martedì 20 gennaio 2015

Rappresentazioni familiari, e quel che porti con te

Ho letto questo testo con apparente difficoltà, infatti spesso, girando le pagine e gli argomenti, mi sono trovato davvero contrariato, cioè per meglio esprimermi, proprio perplesso.
Credo di essere troppo sensibile davanti a certi argomenti, ne rimango affascinato, e mi interesso, che mi luccicano gli occhi, ma con la volontà di rimanerci lontano almeno un passo, una distanza di braccio, o forse più.
Mi è piaciuto indagare, e farmene un’idea, e ben sapendo che nemmeno chi pratica molto ci capisce tutto e del tutto, rimango comunque a una certa distanza, che non ho sentito di farmene prendere del tutto. Certo non disdegno l’ascolto, e o la partecipazione, ma sento ancora quell’alone di incredulità addosso, e per quanto mi senta avvolto dalla curiosità muovo passi timorosi, forse lacunosi, comunque uno alla volta, per alcuni troppo pochi (?), domandandomi sempre da quale punto sono partito e dove credo stia andando.
Fatto sta che sollecitato da alcune persone ho voluto leggere queste pagine. Dove ho trovato molto di buono e qualcosa di incerto, altro di poco interessante, altro ancora da indagare se le cose della vita girassero in un modo, e sempre col dubbio della domanda, che non sarà mai l’ultima, perché alla fine non posso e non voglio fermare il criceto che mi corre appresso.
Ora, cercando di fare ordine, il che è tutto dire, voglio appuntarmi come mi è consueto alcune robe, quelle più o meno mie, in merito alle Rappresentazioni Familiari, e altre costellazioni.

