sabato 10 maggio 2014

Mele e la sua Arte

Un servizio, apparentemente come tanti, ascoltato e guardato quasi con distrazione.
E invece no. L’attenzione non la comandi, a volte, come quando vorresti ascoltare bene e il fruscio della festa del paese fuori giù nelle vie ti costringe a desistere. Questa volta è stato l’inverso, il mio sguardo si è voltato verso quelle parole che stavo sentendo, non solo ascoltando.
E allora si va. Presto che altrimenti chiude prima.
E allora si va, basta (?) incastrare questa gita a momento e giorno giusti. Per me. E per altri.
E sarei potuto non essere solo, ma è andata così e va bene così.

Prendo un appunto, che altrimenti poi mi scordo anche la mia ombra.
Cerco notizie in rete, giusto per confermare luogo date orari nomi modi.
E’ fatta. Colpito. Sono preso da quell’attimo. Quando non capisci esattamente e vuoi sapere.
Devo andare. E vado.

Parto con questa idea in testa, così vagante, aleatoria, volatile, che mi appunterò circa solo dopo:

            I bimbi che colorando vanno fuori le righe potrebbero avere qualcosa in più piuttosto che qualcosa in meno.
Potrebbero solo avere qualcosa da esprimere. A modo loro!

Lasciamoglielo fare.


E penso ai ragazzini a scuola che imparano a tenere in mano le matite colorate e i pennarelli, e penso agli adulti, quelli maturi, che da loro pretendono di tenerli dentro certi schemi.
E penso che sia ben difficile fare i genitori. E si comincia anche da lì.

Arrivo alla mostra puntuale come previsto. Il treno. La passeggiata per le vie del centro. I miei ricordi di giornate diverse ma simili.
Entro sottovoce. Sono accolto da un ampio sorriso. E il chiostro è bellissimo.
Mi avvio sotto il porticato senza sapere esattamente cosa trovare. Un po’ sì ma io di arte e di quadri me ne intendo ben poco.
E sono proprio curioso di scoprire se mi scatta quell’empatia solo lontanamente simile a quella delle persone ammaliate dal tocco del pennello.
Sinceramente? Poco. Molto poco. Ma ci ho provato. In realtà tre quadri mi strappano lunghi sospiri, quindi forse qualcosa mi tocca. Certamente qualcosa mi tocca. Altrimenti non sarei alla mostra di Mele.
Mi segno alcuni nomi come La nebbia, Il prato e il cielo, L’onda, Paradiso, Non praevalebunt, Galassia, La tela grande grande, Albero spoglio nel cielo.
Certo che se manco di empatia così chissà cosa farei ne avessi un po’ di più…
Passeggio avanti e indietro alla ricerca di un momento.
Osservo turisti ignari entrare solo per fotografare il chiostro e alcune belle viste del campanile della chiesa.
E altri che estrano ed escono come nello stesso momento.
Poi prendo coraggio, io, io!, e mi presento a Claudia.
Le chiedo se mi può parlare un po’ di Mele e dei quadri e di come si è arrivati a Firenze con La vita dipinta di MELE.
Lei è gentilissima. Sorride. Forse imbarazzata. Conosco già robe e le condividiamo ma lei mi racconta qualcosa in più, di diverso da quel che ho già letto. I suoi occhi esprimono tutta la meraviglia che trasuda dalle tele e dalle parole lette e dal video che propone in sintesi come Mele esprime i suoi pensieri, e l’aiuto della mamma, e i colori ovunque. Dice che è per mostrare “come lavora” ma anche per di-mostrare agli scettici che davvero è Mele che pittura come può, mettendoci tutto se stesso.
Ormai sono senza parole.
Ormai è ora di uscire.
Scrivo il mio saluto nel libro delle presenze. E ne vengo ringraziato.

“Nove Maggio Duemilaquattordici
Bologna Firenze per Mele
Non capisco molto di arte. Conosco chi ne rimane affascinato. Io fatico ma ci provo.
I miei pensieri sono molteplici nell’osservare questa arte a me, forse, lontana. Penso all’artista a chi l’aiuta, al come, al quando. Penso che al perché non ci sia risposta giacché il caso non esiste e se tutto questo c’è il motivo lo fa Mele e lo facciamo noi qui in silenzio rispettosi e ammaliati.
Sono contento di avere dedicato tempo qui.”




E ora posso solo aggiungere DAVVERO.

2 commenti:

  1. Nel mio piccolo, ma molto piccolo rispetto all'immensità che rappresenta Mele, so cosa significa non saper stare dentro le righe colorando. Indirettamente, certo, ma la cosa mi riguarda da vicino, molto, direi che un mio prolungamento.
    Ma non sono i contorni di un disegno da colorare che definiscono una vita, perchè questa può essere vissuta al meglio e con serenità anche senza avvicinarsi troppo a quei contorni e a quei rigori che potevano rovinare la giovane vita di un miracolo.

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  2. In effetti, continuando il paragone, anche se potrebbe apparire azzardato, i bambini, ma non solo loro, dovrebbero imparare a disegnare.
    Da soli, in modo autonomo, imparare a tracciare quelle righe tutte loro, genuine, ideare quei contorni.
    O scegliere di non mettere i contorni e colorare liberamente.

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