venerdì 24 gennaio 2014

Era il suo Momento

Qualche settimana fa ero nel bel mezzo di uno stress notevole, con ansia, poco sonno, molta stanchezza, e tutti i pensieri accartocciati tra i nodi di un pettine che tirava e che non smetteva muovendo i ciuffi dove meglio voleva il vento, e senza l’aiuto artificioso di creme o saponi particolari.
Tutta roba naturale come il resto, del resto.
In quel bel mezzo era necessario staccare la mente almeno nelle letture notturne, quelle che solitamente conciliano il sonno, quelle che ti accompagnano da morfeo con la consapevolezza che il giorno dopo il sole avrebbe comunque fatto capolino tra le imposte, e il giorno si sarebbe mosso a braccetto col tempo come sempre.
Per sempre, vanno a braccetto per sempre, e da sempre, sono ormai settimane che sento domandare “cosa sarà mai portarvi (ti) dentro solo tutto il tempo per sempre”, e non è mica roba da poco, e non c’è da scherzare, c’è da stare attenti, che ci sono istanti e attimi che rimangono piantati lì eternamente, e siamo noi a decidere per loro, loro possono solo accadere, e anche loro, secondo me, credono “vedrai che ce la faremo!”
Al che ho scrollato la polvere da vecchi libri accatastati più o meno alla rinfusa. Ne è uscito uno all’apparenza goliardico se non ironico, comico assai, una roba da zelig, da battuta fine e da sorridere in una riflessione che non fosse in uno specchio.
Mi venne regalato per non so quale ricorrenza ma non lo avevo nemmeno mai sfogliato un minimo profondamente. Quale occasione migliore. Avrei potuto chiudere un cerchio, in un momento, era il suo Momento, quello Catartico. Così ho fatto, ho letto le parole di Flavio, sorridendo e sfogliando velocemente.
A parte qualche occasione.
Perché comunque qualche orecchia alle pagine le ho piegate.
E qui le riporto, giusto per capirci ancora un po’.

Pag. 14: Se succede tutto questo e tu riesci a mantenere la calma mentre tutti attorno a te hanno perso la testa… Forse non ha capito bene che cazzo sta succedendo.
            Ed in effetti, a rifletterci bene, con lo specchio stavolta, è proprio vero.

Pag. 117: I comici sono spiriti liberi. Essere comico non significa fare il deficiente. Il cervello vispo distingue tra “comico” e “ridicolo”. La grandezza del cuore del comico è seconda solo a quella del suo fegato. Orari sballati, vita disordinata… il comico vive di notte, respira sigarette e vita continuamente, si nutre di emozioni e fast-food, si abbevera alla fonte del sorriso e alle “spine” del pub, si rinfranca con l’applauso e con una grappa. Il fegato, ironicamente, ringrazia. Il mondo da cui emerge il comico è l’universo di tutti…
            Ed in effetti, l’universo di tutti avvolge tutti, e tutti sono partecipi dell’universo, riuscire a starci come spiriti liberi è da ridere come comici, come il fegato per i pensieri.

Pag. 118.119: In un mondo così è necessario impegnarsi a ridere. Altrimenti si soccombe. Qui si capisce l’importanza dei comici. Di fronte alle difficoltà della vita, davanti alle incazzature che essa determina, o diventi violento o ridi. Il comico preferisce la seconda ipotesi. Il comico è un enzima che mette in moto un processo di trasformazione dell’energia: l’esistenza ci carica di energia negativa (lo stress)? Bene! Noi la restituiamo a noi stessi sotto forma di energia positiva (la risata)! La risata è energia pulita, ed è destinata a crescere perché il mondo diventa sempre più insopportabile. Ridere, sempre, dovunque, comunque: ogni lasciata è persa. Il comico non sopporta la stupidità del mondo, ma nutre nel contempo un grande rispetto per le cose positive (non c’è solo fango!!). S’incazza e reagisce. E’ un angelo ribelle che vola in alto per sputare sul mondo che l’ha generato. Ridere degli stupidi, ridere dello stupido che è dentro di noi, ridere di tutto e di tutti, senza pietà, senza mezze misure. Però bisogna farlo con stile, elegantemente, quasi con rispetto. Il comico, il vero comico mantiene sempre la sua purezza, non è spinto da cattiveria, ma dall’istinto di sopravvivenza. Gli angeli sono ribelli, ma restano angeli. La loro forza è sovrumana e il loro candore irriverente li spinge a additare gli scempi la pubblico ludibrio. Il vero comico riuscirebbe a far ridere Dio con una bestemmia… è solo questione di tempi comici e Dio, che è padrone del tempo, queste cose le sa (ma d’altronde Lui sa tutto…). Il comico si dà da fare, il comico ha un sacco di compiti per il lunedì.
            Ed in effetti, in mezzo a quell’universo di tutti, riuscire a trovarci una via positiva non è da poco, riuscire a volare sopra le cose nonostante i piedi per terra, sempre guardando oltre, avanti, col sorriso. Tipo quello del sole. Tipo quello del lunedì e la sua fortuna.

