martedì 26 giugno 2012

TENGO BOTTA AL CONCERTO PER L’EMILIA


Erano appena passate le quattro del mattino, c’è chi canta che a quell’ora c’è l’angoscia e un po’ di vino.
Dormivo ma ero vigile, non so perché. Qualcuno o qualcosa o qualchenonloso mi ha preso di peso e mi ha alzato in piedi. Non ho pensato, non mi sono domandato. Ho capito subito, sapevo già quello che era. Due passi e poi le braccia allungate a raccogliere il miracolo che dormiva beato, la signora altrettanto col piccolo. Il rumore assordante sui muri alle finestre sul pavimento, il suono improvviso imperterrito dello scacciapensieri cinese appeso all’ingressino. Due passi, un inchino ad accucciarsi sotto l’architrave dell’ingresso, abbracciati ai miracoli nel tentativo di proteggerli, accovacciati a difenderli in un modo che non conoscevo. Alla domanda perché facessimo così solo una risposta è stata data, vera, diretta, è il terremoto che ci sveglia stamattina quando è ancora buio.
Lui non aveva inteso bene cosa volesse dire sentirsi scuotere dentro e sotto i piedi perché lui fortuna sua vive in un luogo lontano a sufficienza per non sentire nulla o poco e niente. Lui ha soltanto solo ascoltato i nostri discorsi, miei che l’ho vissuta da meno vicino, e di altri che l’hanno sentita per bene, che hanno visto la propria casa muoversi e dondolare, che avevano già cominciato a dormire in auto o in tenda o. Eravamo appena arrivati nel capannone del nostro terzista per controllare un sacco di roba. Giusto il tempo di entrare bene nell’angolo lontano dall’uscita. Forte il boato è giunto da fuori, sul coperto del capannone, sugli scaffali di metallo a stridere tra loro, sul pavimento grigio di cemento non più immobile. I nostri occhi sbarrati sull’inconsapevolezza, il suo viso teso nel cuore leso da un timore ancora sconosciuto, i nostri passi a scappare da qualcosa di avvolgente.
Stavo pranzando da solo, guardando le notizie di quel martedì mattina, ancor più pesante della domenica precedente. Il mobilio a tremare tutto, i trofei a suonare l’allarme nel loro incessante ticchettio lassù in alto, il lampadario a scuotersi dalla polvere degli anni, il pavimento a ondulare sotto i piedi. L’ho proprio vissuta in diretta tv, niente da dire. Chino sotto di me a raccogliere le forze e muovere quei muscoli per spingere i passi davanti a me.
E vaffanculo! Non vincerai tremore di terra tanto amata! Voglio che la mia vita continui!
Provo a lavare i piatti, le mani nel secchiaio, ma la cucina riprende a muoversi come pochi minuti prima, in un tempo infinito lungo forse una vita.
La consapevolezza di essere fortunato. Il cuore che batte aritmie oscure.
Orecchie tese ad ascoltare il mondo. Rumori amplificati da sensazioni di impotenza.
La possibilità di poterne parlare in modo forse sereno.
La fatalità delle cose che ancora lambisce la mia vita. La voglia di meritarmi quello che passa da me.
Ieri sera sono stato emozionato da uno stadio pieno, da persone consce dei propri pensieri, da vento fresco ad accompagnare tanta buona musica.
L’emozione di stare in compagnia, riconoscere musicisti su e giù dal palco, vedere volti felici, ascoltare racconti toccanti.
Sigarette accese sui miei pensieri profondi, lasciando correre il criceto della mente in modo sempre più frenetico.
La fatica di una serata in solidarietà che non riempirà mai il vuoto della mia mancanza di volontariato. E non riempirà mai quel vuoto che i miei conterranei hanno dentro e che avranno dentro e che nessuno saprà mai quando sarà colmato.
Io, oggi, mi sento fortunato, voglio sentirmi fortunato, non voglio lamentarmi delle mie condizioni, non voglio lamentarmi di quello che non ho e di quello che non riesco.
Vorrei solo riuscire a meritarmi quel che c’è già qui da me.
Vorrei serenità per quella gente tanto poco lontana da me.
Ciao ragazzi, rimanete in giro, teniamo botta insieme.

2 commenti:

  1. Ho vissuto per circa un mese in tenda, sfollata per scelta, cercando di proteggere i più piccoli da qualcosa di troppo grande per noi. Abbiamo scoperto la gioia di vivere in una grande famiglia allargata, anche chi burbero, allargarsi non vorrebbe mai. Abbiamo lasciato che il tempo venisse scandito dal sole e dalla luna e non da televisione e orologi. Lui ha fatto crollare case ma ha rafforzato cuori. Lui, quello che fa tremare la terra, probabilmente è ancora lì dietro l'angolo, ma ci siamo anche NOI!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Hai ragione, è sempre lì, c’è sempre stato, e sempre ci sarà!
      Ci siamo e dobbiamo esserci, soprattutto per loro.
      Ci si deve mantenere sempre pronti, si deve sempre tenere botta per davvero, finché ce né, che a riposarci ci penseremo poi.
      Dài allora, un giorno dopo l’altro!

      Elimina