martedì 13 gennaio 2015

Charlie è Brown e Chaplin

Sì veh! Che io lo voglia o no ho pensato per primi a loro. A un fumetto e a un genio della recitazione. E non ho la minima intenzione di giudicare o commentare il loro operato nei loro campi.
Che come tante cose non mi appartengono, e se anche ogni tanto di recente leggo gli Sturmtruppen o vado una volta di più al cinema o mi blocco davanti alla tv che trasmette un bel film, non sono certo in grado di dire è fatto bene o fatto male o.
Posso solo dire che mi piace o meno, che non capisco (??) o meno, che è difficile (per me!!) o meno. Ma non sono certo in grado di giudicare.
Perché, a sentire bene a destra e a manca, e a leggere quasi solo esclusivamente qui dentro dritto di fronte a me, ci sono tante persone che hanno giudicato.
Ma passo oltre, e mi limito a raccontare per quel che so e che posso, la mia idea.
Nell’immediato avevo pensato a Brown e Chaplin ma mi domandavo quasi vano, visto che non avevo ancora raccolta la notizia dai media, cosa mai certi miei contatti avessero a che vedere o fare con Charlie. E quale dei due?
Ecco che sono bastati un suggerimento ed alcuni clic posti nei punti giusti, ed è bastato abbassare il volume delle casse togliere il cd ed accendere la radio, che la notizia, la brutta notizia era arrivata anche a me.
Lì per lì mi sono pure chiesto come mai quei contatti scrivessero “io sono” e mi rispondevo senza rispondermi realmente che “io non sono” e che in realtà “io sono io”. E mi basta e avanza. Coi pregi e coi difetti.
Però l’accaduto ha del grave. Molto grave. E non solo nel senso di pesantezza.
Quindi, da me, nel mio piccolo, ho inteso a modo mio che cosa volesse dire “io sono” e cosa volesse dire impugnare una matita.
Matita fragile, lo si dice pure ai bimbi, che credono sia indistruttibile e invece no, che quel giorno era stata spezzata da un moto come minimo di prepotenza.
Quindi ho espresso, per quel che potevo, la mia opinione nel mezzo media che da qualche tempo mi accompagna un po’:

                        “Perché ho l’impressione che troppi stiano già parlando troppo?
                        Perplesso rimango in silenzio.”

 


Niente di che. Solo un’idea, tutta mia, che non ci stavo mica capendo molto.
Solo una roba era certa: quella libertà di opinione, peraltro discutibile, e di espressione, veniva lesa.
E a me che qui esprimo quello che penso e quello che sono, o credo di essere, è venuto a mancare qualcosa.
Ho immaginato se io scrivessi una qualsiasi opinione, mia, che andasse contro il pensiero di persone a me sconosciute personalmente, e se queste la prendessero male e non venissero da me a chiedere spiegazioni, o non andassero dalle autorità a chiedere di essere tutelati, come la metterei la questione?, dove rifugerei le mie parole che in qualche modo potrebbero aver leso loro?, come mi comporterei davanti ad “azioni” che non condivido?
Ecco. Questo, credo, mi è passato per la testa quella notte.

I giorni successivi sono stati colmi e stracolmi di commenti e opinioni. E credo di capirle tutte. Credo. Nel senso che credo abbiano ragione quelli che sono convinti che inneggiare “io sono” sia corretto, e credo che abbiano ragione anche quelli che non hanno voluto iscriversi al “io sono”.
Libertà di opinione prima di tutto.
Ma alla fine si deve andare oltre.
E’ stato un attentato. Violento. Che gli attentatori siano di su o di giù non importa.
E’ una violenza. E la violenza non va mai bene.
Lascio a chi è capace e o del mestiere capire indagare del perché e del per come sia accaduto ciò.
E sono certo sia molto limitativo tutto quello che è stato ipotizzato nei media in questi giorni.
Che le ragioni ben radicate sono altrove.
Che sono dove sono le motivazioni di tutte le guerre di questo mondo.

E sono là!, dove non c’è mediazione ma c’è arroganza, e arrivismo, dove non c’è dialogo ma solo voci gridate, e braccia (?) tese ad offendere.

