mercoledì 31 ottobre 2012

Le monete e il loro suono in tasca


Qualche sera fa ero seduto al bar con pochi amici. Più che bar è pub e ritrovo. Più che amici erano anche persone, e a una certa ora non erano nemmeno poche.
Si parlava di sport, come da bar.
Si parlava di traffico, come da bar.
Si parlava di donne trovate, come da bar.
Si parlava di donne perse, come da non bar.
Si parlava di politica, quasi, e male, come da bar.
I toni erano aspri, parole accese da paure, angosce buttate sul bancone e sui tavoli delle birre.
Gli sguardi non erano contenti, nemmeno sereni.
Si parlava di economia, ma non quella dei colletti bianchi o degli affaristi o di chi ne so.
Si parlava dei conti da fare tornare. Ogni mese. Ogni giorno.
Si parlava di scontrini sempre meno numerosi, sempre più corti.
Si parlava di soldi da contare nelle tasche, sulle dita.
Si era concluso che il suono delle monete in tasca, in fondo, ti strappa un sorriso.
Lieve e ottimista.
Eravamo comunque usciti dal locale con la speranza ancora accesa, nonostante il buio della notte i nostri occhi vedevano ancora una luce.
Forza ragazzi, rimaniamo in giro a modo nostro.

lunedì 29 ottobre 2012

Pollino, così lontano così vicino


A voi che sentite i brividi di un inconscio indesiderato.
A voi che vivete momenti per nulla invidiabili.
A voi che oggi come ieri avete pensieri pesanti sulle spalle.
A voi che domani potreste vivere fuori dalle mura di casa.
A voi che avete crepe e linee confuse attorno a voi.
A voi che guardate la cima della vostra terra traballare come non vorreste.
A voi che guardate il tempo trascorrere e le idee confondersi.
A voi che state tremando con i piedi non più saldi sulla vostra terra.
A voi che non siete così soli come spero non lo pensiate mai nemmeno per un momento.
A voi che spero tenete botta ancora un po’, che per riposarsi ci sarà tempo.
A voi che spero restate ancora in giro per un altro po’.
A voi che certamente lotterete sempre per la vostra verità.
A voi che camminerete ancora e sempre per le vostre strade con l’orgoglio che serve.
A voi che siete così lontani eppure così vicini.
Un saluto, di cuore, coi pensieri e con le sensazioni e con le idee e.
Tenete botta per davvero! Mi raccomando…

martedì 23 ottobre 2012

La sua voce, le loro voci


Avete mai osservato dormire un bambino?
Avete mai guardato bene i suoi lineamenti sereni?
Avete mai scrutato i suoi pensieri muoversi sotto le palpebre chiuse dal sogno?
Avete mai sorriso emozionati dal suo riposare dopo una giornata piena di giochi o impegni sempre più importanti?
Spero di sì, fosse anche non il vostro, fosse anche vostro nipote, o l’amichetto dell’asilo o della scuola.
Avete mai ascoltato il suono penetrante delle parole di un bambino?
Avete mai sentito chiamare “mamma”? Magari da lontano, oppure distrattamente.
Avete mai origliato i discorsi dei bambini mentre giocano con le loro nuvole e i loro pensieri concreti?
Avete mai seguito il ragionamento del bambino che giustifica una marachella?
Spero di sì, fosse anche solo per condurlo in giro per il mondo.
Avete mai assistito allo sconforto di un bambino perso per il mondo alla ricerca della mamma o del papà?
Avete mai aiutato un bambino a capire quello che ha davanti? Quello che ha in mano?
Avete mai accompagnato un bambino mantenendo la debita distanza?
Avete mai sentito sulla vostra pelle l’energia di un bambino e nelle ossa le sue fragilità e nell’animo il suo candore?
Credo che i bambini siano miracoli preziosi da non offendere, e credo che gli adulti abbiano per lo più la coscienza almeno da rivedere.
E spero che i bimbi di oggi saranno adulti migliori di alcuni che ora vedo per il mondo.
La sua voce, le loro voci, suono di miracoli che si avverano. E’ una certezza.

