domenica 29 giugno 2014

Nuovi termini

Dovrebbe essere festa oggi.
Dovrebbe essere una giornata spensierata tra parenti amici, tra riposo e passioni, tra gite e sedute al bar.
Verosimilmente oziando nel tempo in attesa dell’arrivo del nuovo inizio settimana.
Beh, qui, circa.
Fortuna che ci sono loro ad animare gli attimi che si susseguono, che ogni attimo è diverso da quello prima, che quello dopo è diverso da quello deciso un attimo prima, appunto.
Però, in effetti, ci sono pensieri.
E uno in particolare attanaglia quel po’ di coscienza che mi rimane, giusto perché il rischio è di trovarsi davvero a mangiare poco e male, e la fine del mese sempre più in là.
La settimana scorsa mi è giunto all’orecchio un termine nuovo, in uno di quei modi che l’italiano di oggi europeizzato e globalizzato ama fare sempre più spesso.
Allora io mi sono domandato come mai si faccia sempre più spesso in questo modo, come se parlare e scrivere in italiano sia sminuente mentre scrivere e parlare in un linguaggio alto-economico-locato sia da élite e da persone fin troppo per bene.
Oppure è solo per pigrizia?
Rimango nel dubbio, anche se la mia risposta l’ho già ben chiara, qui in quella coscienza un po’ così.
Però me la sono segnata, come piace fare a me che è un po’ prendere in giro quel modo di utilizzare il linguaggio e quel modo di sentirsi sopra le persone che apparentemente sono un po’ più sotto:
il termine in questione è GNUCO’, dove il significato va ritrovato nell’anglofono “new company”, cioè nell’italiano “nuova impresa” intesa come nuova società produttiva. Quindi nel mio modo di ascoltare dire e leggere tale nuovo termine c’è pure l’apostrofo a indicare l’abbreviazione di parola.

Ecco allora che oggi, che dovrebbe essere festa, che fuori il cielo è grigio e non azzurro soleggiato come l’altro ieri, ogni tanto la Gnuco’ che dovrebbe salvare i nostri culi riecheggia tra le membra, e allora il sorriso è di quelli malinconici di chi spera che domani sarà qualcosa di diverso da due giorni fa.
E poi mi domando, sempre oggi che non è due giorni fa e che non è domani: come si fa a fidarsi di una persona che dice una roba e un attimo dopo te la risvolta come un calzino e un attimo dopo ha pretese indicibili e modi improponibili?

Bene.
Questo è proprio un in divenire. Come spesso.
Quindi alla prossima davvero!


