompagna bene il racconto di questo libro che è un dono per
quelli che lo vogliono fare proprio ma soprattutto per quei miracoli cinque
miracoli che sono lì in attesa di capirci qualcosa.
Anche
se in effetti, lo sappiamo tutti, i miracoli anche quando non hanno ancora un’età
capiscono molto di più e meglio e genuinamente di quelle persone che si
reputano mature ed adulte.
Noi
non ci lasceremo mai – La mia vita con Bovo, di Federica Lisi Bovolenta con Anna
Cherubini, ed. Mondadori
E’
pieno di vita, come in quarta di copertina, ma anche come la prima, è pieno di
emozioni, e vero, e forte, è speranza, è il caso che non esiste, è incontri di
persone per bene, è braccia aperte fiduciose.
Prendo
appunti, miei, e suoi e loro. Segno parole e piccole frasi. Giusto per
ricordarmi quelle emozioni che hanno gonfiato gli occhi e rigato un poco le
guance e chissenefrega se devo usare il fazzoletto come non vorrei. Sono io,
sono così. Mando giù magoni ed emozioni ma non tutto, non riesco e allora che
sia quel che sia. Io, stasera sono io.
Ci
spiega che in questi mesi così intensi ha tastato con mano che chi si
avvicinava con secondi fini, senza quella sensibilità naturale, se ne andava di
sua iniziativa senza nemmeno essere invitato a farlo, giacché nel bel mezzo di
quelle emozioni tali persone si sentono fuori posto e se ne vanno.
Ci
racconta, e ci guarda dritto negli occhi, che attorno c’è gente che lo fa col
cuore, e allora tutto scorre e va nella direzione giusta, quella che vuole lei
e non solo lei.
Dice
che Bovo è una persona che ha
dato tanto, e ora si vede quanto.
Porta
le mani al petto e al cuore e sostiene che il libro è come il secondo viaggio
di nozze, e io mi appunto che non è male per un amore che è per sempre.
Ogni
tanto si fa seria, non seriosa ma solo misurando bene il tono e il modo, e
allora rivela una roba che di recente ma anche no ho sentito spesso: non lo
puoi sprecare un giorno, bello o brutto che sia, coi suoi motivi, quel giorno
va vissuto tutto, appieno, per quello che è, cercando sempre di fare il meglio.
Sorrido
quando cita il suo neurone che è partito per il libro; la capisco, cavolo come
la capisco.
Il
libro è un’emozione unica, ma diversa con tutte le sfaccettature che non
possono non presentarsi, e allora ti senti più forte quanto leggi e lì, tra
quelle righe, trovi un’emozione che non è solo tua. Vero.
Ammette,
quasi serenamente, che di quanto e come ha vissuto quel giorno non riesce
ancora a parlarne coi figli, a parte qualcosa che sta uscendo ultimamente, e
nemmeno con le persone che in quei giorni le erano attorno. E il driiiiin del
telefono la catapulta ancora in un’altra dimensione.
Racconta
i primi momenti, strappata da una festa in discoteca con le amiche, e l’amicizia
e il tocco delicato delle amiche che sanno già ma accompagnano distraendo!
Poi,
mi risveglia un attimo, e zittisce tutti: noi due eravamo uno!
E
allora io ribadisco che è
fortunata.
Dice che
c’è colore nel libro, non c’è oscurità, c’è vita e c’è il sole, non c’è la
notte, e lei e la sua squadra, sempre più ampia, continueranno quell’arcobaleno.
Dice che hanno vinto alla lotteria!
Dice,
sorridendo, e gli occhi parlano bene, che se l’obiettivo è ribaltare il mondo
lei lo ribalterà, e non sarà sola. E il libro può servire anche a quello.
Stasera
è stato un bellissimo racconto di vita.
Prendo
volentieri la mia copia, le racconto la mia idea e cerco di spiegarle che lei
tutto questo che sta vivendo, passo dopo passo, città piccola o città grande
che sia, lo capirà solo dopo, solo quando sarà ora di fare altro, ed è giusto
che oggi qui e domani chissà viva questo che le sta dando tanto, come lei sta
dando a chi come noi stasera l’ascoltano volentieri.
La dedica
spiega che se tutto questo ESISTE è perché un SENSO ci sarà ed è convinta che
quel SENSO glielo stiamo dando TUTTI NOI.
Ed io
aggiungo anche solo in una serata serena così.
Grazie
Fede.
Ciao
Federica Lisi Bovolenta, spero di rivederti presto, in qualsiasi modo.