domenica 21 ottobre 2012

Io c'ero, noi c'eravamo, ed eravamo tantissimi


Cavolo è già passato un mese, quasi.
Avevo passato tutta l’estate in attesa del suo momento che quasi non credo ancora sia capitato sul serio.
Avevo atteso quelle quattro ore nella speranza di fare qualcosa di buono, e di bene, per una terra che sembra davvero di tutti. Ora. Chissà domani.
Avevo quasi contato ogni giorno che mi separava dalla data di acquisto, immediata e senza troppi indugi, alla data dell’avvenimento.
C’ero, c’eravamo, tantissimi.
Più di centocinquantamila persone sono sei volte il mio borgo, e sono tre volte la grassa e la dotta.
Sono una marea di volti unici, visi sorridenti e inquieti, mani e braccia al cielo, circondanti sconoscenti, occhi emozionati sinceri, battute a sdrammatizzare, sono corpi e anime a coprire un campo a perdita d’occhio.
Mentre il sole tramontava sopra i tetti e le ombre si allungavano nella direzione giusta, quando camminando verso il campo abbiamo oltrepassato la strada ferrata di Reggio, il mio entusiasmo si era sospeso nella mia tipica paresi ebete del sorriso del bambino davanti alla giostra.
Le gambe avrebbero voluto correre lungo la discesa che portava all’entrata a rischio di franare sui passi incerti di uno sguardo sull’orizzonte a est.
La compagnia meco mi ha impedito di essere del tutto me stesso, ma pazienza, ci ho provato lo stesso. Dunque ho fatto da apripista e mi sono messo all’alfa della nostra piccola compagnia pellegrina verso il campo volo. L’enorme tornello di rete all’apparenza da gabbia ha solo rimandato e allungato l’attesa per lo strappo del biglietto.
E via, finalmente dentro.
Quel posto, ormai, quella lingua di asfalto all’uso di pista, ormai, quella luce della sera, ormai, dallo scorso anno e da un mitico sabato di mezza estate sono miei, come sono di altre almeno centoquindicimila persone.
Abbondanti chiacchiere spensierate dopo l’ingresso nell’attesa di un altro piccolo branco, forse il più selvaggio, e molte colorite osservazioni nei riguardi di tante persone.
S’è ascoltato ogni tipo di dialetto, s’è osservato ogni tipo di età, ogni tipo di indumento.
S’è osservato gruppi di ragazzi spensierati a vivere quel concerto come fosse uno qualsiasi, almeno all’apparenza.
S’è visto persone di una certa età tenersi ancora per mano e guardare con occhi fiduciosi ai giorni che saranno.
S’è controllato che le persone minorenni, molto minorenni, fossero accuratamente accompagnate da persone adulte, almeno all’apparenza.
S’è visto intere famiglie accovacciate in splendidi picnic.
S’è appurata l’incredulità negli occhi di chi una roba del genere non se l’era mai immaginata nemmeno nei sogni. Eppure i sogni, ogni tanto quelli si avverano. Come i miracoli.
S’è fatta merenda, o cena, quando ormai l’imbrunire era tra noi e i mega schermi ma alla vista piccini piccini erano già molto accesi.
S’è cantato e ballato e commentato e sorriso e guardato e goduto e saltato e pensato e osservato e pianto e urlato e, proprio mentre quei tredici giganti esprimevano i loro versi e le loro poesie e le loro musiche, le loro opinioni e i loro volti e le loro voci.
Bella roba, davvero, quattro ore mica da ridere. Tutt’altro.
Alla fine anche il palo dell’illuminazione di sicurezza rimasto acceso tutto il tempo dritto in faccia ha avuto il suo perché, ed ha dato fastidio solo ai più pignoli.
Alla fine il fragore dell’evento si è spento nel buio della notte e nei passi infiniti di molteplici genti.
Attorno a me era un mare di silenzi e di riflessioni, almeno all’apparenza.
Attorno a me erano passi a perdita d’occhio dove non si capiva l’inizio e non si vedeva la fine.
Roba da esodo, moderno ovviamente.
Il giorno dopo era la vita a continuare il concerto appena terminato.
Il giorno dopo era la crepa invisibile a farsi sentire.
Il giorno dopo era la notte nella tua casa a farti dormire poco.
Il giorno dopo era ancora a osservare il soprammobile e il lampadario.
Il giorno dopo era ancora che non è passata.
Il giorno dopo era che non è bastato e forse non basterà mai, che qualcosa di così dentro fatica a venire fuori e uscire e scappare perché ormai sai che è lì, e.
Il giorno dopo era domani, esattamente un mese dopo.
Ci sono, ci siamo, e siamo tantissimi.
E sempre ci saremo, non all’apparenza ma senz'altro nella sostanza di questa terra martoriata ma mai vinta.
Teniamo botta. E rimaniamo in giro.


