domenica 19 dicembre 2021

AndràTuttoBene

Bene.

Sta finendo l’anno, con tutto quello che vuole dire, con tutto quello che si porta appresso, tipo il rimorchio che ognuno ha.

Dicono che quasi due anni fa sia cominciato il nuovo, quello che saremo dopo tutto questo tempo.

Quello che sta ancora accadendo ci ha attraversato dentro, fin dove nemmeno noi possiamo sapere bene.

L’inizio era stato improvviso e incerto.

Subito si lasciava trapelare l’impossibilità nelle certezze.

Repentinamente tutte le sicurezze che si conosceva erano svanite nel nulla, nei discorsi governativi, nei decreti, e nell’ignoranza. Vagamente, ci era stato detto che stava arrivando prepotente una roba sconosciuta e potenzialmente mortale.

Presto erano apparse le prime reazioni.

Si potevano vedere esclusivamente tramite i media, le radio le tv le reti le applicazioni.

Presto era detto comune la frase “Andrà tutto bene”, che sintetizzava abbastanza bene gli umori e i timori e le speranze e le azioni e i ragionamenti.

A me era piaciuta quella frase. Era densa si speranza. Credo.

Erano piene le piazze e le finestre. E i media diffondevano panico e ragionamento.

Poi ne lessi un’altra, a una tipica finestra, “Andrà bene sto cazzo”.

In effetti, non sta andando tutto bene.

Presto si sera detto che dopo tutto questo “saremo tutti più buoni”.

In verità, io, dopo tutto questo tempo, non ho visto persone più buone.

Ho visto che chi lo era già lo è ancora, con tante fatiche, ho visto chi lo era crollare sotto pesi personali, hi visto anche chi non lo era già peggiorare approfittando del momento, e ho visto chi non lo era essere schiacciato da sé stesso.

 

Bene.

Oggi che sta finendo l’anno cerco solo di essere me, di fare quello che dico, di pensare quello che faccio.

Ci provo.

Al meglio delle mie possibilità.

Tengo botta, come dice anche mio cugino.

 

Poi, presto, gireranno pagine diverse, tutte da scrivere.

 

Ps: se circa due anni fa tutti si fosse stati zitti forse, forse, forse, sarebbe tutto finito. Quasi.

 

mercoledì 25 luglio 2018

No, Non è Francesca


In queste lente sere di fine luglio le vie del centro brulicano di disinteressati anziani non ancora svenuti sotto l'afa e di sbarbate e sbarbati non ancora patentati costretti ad aree limitate dal tiro dello sguardo supervisore.
Ecco, tutto d'un fiato, quello che si può respirare per le vie del borgo, quando tanti sono nelle campagne alle feste ed i più fortunati sono in località di riposo, divertimento o di studio.
Questa sera, realmente poco fa, ho assistito a una classica scena adolescenziale e o post scolastica.
Trattasi del classico gruppetto di amici, un po' di braga anche se corta, e un po' di gonna anche se corta.
Sette o otto elementi, non di più.
Come tanti alla loro età, sprovvisti della patente e dei mezzi per orizzonti più lontani, passeggiano cazzeggiano, danno libero sfogo all'ignoranza ormonale, senza temere nulla del futuro che li aspetta, senza consapevolezza alcuna del mondo che gira intorno.
Come in tanti gruppetti del genere, tipo quelli da muretto o da panchina, c'è sempre il galletto che deve fare sempre lo sborone; che attenzione, non è l'alfa del gruppo, è solo quello sfigato che lì per lì all'apparenza e all'occhio ignorante (senza offesa) sembra prevalere, per parola modi e atteggiamenti, sugli altri, tanto da arrivare sempre a seguire l'altro, il vero alfa.
Come tanti galletti, anche questa sera, quasi poco fa, si è voluto mettere in mostra.
Ora, sinceramente, il vero dialogo non l'ho sentito bene, proprio perchè non ascoltavo i loro ormoni per la via, tuttavia dovrebbe aver fatto circa così:
Galletto: Grande Franci... bella la tua bici... proprio da signora... fammela provare dai...
Francesca: Non fare il cretino che è di mia madre...
Galletto: Ma dai... cosa vuoi che sia... tua madre non lo saprà mai...
Francesca: Dai però... insomma... c'ho pure litigato...
Galletto: Oh ma va di brutto... basta un colpo al pedale che prende già...
Francesca: Eh?... cioè?... smettila va la...
Galletto: Dopo... aspetta un attimo... veh che impenno...
Francesca: No no, dai... no no, non lo fare... che poi chi lo dice...
Rumore assordante fastidioso categorico imprescindibile di parafango strisciato sull'asfalto.
Galletto: Vacca... che pedalata... hai visto?
Francesca: Dai smettila e dammi qua... ora mia madre chi la sente?... uffa...
E il gruppetto, chi a piedi chi in bicicletta, torna al suo girovagare.
No, Non è Francesca ad avere la colpa.
Non è colpa sua se quel ragazzo non l'ha ascoltata.
No, Non è Francesca ad non avere detto no.
Non è colpa sua se quel ragazzo ben conosciuto non ha ascoltato il suo no.
No, Non è Frascesca a dover essere messa sul banco degli imputati.
Quel rumore assordante fastidioso categorico imprescindibile non si scorda facilmente.
Ecco, ho la speranza che Francesca, dovesse ricapitarle una forzatura del genere, riesca a dire no in modo convincente, cosicché anche i galletti ormonedeviati possano intendere.
Tipo andando per una strada diversa.
Tipo con un calcio dove al galletto duolerebbe.