Gli argomenti sono molteplici, perché la famiglia di una persona si dice non sia esclusivamente quella in cui vive, prima coi genitori successivamente una propria altrove, giacché queste forme familiari assorbono anche l’origine propria, del e nel passato, dal più diretto al più remoto. Tuttavia per me la famiglia non è essenzialmente solo quella dell’anagrafe, che io già mi appunto prima di tutto gli amici, e non sto qui a esprimere la mia idea di amicizia.
Per le famiglie, comunque, viene spiegato che quando i genitori si macchiano di gravi colpe nei confronti dei figli, perdono i loro diritti di genitori. Si devono allontanare dai propri figli, e questi li devono lasciarli andare, e questo caso, per quanto essenziale e vero, nella vita di sempre non è semplice, né da parte dei genitori né tanto meno da parte dei figli. Mi sento coinvolto e toccato quando viene spiegato che i bimbi che non passano tempo coi genitori, e quanti ce ne sono?, sentono questa mancanza con frustrazione e abbandono e si immagina che questi, i bimbi, una volta grandi avranno difficoltà ad abbandonarsi in maniera completa all’amore per il proprio partner, vivendola con rabbia, (mica sempre vero!, e ne ho le prove). Si conclude spiegando che la rabbia è solo un surrogato: il vero sentimento è il bisogno di contatto con gli altri. Anche qui dissento, anche per esperienza personale, e mi domando quale possa essere l’eventuale componente di una coppia che non voglia il contatto?, cosa ci sia di più bello di un bell’abbraccio?, pieno di sentimento, per esempio; anzi la faccenda andrebbe vista anche fuori da una coppia, per esempio pensando all’abbraccio dei componenti di una squadra, sportiva o di lavoro che sia, un gruppo di amici, coi compagni di viaggio o di vacanza.
Si parla di amore, e di rapporto di coppia coi figli, e si spiega l’assumersi la responsabilità della propria vita, e il valore che le si dà. Tra la coppia, e tra le persone in genere più ampiamente osservando, viene espresso un concetto che mi piace tanto: noi stessi ci sentiamo insicuri, a volte feriamo gli altri o ne siamo feriti, e coraggiosamente continuiamo a provare. Perché è ormai certo che si deve sempre provare, e ancora e ancora, e non c’è altro da voler insegnare a chi deve capire.
Poi si espone che la felicità in una relazione dipende dal libero scambio tra il dare ed il ricevere. Uno scambio limitato produce un misero guadagno. Più lo scambio è vasto, più profonda è la felicità. Questo però ha un grosso svantaggio: lega ancora di più. Chi vuole la libertà deve dare e prendere solo in piccole quantità, e lasciarsi andare solo in maniera limitata. Prima parte da sottoscrivere. La seconda parte mooooooolto meno, “Chi vuole la libertà deve dare e prendere solo in piccole quantità, e lasciarsi andare solo in maniera limitata” a mio avviso è restrittivo ai massimi termini, se si parla d’amore non si devono trattare dei limiti, se si parla d’amore si dà, si scambia, nella speranza di ricevere: ecco lo scambio d’amore. Ciò non toglie quanto sia reale che si può dare solo quanto l’altro è disposto a ricevere, e per quando si è in grado di dare. Se si dà più di quanto l’altro sia pronto a ricevere, il partner si sentirà oppresso, sarà ancor meno disposto a dare e lo squilibrio risultante aumenterà sempre di più. Appunto, perché altrimenti si sbilancia il tutto, e se una roba si sbilancia poi cade, rotola, ed è un casino ritirarla su.
Molto educante che in un rapporto di coppia, anche se questo finisce, è importante che i due partner si rispettino. Questo rispetto è indispensabile dopo la separazione, specie se si hanno figli, altrimenti essi diventano vittime delle tensioni tra i genitori. Per esperienza personale, (fa te!). E volendo si dovrebbe essere in grado di dire certe robe, che spesso vengono pensate ma trattenute, che spesso si danno per scontate ma che non lo sono, tipo: “Ti ringrazio per quello che ho ricevuto da te. Puoi tenerti quello che hai ricevuto da me” e “Mi assumo la mia parte di responsabilità per il fallimento della nostra unione, e ti lascio la tua parte di responsabilità per questo fallimento”.
Come diceva una nonna: una noce non fa mai rumore da sola. Ecco. Perché altrimenti poi la persona che non riceve i pensieri e le parole poi se ne fa un’idea personale che spesso non rispecchia la realtà del pensiero dell’altro. Questo dovrebbe valere per tutti i gruppi di cui si fa parte, sportivi, lavorativi, di amicizia. Volendo, e riuscendo, si dovrebbe sempre dire la propria idea, il proprio pensiero. Volendo, riuscendo.
Si racconta anche che quando un figlio deve scegliere tra un genitore e l’altro, si trova di fronte ad un dilemma insolubile. Chi da bambino è stato costretto a farlo, da adulto troverà difficile prendere qualunque decisione. Infatti è vero, mai chiedere a un figlio di scegliere tra una o l’altro genitore, che è pure una domanda ignobile, giacché un figlio non sceglierà mai né l’uno né l’altra, finanche ad arrivare a scegliere se stesso. Il fatto che poi un figlio costretto a fare una scelta così avrà difficoltà nelle scelte della vita mi lascia perplesso, che io da buon cagadubbi mi chiedo non sia essenzialmente questa costrizione a causargli difficoltà future, proprio perché se si arriva a costringere a tale risposta un figlio non voglio immaginare quali altre costrizioni possano essere imposte.