Pag. 121: Io, quand’ero giovane amavo molto il mito dei supereroi, storie, le più fantastiche, con Batman, l’Uomo Ragno e Superman. Ma ci sono uomini con lo stesso concentrato di energia, veri guerrieri indomiti che ci colpiscono la fantasia. Paolo, un nome semplice, numero undici, la maglia del Torino, Paolo, là nell’arena, un cuore grande e un grande fiuto per il gol. C’era la dinamite in quelle leve che correvano veloci e tutti lo rispettavano e lo temevano e di dicevano…
            Ed in effetti, i meglio super eroi sono in mezzo a quell’universo, sono tutti quelli che sorridono alle sventure, sono quelli che non aspettano gli aiuti, che se c’è da fare fanno, senza attendere una compagnia che forse non è voluta, sono quelli che con la propria energia e forza vanno avanti. E a osservarli ammirati sono solo quelli con gli occhi puri che guardano il vero e sentono la vita in un attimo apparentemente inutile.

Il momento è catartico, di Flavio Oreglio, ed. Mondadori, 2002
E se, in effetti, catartico vuol dire purificatorio e o liberatorio…


Nota importante di quel mio momento in quel bel mezzo: in effetti, come dice Sandra, non si dovrebbero leggere i libri senza una sana matita in mano.

Da ricordarlo sempre.

