In
effetti, oggi, che tanto tempo è passato da quei tempi, quello che mi frega è
quel bastardo del divano che con i suoi tentacoli mi lavora i fianchi e le mie
volontà, e quando ci si mette davvero, non c’è nulla che mi permetta di non
farmi rapire tra le sue grinfie e tutto è rimandato a più tardi.
Quanto
più tardi nessuno mai può saperlo.
Quando
leggo della concreta presenza di respiro leggero e di fronte sgombera e di
palpebre lisce e di una somiglianza a un libro mai aperto ho un sussulto e un
magone stretto giunge da giù là dove dovrei riuscire a respirare. C’è un ultimo
istante di un’infanzia che inesorabilmente non tornerà più. E penso al mio al
quale ancora rimango attaccato, e penso al loro che ancora non so se sarà
definitivo o labile come il mio. E’ la prima piega delle pagine che subito mi erano
piaciute.
Cammina,
gli piace camminare, mantenere certi ritmi pacati ma decisi, cammina e propone
la propria camminata. E capisce che forse un percorso valido, anzi il percorso
valido, è opposto, è accettare o valutare la camminata di altri, almeno prima
di imporre la propria.
E forse
è quello che tutti da sempre, da che si era anche solo un minimo sdraiati,
avremmo voluto ricevere da chi ci guardava dall’alto forse con troppa
supponenza.
C’è
una catena che si spezza, sempre, tra chi ha un’età e chi invece non ce l’ha
ancora. Io ho avuto delle catene ancora vive, ma fatte diversamente, ed ho
avuto catene che nemmeno ho mai considerato; così saranno le mie, certamente
alcune delle mie, e spero di essere capace di accorgermi di accettare la
rottura dell’ultimo anello.
E spero
anche che si continui a sentire certi
rumori, tipo quelli delle stagioni, che cambiano e fuggono come il tempo.
Così è
la vita, ovviamente, e prima ce ne accorgiamo e meglio è per tutti, per loro
per noi e per quelli che li accompagnano forse più di noi.
E’
inutile, conosciamo delle persone, perché tali sono fin dal primo istante, e
non smetteremo mai di scoprire robe nuove, e non le conosceremo mai abbastanza,
ed hanno un destino, loro, tutto loro, che fugge come il tempo e non rimarrà
mai nelle mani di nessuno.
Noi come
loro avevamo davanti gente da detronizzare, da portare all’esaltazione per poi
condannarli senza possibilità di ripiego. Loro faranno lo stesso con noi. Noi si
voleva raccogliere tutte le esperienze possibili per avere la possibilità di
scegliere la nostra strada. Loro, forse, hanno già tanto e tutto pronto che la
strada la sceglieranno a priori, forse. Noi si ha paura di perdere l’occasione,
o un biglietto d’ingresso. Loro, lo spero, il biglietto d’invito, volendo, se nessun
altro vorrà coinvolgerli, lo faranno da sé, almeno spero.
C’è
una macchina del tempo con ingranaggi che faticano a girare se quello che
dovrebbe venire dopo quello che ora c’è e sta per andarsene non è lì pronto a
sostituirlo per davvero. Altrimenti quel tempo che fa girare tutti i meccanismi
che sono tra le persone, quella macchina che gira con le regole del tempo, si
fermerà un istante e la macchina e i suoi meccanismi prenderanno una forma
diversa, di quanto non si sa, di certo non sarà più la stessa roba, in giro per
il mondo ci sarà qualcosa che prima non
si era mai visto.
Il
caffè, in realtà, e ne ho prove recenti, si prende quando si vuole, non è detto
che sia per forza dopo.
E’ ben
espressa l’esigenza dello scorrere delle parole, in entrambi i sensi, tra le
persone. Soprattutto tra persone così distanti, all’apparenza.
E ci
sono pitture che smolleranno tutte contemporaneamente, non è una giustificazione,
ma una pura realtà.
C’è
ancora chi sceglie liberamente per sé, da solo a prendere il sole, quando il
tempo è bello per fumare e guardare le nuvole. Non sembra, forse, ma c’è poesia
in tutto questo.
La realtà
delle cose, di chi c’è già e di chi ci arriverà, o di chi ci sta arrivando, è
che verrà a mancare il movimento in giro per il mondo come se il mondo fosse tuo, e mancherà l’aria e mancherà il
respiro. E ti mancherai a te stesso. Non c’è che dire.
C’è
uno specchio davanti a tutte le persone, che lo vogliano o no. E quello
specchio, che è davanti a tutte le persone, continuerà a riflettere, imperterrito, la luce del mondo.