Si espone che quando una persona è arrabbiata con un'altra vive una sorta di blocco e fino a quando sono arrabbiato non sento il dolore e la perdita. Solo quando lascio andare la rabbia e smetto di incolpare me stesso o l’altro, posso affrontare il dolore e la perdita. La verità è che l’arrabbiatura è già un punto di partenza sbagliato, quindi tutto quello che ne segue può essere problematico, quindi anche valutare e affrontare il dolore che si prova rimane un problema e il vuoto creato da un evento di contrasto risulta difficile.
E’ possibile che certi eventi intralcino il cammino di una coppia in modo mai apparente, fino a fare inciampare il cammino, e solo quando si chiarisce che c’è stato un aborto e i partner lo riconoscono, è possibile la riconciliazione. Che come tutte, dalle più alte alle più basse, dalle più grandi alle più piccine, le robe in una coppia vanno parlate spiegate e non trattenute, qualunque sia quell’argomento e qualunque cosa sarà dopo.
Mi piace molto il …chi segue la corrente non ne decide la direzione. Si limita a seguirla. E ci sono alcune domande che portano a una sorta di sentenza: in un rapporto se starò attento a certe cose otterrò certi risultati. Ma questa è già una specie di controllo che è in contraddizione con il concetto di relazione. Come dare torto a tanta verità?
Rimanendo in tema di relazioni, viene spiegato che uomo e donna sono diversi e pertanto non arriveranno mai a conoscersi completamente. Questo li affascina, ma li spaventa anche un po’. Chi ha paura può facilmente diventare aggressivo per difendersi. Certo, la paura porta o a mortificarsi in un angolo, o ad affrontare tutto con aggressione. Ma si dovrebbe trovare una formula dove la relazione non sia solo tra uomo e donna, ma anche diversamente tra adulto e bambino, tra colleghi, tra uomo e uomo o donna e donna, tra nonna e mamma, tra figlio e papà. Si dovrebbe. Che le relazioni sono ovunque.
Un’altra parentesi tra un lui e una lei è illustrata con quando tu e tua moglie vi siete decisi per la fecondazione artificiale tramite un altro uomo, il vostro matrimonio è finito. Era una conseguenza inevitabile. E a me nascono immagini eventuali, e sento addosso l’importanza di certe scelte, da non fare così tanto per così.
Viene raccontato che chi continua a respingere e reprimere un sentimento, crea una sgradevole tensione interiore, e che “nessun uomo è un’isola”, e dire “…tu sei uno di noi” a qualcuno che appartiene a un gruppo fa sentire questo qualcuno più sicuro di sé.
E’ toccante il passaggio L’amore che lega un bambino alla sua famiglia è immenso. Un bambino è pronto a sacrificare la propria vita senza esitazione, se ciò è necessario per la sua famiglia. Vuole appartenere ad essa con tutte le fibre del suo essere; pertanto, condivide il destino e il dolore degli altri membri della famiglia. Mi emoziono e mi rivedo quando ero piccolo ad osservare molto i grandi, in casa, a scuola, al parco, per la strada.
Viene trattato, ovviamente, il concetto dell’aldilà e dei propri defunti, che facenti parte dell’insieme famigliare portano la loro influenza nelle generazioni successive. A un certo punto mi domando “perché non siamo in grado di comunicare da soli in qualche modo coi nostri defunti?? Che cos’è allora l’andare al cimitero o osservare una foto-santino?”, proprio mentre si esalta il concetto e l’importanza sopracitati.
Ho avuto l’impressione che solo con la rappresentazione famigliare si possa avere un rapporto con chi, vero o no, mi ha influenzato anzi mi sta influenzando.
Allora mi sorgono un sacco di dubbi, che spesso rimangono lì. Ma nemmeno tanto.
Si dice che noi vogliamo consigli che ci guidino, e cerchiamo verità stabili. Nessuno ama l’incertezza ed il dubbio. Credo che dipenda dalle persone, molto dai punti di vista, e dalle occasioni, e dalle scelte che si fanno; ché ci sono luoghi e momenti che è viva l’incertezza, mette quel pepe che serve, mentre altri che è meglio evitarla. Come altre volte è tutto corretto, ma anche il contrario.
Allora mi sovviene che proprio perché si impone un punto di vista potrebbe non essere del tutto reale ciò che si vede o vive nelle rappresentazioni. Più o meno come quando si segue ciecamente una dottrina o una religione: se queste non accettano il mio dubbio, e le mie perplessità, le sento opprimenti e poco adatte.
Nelle rappresentazioni ci sono il partecipante e i rappresentanti, questi vivono le costellazioni in prima persona; viene puntualizzato, poi, che lo stesso partecipante potrebbe vedere, se solo volesse. La verità è scioccante solo per chi non desidera vedere la realtà.
E come tante realtà vorrei viverle, per quanto possibile, a modo mio.
E mi piace molto quando si specifica che io guardo sempre come se fosse la prima volta, perché la verità di un dato momento viene sostituita da quella del momento successivo. Quindi ha davvero ragione quel tipo che canta che vuole “che ogni attimo sia sempre meglio di quello passato”, ma questa è un’altra storia.
Rimango perplesso con “Questo o quello” è il principio su cui ci basiamo, NON “Sia questo, che quello”. Contraddirsi è proibito e considerato segno di debolezza di carattere…, non che non condivida, anzi, il principio espresso evita discussioni, prevede una scelta ben precisa, ma non sempre nella vita è la cosa giusta o migliore.
E la debolezza di carattere potrebbe non essere tutta legata alla contraddizione, potrebbe esserci ben altro sotto, o sopra.


