Strapazzati alla prima, schiaffeggiati alla seconda, ormai fuori alla terza, sono certo che venderanno cara la pelle, proprio con noi. Ma tant'è.
Ieri sera i verdi d'Irlanda perdevano quattro a zero dai campioni del mondo e d'europa, dunque rispettato in tutti i modi il pronostico. Apparentemente tutto normale. Quindi ormai fuori dai giochi calcistici europei.
A cinque minuti dalla fine sono divenuti sempre più presenti e rumorosi i cori intonati dagli spalti.
La mia pelle d'oca si è increspata sulla schiena e in ogni lembo di pelle.
Gente in arancio bianco e verde, gente truccata a strisce, gente vestita come i folletti dei boschi celtici. Gente orgogliosa, rispettosa, gente sportiva, che sa di rugby, gente seria, concreta alla vita. Gente a volte ubriaca di guinness o della prima pinta di birra sul bancone del pub, gente avvolgente che volendo ti vuole bene, gente simpatica amata da tanti.
Nonostante la pesante sconfitta e l'eliminazione certa, gente a cantare fino alla fine, sempre, a squarciagola per la propria squadra per la propria nazione, gente che ci sta, che c'è sempre, e comunque c'è, la trovi sempre lì, dove credi che debba essere.
Io non la conosco, non ci parlo, solo raccolgo opinioni in radio o per il digitale, raccolgo parole lette in pubblicazioni dedicate, raccolgo immagini in panorama mozzafiato, foto di verde di scogliere e di pioggia.
Io non conosco perché non sono mai stato, ma ho ascoltato chi c'è stato.
Credo, dunque, di intendere e di capire quei tifosi sugli spalti polacchi a cantare sempre di più, fino all'ultimo.
E allora, io, per quanto mi è possibile, tifo per il quadrifoglio verde irlandese.
E non ce n'è per nessuno.
Ciao Dublino, chissà, un giorno, forse, atterrerò lì.
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