lunedì 1 ottobre 2012

La democrazia, che bella roba


Il mio voto vale quanto il tuo...
E’ questa la conclusione di una cordiale chiacchierata con un amico.
Quasi uno sproloquio da bar, ma senza il bancone del bar e con tante mani sulla testa, respiri profondi, e sguardi a vedere qualcosa di inesistente laggiù in fondo dove non esiste più nulla.
Purtroppo, il mio voto vale quanto il suo, e alla fine, proprio questo è la democrazia.
Quindi, alla fine, sempre, il voto che ha portato avanti una persona per bene pesa uguale al voto che ha portato avanti una persona per male.
Alla fine, è corretto così.
La democrazia è un sacco di robe, compresi dei pregi, qualcuno dice anche dei difetti, ma è questo, tutto, e forse è niente.
La verità, dicono, sta sempre nel mezzo.
La verità è che c’è un sacco di gente che ha pelo sullo stomaco, ha fegato, ha menefreghismo, ha ignobiltà, ha volgarità, ha faccia tosta, c’è gente che riesce a dormire la notte.
La verità è che c’è un sacco di gente per bene, che riflette, che domanda, che pensa al bene comune, che valuta non per se ma per tutti.
La verità è che basterebbe fare la cosa giusta. Come nei film.
E la speranza è che almeno ogni tanto si possa vivere della vita come nei film, ma è come sognare, forse, e al risveglio c’è la realtà da vivere.
Quindi, sono stanco di raccontare alle persone qual è il mio punto di vista.
Ma non smetterò di raccontarlo. Non smetterò di domandare. Non smetterò di attendere risposte.
Bene, vedremo, non a caso, e a riuscirci.

I marciapiedi no!


Mi domando e chiedo in giro: ma cosa cazzo ci vuole per capire di non girare camminare pedalare o muovere in mezzo alla via?? Perché mai la gente non capisce quanto possa essere pericoloso? Perché mai la gente non capisce mai che girare in mezzo alla strada è pure intralcio??
Voglio dire, abito e vivo in mezzo alle vie strette di un centro cittadino, ma non fa testo, giacché il menefreghismo del non automobilista lo noto e lo capto anche fuori, in periferia o in campagna.
Ecco in montagna già un po’ meno, ma se andassimo al mare sarebbe già un po’ di più, molto di più, nel senso di fiume.. (è una battuta, difficile da intendere, sottile, emiliana, mah…)
Comunque, per fortuna le vie del centro sono piene zeppe di portici, costruiti pare per motivi espansionistici di vecchie famiglie padronali, credo, ora e da sempre utilizzati come comodo riparo durante il passaggio pedonale dei giorni piovosi, o ventosi, o nevosi, o.
Dunque, questi, i portici, sono ben utilizzati da bar, negozi, istituzioni, teatri.
Ovviamente sono utilizzati dalla gente del centro, e dalle persone che casualmente o regolarmente passano da quelle vie per fortuna ancora piene di vita diurna e notturna.
ALLORA?, domando: perché cazzo c’è chi il portico non lo vede nemmeno?
Cavolo lo vogliamo capire che è pericoloso muoversi così?, quindi più o meno giustamente l’amministrazione ha pensato bene di intervenire con opere pubbliche quali nuovi marciapiedi, risistemazione dei vecchi già esistenti, pittura di nuove e a volte inconsuete segnalazioni orizzontali sul manto stradale.
Risultato? Bello! Organizzato. Teoricamente utilizzabile. Solo teoricamente!!!
Ci sono vie, angoli di strada, dove al portico da un lato si è aggiunta la zona parcheggio, correttamente istituita che altrimenti si parcheggia anche sugli alberi. Dall’altro lato la corsia pedonale, cosicché i pedoni possano camminare fuori dal normale traffico motorizzato.
Quindi, le persone a piedi, camminano in mezzo alla via!!!
Allora, il portico?, no! La nuova corsia pedonale?, nemmeno!
Allora mi domando, perché mai la gente maleducata menefreghista non se ne sta in casa a guardare beata la payperview, o l’ultimo pettegolezzo di gossip, o anche l’ultima bazza del magnamagna.
Personalmente, probabilmente, seguo fin troppo le regole, che come dice Murphy appena sgarro una volta mi beccano mica solo i vigili ma anche l’esercito intero compresi i servizi segreti…
E forse esagero troppo, e sono troppo pignolo, e forsanche rompicoglioni.
Però un sacco di volte mi capita di dover bloccare l’auto in mezzo alla via causa inosservanza delle più semplici regole, anche quella di camminare a sinistra, per esempio. Capita spessissimo nelle vie dove c’è una corsia di marcia, a destra portico, a sinistra marciapiede, ed i pedoni in mezzo.
ECCHECCAVOLO!!!
Finirà che tampono uno a piedi. E saranno tutti cazzi miei.
Ma speriamo ben di no!
Beh, io intanto provo ad andare spesso in biciclino, a destra della marcia, ovviamente…
PS: le bici, come devono avere manubrio, sellino, freni e pedali, devono avere anche fanale anteriore e posteriore. Ma questa è un'altra storia, ed io un rompicoglioni certificato.