martedì 14 agosto 2012

Mantova - Peschiera del Garda, una tranquilla giornata di agosto


Quando alle sei e quaranta siamo tutti e tre puntuali non ci credo ancora.
Stiamo caricando tre bici da montagna, in realtà due mountain bike e un cancello con le ruote, sulla mia auto per andare a pedalare una roba che tanto è tutta in piano… beh, quasi…
Dunque arriviamo presso il Castello S. Giorgio a Mantova puntualissimi, si parcheggia, ci si veste per bene come le fatiche previste prevedono, si scendono le bici sulla ciclabile che costeggia il lago di mezzo.
Giornata assolata ma non calda, cielo azzurro sopra ai caschi, solo due perché il terzo è troppo cocciuto per essere infilato, e c’è pure una leggera brezza sul lungo lago che non guasta per niente.
Si và, decisi come pompieri, cominciamo questi quaranta e più chilometri per il lago di Garda.
La prima parte è piacevole, molto. Siamo in sfregola tutti, chi con le parole chi con le pedalate, chi con le foto chi con le spiegazioni.
I cartelli ci portano sulla via senza troppa esitazione. Non si fa colazione in quanto in questo tratto non ci sono bar per l’uopo, e non abbiamo certo voglia di deviare dal percorso che è tutto curve e deviazioni e ombra di alberi o coltivazioni o orti o baracche o.
Ci si mette un’ora per bere il caffè, ed è troppo per noi che ci siamo alzati alle cinque.
Infatti si sbaglia caffè, cioè bar. Ce ne sono due a dieci metri di distanza, e noi si sceglie quello più lontano, quello vicino alla fontana, quello con meno persone. Sbagliato.. la pulizia non è un gran che, ma la mia pasta ripiena di cioccolato fuso si sposa benissimo col cappuccino, e chissenefrega se è appena stata teatro di una danza di mosche e mosconi, quello che non ammazza ingrassa…

Poco dopo aver ripreso la via verso nord, un piccolo incidente.
Un oggetto volante non identificato, volgarmente detto ufo, ha pensato bene di sbattere le proprie ali e i propri pungiglioni addosso alla mia bocca. Certo stavo parlando, ovviamente, strano, ma per fortuna ha urtato i denti, che fanno ancora male, e non è entrato oltre. Quel robo, non sappiamo cosa fosse, nessuno l’ha visto, non so forse un tafano o una vespa o un calabrone o l’ape maia o un moscone o un pedalò o un accidenti volante di medie dimensioni, tipo una mosca troppo sarebbe troppo piccola e un gabbiano troppo grande. Capisco benissimo che mi sta pizzicando ovunque tra i contorcimenti delle sue aluccie che sbattono a manetta sul mio labbro. Subito freno, metto giù i piedi e porto la mano alla bocca lo prendo con le dita e lo sbatto a terra e sputando pure un pochino. Nel mentre chiamo subito i ragazzi della banda che mi guardano quasi increduli. Poi arriva in mio soccorso l’ammoniaca (e io penso cosa cazzo ci fa in giro con l’ammoniaca?, cosa deve pulire?), ovvero un tubetto verde della Vape, lo stesso che si dà ai bimbi dopo le punture delle zanzare. Indico la zona del misfatto, che è piuttosto interna in effetti, vengo spalmato bene, molto bene, e per mezz’ora sputo roba profumata alla citronella o qualcosa così.
Si gonfia, ovviamente, un casino, lo sento subito lavorare bene. Porto pazienza, anche coi ragazzi che cominciano a chiamarmi buana.


Si arriva dunque a Borghetto, che passeggiamo tranquilli e beati, rilassando muscoli e fatiche. E’ una splendida nicchia lasciata alle sue dimensioni, almeno la parte attorno all’isola.

Si riprende la via, faticando un po’. Ma la nostra voglia di arrivare supera anche queste difficoltà. Si comincia a incrociare molte più persone, a ridosso del lago ormai c’è molto più turismo.
Finalmente si arriva a Peschiera, ed è davvero un trionfo, una soddisfazione come poche altre.
Ci dirigiamo subito verso la nostra vera meta, il bagno nel lago. E così facciamo, poco, ma lo facciamo.
Ora rilassiamo i muscoli e i pensieri, tendiamo la pelle sotto il sole vivibile dell’una del pomeriggio, la giornata è splendida, e così dovrà rimanere.

Si mangia alla buona, e si riparte, che altrimenti si fa tardi, e c’è un giardino da tagliarci l’erba…
Il rientro è con una sola sosta, a metà strada, ed è un errore. Cioè, non è un errore, ma la discesa che speravamo (?) di trovare è rimasta utopia, e i chilometri si sono fatti sentire bene.
Io sono crollato sotto le fatiche di questi giorni che ancora mi porto addosso nelle ossa e in altro.
I ragazzi della banda pazientemente evitano di lasciarmi solo e ogni tanto rallentano il ritmo, che cari. Non ci sono state crisi di crampi o robe del genere, semplicemente ognuno aveva il proprio ritmo, e ci siamo rispettati a modo. E mi è piaciuto.

Alla fine, finalmente, si arriva ai novanta e rotti chilometri totali, col culo a pezzi e male alle giunture delle ginocchia, delle anche, e di posti di cui non conoscevamo l’esistenza.
Alla fine, forse, per noi questa è stata la nostra olimpiade, e io sono contento del mio bronzo, e sono contento di aver almeno partecipato. Davvero.
Grazie Negri, grazie Chiappa. Alla prossima. Sono certo che prima o poi ci sarà.

Nessun commento:

Posta un commento