lunedì 10 settembre 2012

Quest’anno, anno di olimpiadi


Ieri sera ho visto terminare le Olimpiadi di Londra. Già, proprio ieri sera, che era già ben settembre.
Le avevo viste cominciare a luglio, con una cerimonia mica da ridere, un sacco di rumore e un’enormità di colori a raccontare la storia di una nazione e forsanche di più. Pure la Regina in persona si era disturbata per presenziare, arrivando a lanciarsi col paracadute per non fare tardi all’appuntamento.
Poi, da quel giorno, pochi sono stati i giorni di assenza di sport alla mia tv. Distrattamente ho assistito a un sacco di sport, felicitandomi per i nostri colori issati sul pennone più alto.
Poi, a settembre, quindi nemmeno troppi giorni fa, ho cominciato a imbattermi in emozioni che ho riscoperto molto volentieri, ho visto i sacrifici di tanti atleti, persone solitamente oppresse da pensieri di vita molto importanti hanno liberato la loro voglia di vita nelle piscine nelle piste e nei campi da gioco.
Ma io, che certe cose le penso a modo mio, non capisco perché le chiamino paralimpiadi. Non capisco perché tengano differenti le due manifestazioni. In fondo, a guardarci, le piscine erano le stesse, le piste erano le stesse, i prati erano gli stessi. Le categorie differenziavano diversi tipi di difficoltà, niente di più.
Non capisco perché non se ne possa giocare un’unica intera grande che possa abbracciare tutti gli atleti.
Se i burocrati, i dirigenti, avessero anche solo un minimo ricevuto quello che ho ricevuto io in merito alle emozioni, se avessero un minimo di coglioni, le prossime sarebbero davvero da giocare tutti insieme, con i sorrisi nei visi di atleti contenti di partecipare.
Ieri sera ho visto finire le Olimpiadi, è stata una bellissima cerimonia di chiusura, sono contento abbiano salutato i “game maker”, così vicini agli atleti, i coldplay hanno suonato a dovere, e balletti hanno riempito i prati, i colori gli spalti, e le buone speranze, spero, gli animi delle persone.
Bello, alla prossima, su quella spiaggia calda…

giovedì 6 settembre 2012

Com’è difficile ammazzare qualcuno


Recentemente mi sono imbattuto in viedogiochigratisinrete tra i quali sono apparsi pure i cecchini. 
Ce n’è di ogni tipo. Dal duello texano nel saloon all’appostamento in quartieri da guerra civile. Ci sono quelli disegnati per bene e quelli molto stilizzati. 
Tutti, ma tutti, ma proprio tutti, hanno una roba in comune, a parte il videogiocatoresingolosparatore intendo: mostrano sangue, schizzi, o chiazze, pezzi di carne esplosa, spaccata. 
Credo che ci voglia un poco di pelo nello stomaco per giocare a questi videogamesgratisinrete. E io, lo ammetto, un poco ce l'ho. ma ho anche ben presente qual è la realtà. 
Al che mi domando se tutti i ragazzi, o uomini, che si arruolano negli eserciti sappiano davvero quello che poi avranno di fronte. Cavolo, dopo le esercitazioni, sarà il loro mestiere. Lo sanno davvero cosa vuol dire sparare a qualcuno non per legittima difesa? E mi domando le persone che impugnano un’arma, sia bianca nera o a fuoco o a elastico, automatica o manuale, domando, lo sanno cosa provocano a chi hanno di fronte?, perché la malvagità umana, mi vien da pensare l’ignoranza umana, porta le persone a offendersi così violentemente?, dov’è quel volere superiore che porta un’arma alla mano?
Qualcuno sa cos’è il dolore di una morte ammazzata?, sa cos’è il trauma e il dolore di una ferita mutilante?, qualcuno ha mai sentito, e non ascoltato, le grida strazianti di chi abbraccia il figlio ammazzato per sbaglio?, qualcuno ha mai messo orecchio e non solo quello sui lamenti angosciosi del ferito che non si rende nemmeno conto di quello che gli è capitato?
Eh? Qualcuno se lo chiede mai? Qualcuno si pone mai queste domande?
Certo, sono ingenuo, quando si raffigurano gli antenati nei primi disegni dell’asilo hanno sempre la clava impugnata nella mano destra (?!), e sarà certamente per via della caccia al cinghiale e al mammut, o per darla in testa o sulla schiena al nemico di caverna. Quindi, come si dice al bar, è dalla notte dei tempi che l’uomo ammazza l’uomo.
Ma questa non voglio che sia una giustificazione, è una benemerita stronzata!
Nella notte dei tempi l’uomo trovava rifugio nelle grotte e non avevano nemmeno una porta per chiuderle, oggi l’uomo e il suo progresso hanno costruito grattacieli, case interrate, oggi l’uomo viaggia nei mari più profondi e nello spazio infinito.
L’uomo è cresciuto solo fuori e non dentro. E sta malissimo. E non è una stronzata!!
A volte per chiudere gli occhi serve o basta una puntura, mi piace chiamarla così piuttosto che iniezione, al momento opportuno, quando le sofferenze sono troppe, per lui e per te che vivi con lui. A volte certe scelte sono dure e importanti che non ti fanno nemmeno pensare. Che se poi pensi troppo dopo non ti ritrovi più.
Un calmante, forte. Un antidolorifico, forte. Una puntura.
Te che lo guardi fino alla fine. Te che decidi di rimanere con lui fino alla fine, rispondendo con un cenno del capo alla domanda della dottoressa. Te che ripassi tutte le foto che hai in mente. Te che sorridi per respirare meglio, come il migliore dei principi. Te che sai che serve che devi essere forte non solo per te. Te che ti senti pronto anche se non lo sai. Te che pensi che in fondo anche questa sia la vita. Come l’hai vista cominciare pensi che la possa vedere finire.
E’ un attimo. Lungo, ma è un attimo.
Cinque minuti dopo sei fuori ad ammalarti dell’aria dell’alba delle sei del mattino.
Non è facile ammazzare qualcuno. Ne sono certo.
Quando una persona ne vede un’altra, molto seria, dovrebbe evitare di domandare scherzosamente, giusto per sdrammatizzare, “che ti è successo?, ti è morto il gatto?”, potrebbe non essere la domanda migliore da porre.
Ciao Pepecito, detto Pepe, per tutti Pepe, ora riposa, divertiti, e corri nei prati che più ti piacciono.