martedì 24 giugno 2014

Questo fine settimana così lungo

Oggi ormai è martedì e qui al borgo si festeggia il santo che dovrebbe proteggere e che forse lo fa per davvero. Tant’è che le vie si sono animate di ogni sorta di spettacolo o attrazione o per più di tre giorni. Oggi tutto è smontato ma la gente affolla lo stesso le vie.
E al risveglio di stamattina è stata proprio una bella sensazione.
Tutto, però, era cominciato venerdì scorso, quando ero per le vie della calda Bologna a presenziare una protesta ormai priva di acuti, ormai priva di quegli stimoli che la Zia vive ancora nel sangue che scorre, e che i nostri nonni avevano perché non avevano. Faceva caldo e i fischi erano rari, i pensieri molti, le parole apparentemente inutili troppe.
Poi fu la volta di una sorta di delusione, coi miracoli che non raccoglievano bene, e voglia di andare oltre quello che si può trovare in un pub in certe occasioni. Nel mio angolo ho bevuto la mia birra e mangiato le mie patatine.
A sera inoltrata erano le carni crude di pesci giapponesi, il riso, il wasabi e soprattutto il self service che hanno riempito gli occhi. Belle cose. Volendo da ripetere.
Il giorno dopo è stato come di preparazione e di attesa, tanto che il pomeriggio è arrivato quasi improvviso, tanto che la partenza per una serata cominciata presto è stata un pelo in ritardo. Ma nulla ha impedito l’appuntamento alla presentazione di quel libro che contiene anche un po’ di me. Il parcheggio è stato fortunato quanto cercato. I passi, ho scoperto successivamente, sono stati seguiti. I saluti come sempre sono stato calorosi, i sorrisi ampi, e gli sguardi inesauribili. La moderatrice singolare ha accompagnato le parole a spiegare quelle pagine per oltre un’ora, la musica, buona e fatta bene, ha intervallato le risposte alle domande alle introduzione alle declamazioni. Veramente particolare.
E prima e mentre e dopo sono stato felice di incontrare la Manu, Claudia, Silvia, e Giulia, e la compagnia al seguito. E Robbi che mi ha spinto alle spalle finanche con lo sguardo. E Claudia, tornata appena dal mare, con ancora la valigia lì, che è passata ad assistere una roba che non conosceva, che mi ha fatto felice solo perché mi ha cercata, mia ha ascoltato, mi ha letto. Lei è lei, è andata via prima per la sua strada, come solo lei sa fare. Bellissima.
Poi è stata una notte bianca mai vissuta prima. Poi è stata la presentazione sul palco con scritta luminosa ben evidente. Poi è stata la lettura di alcune lettere a certi compagni che sono stati assenti. Peccato per la distanza tra le sedie del pubblico, alla fine abbastanza numeroso, e il palco; peccato per l’ora troppo presto e la luce del sole troppo ancora accesa sulla via. Per la prossima. Però Chiara se l'è giocata bene.
Poi è stata una pizzata che non pareva dovesse arrivare, che non pareva nemmeno dovesse esserci, che non era in programma nulla per la cena se non qualcosa creato al volo dalle occasioni che ci passano accanto.
E ho salutato molto molto volentieri Gaia, che era un pezzo che non la vedevo, che avevo proprio voglia di abbracciarla, lei le sue idee e i suo così pochi anni. Siamo stati in cinque, in realtà sei, a passeggiare, finalmente, fino alla pizzeria. E fortuna che s’è potuto scegliere il tavolo tv così da osservare quasi vagamente ma nemmeno troppo quel che capitava alla partita in tv, appunto. Tutto bene. Ma lunghi. Molto lunghi.
E io che volevo il bianco della notte. E io che volevo raggiungere altri amici. E io che volevo osservare la notte per le vie del borgo.
E così ho fatto. Mi sono fatto trasportare dalla musica. E dagli amici che avevano anche loro voglia di salutare qualcuno. E abbiamo salutato insieme Gaia.
E io poi, non ho fatto come avevo premesso, e mi sono presentato, e ho salutato, finalmente dopo due anni, Chimena. E io che ero contento. E io che volevo scambiare quattro parole. E io che.
Poi è stato che mi sono arrampicato sulle transenne per salutare Pietro che ha ricambiato col suo bel sorrisone abbracciante.
Poi è stato un cd che una volta non volevo ma che certe strofe ascoltate mi hanno fatto cambiare idea.
Poi è stata Antonella a prendermi le spalle e a dirmi che c’era anche lei. E mi ha detto anche più o meno perché si trovasse lì a quell’ora con un’amica. E io a raccontarle di una firma recente che sa di molto molto molto.
Poi sono stati i saluti stanchi, ormai per l’ora giunta, agli amici del libro. Poi sono stati i saluti alla gelateria.
Poi sono tornato ad ascoltare Pietro, e a guardare la gente che ballava la sua musica, fin sui cubi che l’organizzazione ha costretto a scendere per via della sicurezza sparita.
Poi ho parlato per quasi un’ora con Chimena, che mi ha raccontato di sé aprendosi un sacco, che ho cercato di raccontare quel poco di me, di quello che capita, di quello che sto vivendo. Ci siamo scambiati un poco le parole. S’è passeggiato e parlato fino alla chiusura, forse apparente, della festa e della notte bianca che non ho ancora capito perché.
Mi è proprio piaciuto.
Mi sono proprio caricato di roba buona. Positiva. Sorrisi abbracci saluti amicizie passi applausi bevute mangiate odori colori parrucche musiche strofe abbracci.
In tutto questo non sono riuscito ad andare da Elisa Alessandra e Daniele, che stavano vivendo un bellissimo giorno, ma mi sono fatto sentire e vedere a modo mio. E so che lo capiscono, capiranno. E so che ci racconteremo le nostre storie con il solito rispetto e le reciproche libertà.
Poi sono tornato qui al borgo che era ancora in festa. Ho mangiato e bevuto troppo. Ho dormito troppo. Non mi sono ripreso del tutto.
E sono tornato nel mondo, che apparentemente sembra più reale. Ma non ne sono troppo certo.
Poi è stata una pizza davanti a una partita insulsa, ma prima di parole da togliere il fiato. L’amico in questione è di quelli particolari, è di quelli che fanno e che non dicono, è di quelli che prima di dire ci pensano ma quando dicono dicono per bene. E’ di quelli del massimo rispetto. Forse proprio per queste diversità che ci vediamo tra noi ma che in effetti sono quelle che ci tengono qui. La proposta ricevuta è di quelle che non puoi lasciare passare così, come aria dalla finestra. Questa è roba seria. Questa è roba che c’è da riflettere bene.
Ma un passo alla volta tutto si farà, come la pelle quando sposti appena il piede.
Poi è stata una visita fin troppo veloce. Poi è stata la visita ricercata, che è risultata liscia e un’altra ci sarà.
Poi. Poi. Poi.
Ora sono qui.
E me la vivo come riesco, come posso.
Con tutto quello che ho da fare, che c’è da fare, non posso che fare una roba alla volta, cercando di non scordare nulla e dimenticare niente e nessuno. Che non me lo perdonerei.
E ora, sinceramente, vivo a modo mio pure sta partita di questi milionari che vestono l’azzurro di savoia, che non tifo ma osservo guardo, che a me non cambia nulla.

E ora davvero alla prossima…