Questi sono solo pochi appunti, le orecchie in basso nelle pagine, giacché in alto ce n’erano già, sono molte di più.
E molte sono anche le volte che mi sono fermato a riflettere su quanto appena letto, e su quanto della mia vita, prima, dopo e durante.
L’argomento è troppo complesso per essere eviscerato bene qui in mezzo alla rete.
Meglio leggere. Farsi un’idea. Partecipare. Farsi un’idea.
A me è capitato, ed ho provato a descriverla qui Costellazioni, la famiglia, gli appunti


Oggi di quei giorni ricordo nitide alcune immagini che tengo qui da me.
Se è vero che ero novello, è pur vero che so quello che sento, che se mi propongo solitamente è perché lo sento forte, che altrimenti meglio lasciare perdere e rimanere defilati.
Quindi non ho ancora capito, e non ho ancora digerito, per quale motivo la terapeuta mi abbia imposto una scelta di rappresentante, giacché io sentivo in un modo, come tante volte inspiegabile; mi sono sentito forzato, e quel lato della costellazione non mi è andata giù. E rimane lì. Non mi è sembrata mia, o non mia del tutto. E, rimanendo in tema di sensazioni e di sentire, non capisco come mai la terapeuta in seguito a una costellazione che non era la mia emettesse una sorta di verdetto guardando fisso negli occhi miei anziché la partecipante; dal mio punto di vista io non dovevo essere coinvolto, proprio perché la mia figura non era stata rappresentata; c’era rappresentato una sorta di generico, quindi il tutto si svolgeva in un indefinito e ipotetico mio io; e la distrazione, perché questa è stata, della terapeuta mi lascia il dubbio della domanda principale, iniziale e finale: chi mi garantisce che tutto sia svolto senza speculazioni, senza ingerenze, che tutto si svolga in maniera limpida e non limitata da punti di vista del tutto personali?
Io stesso all’inizio avevo una considerazione dei potenziali rappresentanti come me che alla fine era ben diversa. Alla fine non ero più vergine di loro. Quindi, assieme a tutto il buono che ho raccolto quel giorno, mi sono portato con me anche dei dubbi, e le mie solite perplessità.
Non voglio mica asserire che sia tutto sbagliato, ancorché io stesso ho rappresentato, e sentito, sentito forte, e ho pure sentito di essere me stesso tutto, di sentire di essere così e non in altro modo (e sono stato pure richiamato a posteriori), che certe robe le ho vissute in prima persona.

Rimango della mia idea. Sarà per poca convinzione, forse.
Con certe cose si deve andare cauti.
Però sono curioso. Molto.

E spero tanto non ci siano persone plagiate dall’argomento.
Lo spero davvero.

(tutto questo è pur solo quello che ho capito, sentito, assorbito, io. Niente di più)

Bertold Ulsamer, Senza radici non si vola - La terapia sistemica di Bert Hellinger, Ed. Crisalide (Collana di Psicologia)



1 commento:

  1. Molto bello quello che hai raccolto ed esposto. Invoglierebbe ad una lettura o ad un approfondimento. Anch'io tendo a rimanere distante da certe cose.Penso che chiunque di noi abbia i suoi bei dubbi sulla vita e che si va cercando costantemente una spiegazione su ciò che accade, nelle proprie o nelle altrui azioni. Già! Siamo alla continua ricerca di giustificativi o giustificazioni o di colpe!?!?!
    L'Amore poi, quello che a me piace scrivere con la A maiuscola, quello per il prossimo insomma, è e sarà sempre il cardine di ogni essere umano. Ho avuto già modo di dire, dalle mie parti, cos'è per me e indipendentemente da ciò che lo ha influenzato o lo influenza, resta qualcosa da dare e da ricevere senza pretese o aspettative, apertamente. Solo se entriamo in quest'ottica riusciremo veramente ad amare e ad essere amati. L'uomo però è sempre in piena contraddizione tra essere e avere. E allora è qui che entra in campo il famoso Fromm, che sostiene che l'avere è dato dalla necessità di sopravvivere e l'essere da quello di non stare solo. Questo almeno è quello che le mie reminiscenze scolastiche mi hanno lasciato, su un tema che allora mi annoiava proprio. Ciò che sposta l'ago della bilancia tra l'essere e l'avere è la società...appunto, il vivere, l'interagire tra gli uomini. Qui si aprirebbe un mondo, ma non è il mio campo e non mi ci metto. Basterebbe cercare di essere il più possibile sereni, accontentarsi di quel pò che si ha e che ci viene dato, amarsi e soprattutto sorridere....tanto, tantissimo.

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