Perché certi no vanno ascoltati.
Sempre.

No, Non è Francesca ad avere colpe. Spero sua mamma lo possa comprendere.

venerdì 27 ottobre 2017

Ipocrisie del Natale

Qualche mese fa mi è capitato sottomano un quaderno di scuola media.
Il legittimo proprietario lo aveva lasciato incustodito e la mia curiosità aveva vinto al cospetto del rispetto e dello spazio da lasciare a certe età che stanno crescendo.
Il legittimo proprietario, undicenne, non è minimamente a conoscenza di quello provato leggendo quanto trovato.
Diversi appunti, diversamente ordinati, molti testi di canzoni. Argomento il Natale.
La mia idea in merito è emersa in pochi attimi.
Il Natale è una festa di parte, esageratamente sfruttata dalla società, almeno da questa parte.
Crederci o meno è o dovrebbe essere una libera scelta.
Quanto ci gira attorno, invece, spesso, non lo è.
Giacché la società stessa viene abbracciata vorticosamente dalle mille sfaccettature che la festa e il periodo in sé portano appresso, e non c'è modo (?) di evitarlo.
Tornando alle canzoni, e ai testi di queste, una in particolare mi è rimasta impressa.
Non ne ricordo l'autore, e nemmeno il titolo, tuttavia immagino possa essere A Natale puoi, ma fischiettandola un poco mi sono ben accorto di averla ascoltata pure in qualche pubblicità, se non anche in altre “versioni” dove la musica e la melodia rimangono immutati mentre il testo cambia in merito all'autore, appunto.

Bene quanto segue è quanto ho trovato. Lo riporto così.
La mia idea in merito si racchiude molto compiutamente nella parola ipocrisia.
A ogni strofa, o quasi, mi monta la polemica con la domanda “beh?, solo in quel momento?”
Non ci credo. Non voglio credere che si possa pensare e vivere come racconta il testo.
E voglio sperare che la mente di quel ragazzo di undici anni, e di chi come lui, non sia stata confusa in maniera ipocrita, appunto.
La speranza è che i ragazzi di undici anni abbiano la mente sgombra così da pensare liberamente...