La grande manifestazione del popolo è stata commovente.
Sin dal primo giorno, nonostante il concreto pericolo immediato, il popolo, le persone “normali”, le ho viste scendere per strada a chiedere di non offendere più, e a mostrare con la propria faccia la solidarietà personale alle vittime.
S’è fatto gruppo. Molto gruppo. E questa è cosa buona. Ma anche no.
Ed ho pure visto chi ha il potere (!!!??!!!), eccolo qui, dichiarare robe, commentare sdegnato, scendere in strada. Insieme, un sacco di potere tutto insieme.
MA sono per poche centinaia di metri. SOLO!
Perché quei ragazzi con le matite in mano ormai spezzate di metri ne hanno percorsi ben di più.
No, no. Troppi pochi quei metri. Mi dispiace non condivido.
Però, in effetti, s’è fatto gruppo. Molto gruppo. E questa è cosa buona. Ma anche no.

L’emozione di quelle immagini viste in tv, col vento a spazzare via le tensioni dei giorni passati, è stata invadente, positivamente invadente.

Ora, però, da buon cagacazzo quale sono, mi sorgono altre domande:
-       Tutte quelle persone, di potere o meno, avranno il coraggio singolarmente di impugnare davvero la propria matita?
-       Tutte quelle persone, di potere o meno, che si sono dichiarate “io sono”, si comporteranno vere per davvero?
-       Tutte quelle persone, di potere o meno, che hanno gridato all’ingiustizia, e sdegnate alla violenza, lo faranno anche ogni giorno a venire nel loro piccolo personale?
-       Il genitore educherà alla tolleranza, tutta la tolleranza, i propri figli?
-       L’educatore insegnerà ai giovani di ascoltare prima di pretendere parola?
E poi un’eco, così, giusto per ricordare che delle robe le avevano già dette, e le avevano già pensate, che per certi versi è sempre la solita storia…

Io non lo so chi c'ha ragione e chi no, se è una questione di etnia, di economia, oppure solo pazzia: difficile saperlo.
Quello che so è che non è fantasia e che nessuno c'ha ragione, e così sia, e pochi mesi ad un giro di boa per voi così moderno…
C'era una volta la mia vita, c'era una volta la mia casa, c'era una volta e voglio che sia ancora.
E voglio il nome di chi si impegna a fare i conti con la propria vergogna. Dormite pure voi che avete ancora sogni, sogni, sogni…
C'era una volta un aeroplano, un militare americano c'era una volta il gioco di un bambino.
E voglio i nomi di chi ha mentito di chi ha parlato di una guerra giusta, io non le lancio più le vostre sante bombe, bombe, bombe, bombe, BOMBE!
Io dico sì, dico si può sapere convivere, è dura già lo so, ma per questo il compromesso è la strada del mio crescere.
E dico sì al dialogo perché la pace è l'unica vittoria l'unico gesto in ogni senso che dà un peso al nostro vivere, vivere, vivere.
Io dico sì, dico si può, cercare pace è l'unica vittoria, l'unico gesto in ogni senso che darà forza al nostro vivere.
…da Il mio nome è mai più, LigaJovaPelù, 1999

Sul retro della confezione veniva scritto: “A pochi mesi dal "giro" di millennio la nostra cosiddetta società "civile"conta al proprio interno 51 guerre in corso. Allo stesso tempo essere contro la guerra
(qualsiasi guerra) sembra voler dire assumere una posizione politica. Be' vogliamo essere liberi di sentirci oltre qualsiasi posizione del genere affermando che, per noi, non ci sarà mai un motivo valido per nessuna guerra”. Luciano, Piero, Lorenzo.



E nessuno parla più dell’attentato al mercato di quei giorni, almeno così sembra…


1 commento:

  1. Le guerre ci sono state, si sono e ci saranno, purtroppo questa è la natura che l'uomo ha sempre mostrato.
    Possono cambiare le armi ma sono pur sempre guerre anche quelle finanziarie, politiche e giornalistiche.
    C'è chi le fa e chi le subisce e c'è stato chi ha provato di fermarle.
    Concordo con te che non ci sono parole o 'sono' o 'non sono' che possano commentare un evento di una tale portata. Ciò che conta sono i fatti.
    Il mio pensiero di fronte a tanta folla, più o meno di peso, è andato a tutti quei ragazzi che, facendo il giusto rumore senza telecamere e media a cui mostrarsi, hanno combattuto, credendoci, per riportare il mondo a una condizione migliore, per riportare la libertà nelle vite dei loro simili, mettendo a repentaglio la loro.
    Ora, di fronte a tanto voler apparire, tutti quegli sforzi e quelle vite mi sembrano state sprecate in vano in nome di una libertà ottenuta, fosse anche solo quella di un tratto di penna, che invece di difendere e sostenere abbiamo trasformato in individualismo, pregiudizio e dominio sul prossimo. Resto basita e continuo a rimanere da me.

    RispondiElimina