E’
proprio vero!: ci sono giorni che sono più lunghi di un giorno.
E
io ne ho vissuto uno per davvero, dal vivo, sulla pelle.
Tutto
è nato perché mi piace un casino Lui, roba da sentirlo addosso sotto la buccia,
mi piacciono le sue parole, e le sue musiche, e sono certo che lo ricorderò non
solo per queste.
Sto
vivendo un periodo durante il quale me lo sento dentro per davvero, e non credo
che mi passerà tanto facilmente. Non so se sia un bene o se sia un male, non me
ne curo tanto, non posso farci altrimenti, quindi tant’è, senza troppe domande
e senza troppe pippe (anche se in realtà un poco di paranoia il mio carattere
me la infila sempre tra le tempie).
Avevo
già passato un momento del genere qualche anno fa, poi mi sono messo un poco da
parte, a modo mio, e certo raccogliendo ma mai in diretta, dal vero, con gli
occhi le orecchie e la carne e le percezioni.
Sono
partito alle 4 e 40 di sabato per tornare alle 9 e 45 di domenica.
Tutto
in apnea, tutto d’un fiato, tutto per me.
Eccolo
il giorno più lungo di un giorno.
Vissuto
in pieno, a braccia aperte, a petto nudo, sbottonato a quel che sarebbe stato.
Vissuto,
come è nato, come è finito, passo dopo passo chilometro dopo chilometro volto
dopo volto sole dopo sole foto dopo foto panino dopo panino birra dopo birra
acqua dopo acqua sorriso dopo sorriso sudore dopo sudore parole dopo parole
notte dopo notte luna dopo luna sguardo dopo sguardo colazione dopo colazione
viaggio dopo viaggio.
Infinito,
è stato un giorno infinito.
Memorabile,
roba che non l’ho ancora capito. Roba che ce ne sarà da scrivere…
Nel
mentre ho preso qualche appunto, giusto per non scordare nulla, sapendo bene
che nulla si potrà mai scordare.
App.:
Se sabato prossimo si presenta anche solo un minuto a petto nudo per me sarà la
fine del mondo non so se mi potrò riprendere, o se lo vorrò..
App.:
Lei è ancora alta lassù. Parto… Basta? Ho già i brividi!
App.:
Ero a Padova (sembra un attimo fa), prima vista sul sole rosso fuoco, ero a
palla tra palco e realtà..
App.:
A Pordenone per colazione..
App.:
Ora a Palmanova per un saluto lungo più di cinque anni..
App.:
Ora bianchetto, tra l’angoscia e il vino, appunto..
App.:
C’è già un sacco di gente in piazza, e io ho la sfregola..
App.:
Sono dentro.. J è
emozionante davvero, il parco, il caldo, è bellissimo.. Ora birra!
App.:
Al Parco della Lesa c’è un figame che altro che forchette..
App.:
Mi sa ce riposerò bene solo domani, e per fortuna è ventilato
App.:
Io! Praticamente in prima fila. Roba di transenne..
App.:
E Lei praticamente si è appena alzata..
App.:
Parto.. Ma la prendo comoda, mooooolto. Rimango in giro coi ragazzi..
App.:
Sono già in viaggio, ma mi fermo spesso
App.:
Questo concerto non è solo mio!
App.:
Sono arrivato bene. Ora non ci penso più..
App.:
Mi sono appena svegliato.. Vado a preparare la cena..
App.:
Ormai ho lavato tutto. Ora è rimasto un forte ricordo di roba vissuta bene, un
giorno più lungo di un giorno. Forse è meglio non perdere certe parole, sarebbe
davvero un peccato. Ho guidato tutta notte per vedere come andava a finire, non
mi era mai capitato..
Poi
mi è servita una settimana solo per capire che non ero più là, che ero a casa
per tornare alla realtà della vita che non sempre va come vorrei.
Non
voglio piangermi addosso, c’è da riprendersi del tutto, e continuare a
camminare.
Ciao
Luciano, alla prossima, per ora cerco di tenere botta, nei più probabili sensi.
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