lunedì 6 gennaio 2014

Io, un ex sdraiato, quasi

In effetti, oggi, che tanto tempo è passato da quei tempi, quello che mi frega è quel bastardo del divano che con i suoi tentacoli mi lavora i fianchi e le mie volontà, e quando ci si mette davvero, non c’è nulla che mi permetta di non farmi rapire tra le sue grinfie e tutto è rimandato a più tardi.
Quanto più tardi nessuno mai può saperlo.
Quando leggo della concreta presenza di respiro leggero e di fronte sgombera e di palpebre lisce e di una somiglianza a un libro mai aperto ho un sussulto e un magone stretto giunge da giù là dove dovrei riuscire a respirare. C’è un ultimo istante di un’infanzia che inesorabilmente non tornerà più. E penso al mio al quale ancora rimango attaccato, e penso al loro che ancora non so se sarà definitivo o labile come il mio. E’ la prima piega delle pagine che subito mi erano piaciute.
Cammina, gli piace camminare, mantenere certi ritmi pacati ma decisi, cammina e propone la propria camminata. E capisce che forse un percorso valido, anzi il percorso valido, è opposto, è accettare o valutare la camminata di altri, almeno prima di imporre la propria.
E forse è quello che tutti da sempre, da che si era anche solo un minimo sdraiati, avremmo voluto ricevere da chi ci guardava dall’alto forse con troppa supponenza.
C’è una catena che si spezza, sempre, tra chi ha un’età e chi invece non ce l’ha ancora. Io ho avuto delle catene ancora vive, ma fatte diversamente, ed ho avuto catene che nemmeno ho mai considerato; così saranno le mie, certamente alcune delle mie, e spero di essere capace di accorgermi di accettare la rottura dell’ultimo anello.
E spero anche che si continui a sentire certi rumori, tipo quelli delle stagioni, che cambiano e fuggono come il tempo.
Così è la vita, ovviamente, e prima ce ne accorgiamo e meglio è per tutti, per loro per noi e per quelli che li accompagnano forse più di noi.
E’ inutile, conosciamo delle persone, perché tali sono fin dal primo istante, e non smetteremo mai di scoprire robe nuove, e non le conosceremo mai abbastanza, ed hanno un destino, loro, tutto loro, che fugge come il tempo e non rimarrà mai nelle mani di nessuno.
Noi come loro avevamo davanti gente da detronizzare, da portare all’esaltazione per poi condannarli senza possibilità di ripiego. Loro faranno lo stesso con noi. Noi si voleva raccogliere tutte le esperienze possibili per avere la possibilità di scegliere la nostra strada. Loro, forse, hanno già tanto e tutto pronto che la strada la sceglieranno a priori, forse. Noi si ha paura di perdere l’occasione, o un biglietto d’ingresso. Loro, lo spero, il biglietto d’invito, volendo, se nessun altro vorrà coinvolgerli, lo faranno da sé, almeno spero.
C’è una macchina del tempo con ingranaggi che faticano a girare se quello che dovrebbe venire dopo quello che ora c’è e sta per andarsene non è lì pronto a sostituirlo per davvero. Altrimenti quel tempo che fa girare tutti i meccanismi che sono tra le persone, quella macchina che gira con le regole del tempo, si fermerà un istante e la macchina e i suoi meccanismi prenderanno una forma diversa, di quanto non si sa, di certo non sarà più la stessa roba, in giro per il mondo ci sarà qualcosa che prima non si era mai visto.
Il caffè, in realtà, e ne ho prove recenti, si prende quando si vuole, non è detto che sia per forza dopo.
E’ ben espressa l’esigenza dello scorrere delle parole, in entrambi i sensi, tra le persone. Soprattutto tra persone così distanti, all’apparenza.
E ci sono pitture che smolleranno tutte contemporaneamente, non è una giustificazione, ma una pura realtà.
C’è ancora chi sceglie liberamente per sé, da solo a prendere il sole, quando il tempo è bello per fumare e guardare le nuvole. Non sembra, forse, ma c’è poesia in tutto questo.
La realtà delle cose, di chi c’è già e di chi ci arriverà, o di chi ci sta arrivando, è che verrà a mancare il movimento in giro per il mondo come se il mondo fosse tuo, e mancherà l’aria e mancherà il respiro. E ti mancherai a te stesso. Non c’è che dire.
C’è uno specchio davanti a tutte le persone, che lo vogliano o no. E quello specchio, che è davanti a tutte le persone, continuerà a riflettere, imperterrito, la luce del mondo.
Sarà una bella morte se si riuscirà a essere contenti che gli uccellini continueranno, imperterriti, a cinguettare sui rami dell’albero appena fuori dalla finestra, nel mondo di fuori.
E’ vero, se c’è una tesi, da una parte c’è senz’altro un’antitesi, e tra loro, in un punto del mondo spesso sconosciuto per sempre, c’è una sintesi. E questa non è una cazzata.
Eccola, allora, la camminata. Ed ecco che ci si accorge di non avere mai posto la questione dal punto di vista corretto per entrambe le parti, di non aver mai posto la domanda corretta. Ecco.
In un rapporto che è fatto dalla natura, dove tutto è uguale ma tutto è in mutamento, ci sono alcune robe che si comprendono solo in certi momenti, attimi precisi di un tempo che non ti aspetta. E allora è dunque una certezza che mica sempre non si è pronti e non si vuole, e altre per forza di cose non si può, sempre e comunque non ci sono cazzi e si deve. Si deve sempre, fino all’ultimo attimo.
Giacché loro, a un certo punto, non ci sentiranno più, e gli altri con altre esperienze sulle spalle, li accompagneranno per gli ultimi tratti del sentiero. Poi, oltre, le strade si divideranno, per forza.

Pagine: 20, 25, 32, 39, 47, 54, 70, 78, 92, 98, 101, 108.

Gli sdraiati, di Michele Serra, Ed. Feltrinelli “I Narratori”



Devo ammettere che ci sono dei punti durante i quali ho faticato a proseguire, ma col senno di poi credo sia stato più un problema del lettore che della produzione dello scrittore, e ci mancherebbe.
Dei tratti dove mi sono visto in entrambi i panni. Altri nei quali ho sorriso beffardamente, e altri che hanno fatto riflettere.
Proprio come uno specchio davanti al mondo.

Il ruolo del padre è quello più difficile in assoluto,
ma chi può dire di provare a svolgerlo al meglio,
è già una persona fortunata perché ha assistito almeno ad un miracolo.
P.S.: buona vita!!!!


I miracoli esistono.
Punto.
 

domenica 5 gennaio 2014

I voli di farfalle

Oggi sono passate già abbastanza ore per poter rileggere col giusto tono parole arrivate qualche giorno fa, e che erano rimaste lì, come mi capita ogni tanto, pronte per essere rilette in una condizione meno deprecabile.
Parla del prossimo anno, che è già cominciato, e di quelli a venire, e chissà di quanti altri tempi, attimi, momenti, ore, mesi, periodi, giorni.

Speriamo sia pieno di voli di farfalle, parole scritte, impronte a lasciare segni di passaggi sinceri, porte aperte sul mondo che aspetta e perché no petali di timidi fiori pronti ad accoglierti, per poter condividere gioie e dolori, rimpianti e rimorsi, musi e risate e tutto quello che l’amicizia mostrerà.


Ecco, questo lo proporrei a quel barista all’apparenza tanto scorbutico.