Sarà
una bella morte se si riuscirà a essere contenti che gli uccellini
continueranno, imperterriti, a cinguettare sui rami dell’albero appena fuori
dalla finestra, nel mondo di fuori.
E’
vero, se c’è una tesi, da una parte c’è senz’altro un’antitesi, e tra loro, in
un punto del mondo spesso sconosciuto per sempre, c’è una sintesi. E questa non
è una cazzata.
Eccola,
allora, la camminata. Ed ecco che ci si accorge di non avere mai posto la
questione dal punto di vista corretto per entrambe le parti, di non aver mai
posto la domanda corretta. Ecco.
In un
rapporto che è fatto dalla natura, dove tutto è uguale ma tutto è in mutamento,
ci sono alcune robe che si comprendono solo in certi momenti, attimi precisi di
un tempo che non ti aspetta. E allora è dunque una certezza che mica sempre non
si è pronti e non si vuole, e altre per forza di cose non si può, sempre e
comunque non ci sono cazzi e si deve. Si deve sempre, fino all’ultimo attimo.
Giacché
loro, a un certo punto, non ci sentiranno più, e gli altri con altre esperienze
sulle spalle, li accompagneranno per gli ultimi tratti del sentiero. Poi,
oltre, le strade si divideranno, per forza.
Pagine:
20, 25, 32, 39, 47, 54, 70, 78, 92, 98, 101, 108.
Gli
sdraiati, di Michele Serra, Ed. Feltrinelli “I Narratori”
Devo ammettere
che ci sono dei punti durante i quali ho faticato a proseguire, ma col senno di
poi credo sia stato più un problema del lettore che della produzione dello
scrittore, e ci mancherebbe.
Dei
tratti dove mi sono visto in entrambi i panni. Altri nei quali ho sorriso
beffardamente, e altri che hanno fatto riflettere.
Proprio
come uno specchio davanti al mondo.
Il ruolo del padre è quello più difficile in assoluto,
ma chi può dire di provare a svolgerlo al meglio,
è già una persona fortunata perché ha assistito almeno
ad un miracolo.
P.S.: buona vita!!!!
I
miracoli esistono.
Punto.
Immagino che per quanto scrivi e per quanto ho avuto occasione di intravedere, tenendo per pochi istanti il libro tra le mani in libreria, si tratti dei nostri figli e del nostro rapporto dall' alto in basso con loro. Credo invece che gli sdraiati siamo tutti quelli figli degli anni 80 in poi da quando non ci sono più state guerre da combattere o piazze in cui manifestare per un futuro migliore. Ci siamo sdraiati sui mezzi di comunicazione di massa, sui social network, sulla rete e sugli smartphone. Non usciamo più di casa senza avere un mostro in tasca, frequentiamo amici anche senza vederli, parliamo con loro senza aprire bocca e sopratutto pensiamo così di averne tanti solo perché ogni giorno cresce il numero dei contatti. Poi abbiamo la pretesa che i nostri figli si alzino dal divano ma per andare dove? Abbiamo la possibilità di poter cambiare le cose ma non esercitiamo nemmeno il nostro diritto perché non ci crediamo più, perché è meglio criticare poi chi verrà senza nemmeno aver scelto. Spero che gli sdraiati di oggi possano essere uomini e donne migliori di quel domani così incerto e nebuloso. Quindi davvero buona vita a tutti.
RispondiEliminaQuello che scrivi è corretto.
RispondiEliminaCi sono quelli che si lamentano seduti sul divano p.e., che non votano seduti sul divano p.e., che manifestano seduti sul divano p.e., che fanno sport guardandolo alla tv seduti sul divano p.e., che non escono se non per profitto personale, o poco altro.
Ma credo siano sdraiati diversi.
Credo che gli sdraiati narrati da Michele siano proprio di un'altra generazione, peraltro il rapporto è descritto in modo piuttosto personale.
Esiste una sorta di conflitto tra le generazioni, dove quella che ha vissuto di più pretende di insegnare troppo a quella che ha vissuto di meno che pretende di non aver nulla da imparare.
Come tante robe la verità sta in mezzo, spesso basta solo avere il coraggio di osservarla e di darle il giusto peso.
Come tante volte è vero tutto ed è vero niente.
Il più è provarci.
Come tante volte ci si deve confrontare sempre, trovare una reciprocità, qualsiasi sia l'età o il modo del rapporto tra le persone.
Buona vita a tutti, sì.