lunedì 14 luglio 2014

Il tifo, lo sport, e altre distanze

Dài,
oggi scriviamo di sport, scriviamo di quel funzionamento sociale che tante volte viene detto “è una palestra di vita”.
Ma scriviamo anche di quello che non è.
A me non piace il tifo. Soprattutto un certo tipo di tifo.
Gli eccessi non vanno mai bene.

L’occasione è una partita di pallone, o calcio, o football.
L’occasione è una partita attesa come poche volte nella storia.
Gli spalti sono gremiti di entusiasmo felicità e buoni propositi in quanto i padroni di casa si sentono in grado di proseguire oltre, ed arrivare fino alla finale, sono certi di arrivare fino a vincere.
Gli spettatori tutti, quelli dei padroni di casa, che occupano quasi tutto lo stadio, sono un unico coro a incitare i propri giocatori in campo, cosicché si possa arrivare davvero fino in fondo.
Il coro sull’inno nazionale è da pelle d’oca: i giocatori in campo e tutto il pubblico possibile cantano a squarciagola; verso la fine, forse involontariamente,  la musica svanisce e rimane una unica grande voce a terminare le strofe.
Gli avversari sono ammutoliti, e se anche parlassero non si sentirebbe nulla, se anche provassero ad alzare educatamente la mano nessuno in quel momento si prenderebbe la briga di degnarli anche solo di uno sguardo. Oppure, semplicemente, non se ne curano più di tanto e proseguono la propria strada.
Per i primi minuti di gioco il coro del tifo, quello di casa, continua imperterrito e senza mai interruzioni.
Poi all’improvviso, nel bel mezzo di quel boato che sono la felicità e i canti dei tifosi locali, capita che gli ospiti facciano quello che devono, quello per il quale si sono presentati pronti pronti.
Segnano, esultano, si felicitano. E non si sentono.
Ma la storia sta cambiando.
Poco dopo, sempre con l’entusiasmo dei padroni di casa alle stelle, capita ancora che gli ospiti riescano nel gol, e la sensazione è che non abbiano alcuna difficoltà.
Lo stupore comincia ad aleggiare in campo, e pure gli spalti hanno gli occhi sbarrati ebeti.
E poi ancora gol, e poi gol, e poi ancora gol.
Basta poco meno di mezz’ora per cambiare la storia.

E’ un attimo eterno.
Non sai proprio mai cosa può esserci dopo.
Dopo un attimo. Dopo una curva.
Non lo sai mai.

Beh, la partita ora ha poca storia. Il risultato è di quelli da allibire. La facilità con la quale questo risultato è stato portato alle statistiche e alla memoria è impressionante.
Roba da non crederci.
Disperazione. Stupore. Drammi.
Sorrisi che si tramutano in smorfie con gli occhi gonfi e i magoni a legare i respiri.

Ed io che comincio a non capire.
Intendo al di là dell’aspetto sportivo, quello prettamente del risultato, che si capisce bene che è molto meritato.
Mi domando perché certi tipi di comportamenti.
Mi domando perché si arrivi a tanto.
I tifosi non sono forse tifosi?
Il dizionario online Hoepli dice che il TIFO è “passione sportiva, dimostrazione di sostegno e incoraggiamento tributato a squadre o personaggi del mondo dello sport”.
Quindi?
QUINDI??
QUINDI????

Perché, dopo quella mezz’ora assurda da una parte ed entusiasmante dall’altra, i tifosi hanno smesso di inneggiare di cantare e incitare?
Perché, dopo che i lo beniamini finanche eroi si sono ritrovati in mille difficoltà, i tifosi o ritenuti tali hanno smesso di sollecitare di sorridere di sorreggere?
Non è proprio in quei momenti che si dovrebbe stare vicini?
Non è proprio nei momenti di difficoltà che serve l’aiuto?
E il tifoso l’aiuto lo può dare solo in un modo: tifare.
Allora perché hanno smesso??
PERCHE’?
Cos’è forse non appariva più il carro dei vincitori sul quale salire quando le cose vanno bene?
Forse non c’erano più gli entusiasmi a sorreggere sorrisi?
Forse l’ipocrisia di andare e seguire il grande gruppo, o branco, o gregge, si è fatta palese sugli spalti?
Forse è proprio vero che è tutta una farsa?
Mah, rimango molto perplesso davanti a queste cose.
Quando poi sul finale della partita quelli che prima idolatravano tanto una parte si mettono a olèggiare l’altra, al di là dell’aspetto sportivo del riconoscere la bontà del gioco, mi è sembrata proprio un’offesa e un voltafaccia gabbana e tutto quello che si può voltare.
Voglio dire, si può entrare in uno stadio vestiti di un colore e SOLO perché le cose non girano nel modo giusto, che sia per demeriti propri o per lodi altrui non fa testo, cambiare il colore della maglia e addirittura rinnegarlo?? Si può fare una cosa così e poi mantenere la fiducia nello sport?
Non sarebbe stato meglio continuare a inneggiare i propri giocatori nonostante la pesante sconfitta e la pensante figuraccia?

No, non lo capisco proprio il tifo.
Arrivare a pensare che qualcuno sia un mito senza mantenere il minimo di lucidità è pericoloso.
E qui, in effetti, si tratta “solo” di sport.
Non voglio arrivare a pensare e ragionare cosa potrebbe fare l’uomo in caso di mito in altro ambito,
Anche perché è già capitato con danni enormi per l’umanità.

Rimango distante, molto, da certi modi da bar o da pub, da certi atteggiamenti da stadio, da certe parole urlate per futili motivi.
Rimango distante, qui vicino a me.

Tant’è.
Ora che tutto è terminato si può solo dire che tutto è meritato.
I padroni di casa sono stati sconfitti ancora, dimostrando la pochezza del gioco di squadra, quale è il gioco del pallone, (leggi, non è il tennis o lo sci alpino, non sei mai da solo in campo).
Quella sconfitta quindi è stata oltremodo meritata, e forse davvero ha fatto tornare a livello decente le mentalità di tanti.
Quegli avversari tanto cinici quanto capaci, alla fine, ce l’hanno fatta ed hanno vinto, non senza fatica, non senza rischiare di perdere, quella coppa che agognavano da più di vent’anni.

Alla fine, spesso, lo sport mette d’accordo tutto.

Alla fine, è stato bello vedere l’apertura del campo alle morose o mogli o bimbi o figli, che scalzi sul prato verde andavano ad accompagnare i propri giocatori propri verso la fine di quest’avventura.


E’ una di quelle cose che mi mancano di più.
Poche volte sono stato così come loro ieri sera.


E ora si gira pagina, ancora, come sempre.



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