A Natale puoi fare quello che non puoi fare mai, a Natale puoi...
A Natale puoi ripartire da zero e star vicino alle persone che ami per davvero e non importa il regalo ma il pensiero, se è un amico vero basta un abbraccio sincero.
A Natale puoi regalare un bacio, il suo calore potrà sciogliere anche il ghiaccio, vedrai non lo dimenticherai perché ti farà battere il cuore come non lo ha fatto mai.
A Natale puoi aiutare chi ne ha bisogno, a volte serve poco per regalare un sogno. A Natale puoi dare il meglio di te per fare sorridere che è il regalo più bello che c'è.
A Natale puoi ricordare chi se n'è andato e sentir la sua mancanza pensando a un Natale passato.
Tanti auguri a voi che siete lassù, buon Natale agli angeli del cielo blu. E' Natale e a Natale si può fare di più, è Natale e a Natale si può amare di più, è Natale e a Natale si può fare di più per noi.
A Natale puoi...
A Natale puoi decidere di cambiare e perdonare chi ti ha fatto del male
A Natale puoi fermarti a pensare
A Natale puoi sperare e immaginare un mondo in cui ogni uomo è uguale, dove la pace in ogni luogo della terra è reale, e pregare per chi in questo momento si trova in difficoltà, augurare a chi ha meno fortuna tanta felicità e a chi è solo di trovare la sua metà, quella che ti dà ogni giorno serenità perché quando hai un amico al tuo fianco sparisce ogni lacrima e cancella ogni pianto.
A Natale puoi stare insieme.
A Natale puoi dire ti voglio bene.
A Natale puoi prenderla per mano, guardarla negli occhi e dirle ti amo.
E' Natale e a Natale si può fare di più.
E' Natale e a Natale si può amare di più.
E' Natale e a Natale si può fare di più, per noi.
A Natale puoi...
A Natale puoi fare quello che non fai mai.
A Natale puoi dire quello che non dici mai, puoi regalare tutto l'amore che hai perchè...
E' Natale e a Natale si può fare di più.
E' Natale e a Natale si può amare di più.
E' Natale e a Natale si può fare di più, per noi.
A Natale puoi...

Quindi? Domando, solo a Natale?
Meglio passare oltre.

E parlare ai ragazzi di undici anni.

martedì 24 ottobre 2017

Ce la faremo

Come tante altre volte sono le canzoni ad arrivare dove serve.
E non me ne voglia chi crede che le canzoni, o la musica, o il rock, siano solo di un certo tipo, che siano solo fatte o scritte in un dato modo prestabilito.
Peraltro, le canzoni, o le musiche, o il tutto insieme, arrivano sempre lì, e lì rimangono che tu lo voglia o no.
E non importa a niente e nessuno, e nemmeno a loro ovviamente, se il tempo che passa e che non si ferma te le fa ascoltare e sentire in modo diverso.
Giacché nulla conta se quella prima volta, quando la radio che passa te le aveva infilate lì, tu eri diverso da quello che poi saresti stato, tanto loro non sono mai cambiate.
Può cambiare, a volte, chi le canta e chi le suona, tuttavia come diceva Bruno “delle vostre canzoni vi potete fidare.”
Ecco che Forever young era arrivata dove è rimasta.
Allora nella più totale ignoranza, oggi con una coscienza diversa.
Ciò non significa che i tuoi occhi non sorridano allo stesso modo, non vuol dire che non la ascolti più volentieri, piuttosto emerge il fatto che pur rimanendo te stesso sei bello che cambiato.
Tutto qui.

Pertanto...
...speravi per il meglio, per te e i tuoi cari, ma temevi per il peggio, con un ordigno potenzialmente in giro, ed ora come allora c'è ancora chi potenzialmente lo vorrebbe usare.
…argomentavi sul morir giovani e sul vivere per sempre, sapendo di non poter decidere nulla (se non per te stesso), avendo ben chiaro che il viaggio è uno solo.
...immaginavi come poter vincere questo cimento, e guardavi il sole in faccia, pretendendo tutte le energie che anelavi
...ponevi domande ben più grandi di te, vedendo che alcuni come te erano e saranno, altri passavano per una stagione, altri ancora per un attimo sfuggente, eppure tutti sarebbero andati, ognuno per la propria strada, fosse questa lunga breve dritta o storta.
...volevi lasciare il segno prima di finire di passare, dibattevi in merito al metodo e quello che avresti potuto segnare, ché in effetti ti sentivi per sempre.
…vedevi le occasioni sbiadire nelle abitudini, sentivi e non ascoltavi canzoni dimenticate, e avevi sogni irrealizzati che sono ancora lì, sempre lì.
...volevi vivere per sempre, e ti domandavi davvero se fosse stato il caso di vivere per sempre.
...volevi rimanere per sempre giovane.

E un poco ci sei pure riuscito, qualche traccia se pur leggera l'hai lasciata pure tu.
Altre tracce, importanti, sono ben più tangibili.

Perciò, come per chi ti gira intorno, ce la stai facendo.
Perché stai ancora passando.

Tutto qui.

lunedì 24 ottobre 2016

Come l'anno scorso, stessi odori stessi personaggi

Dopo tutto quel baccano avevi deciso di fare basta.
Avevi deciso di non passarci più per quel motivo lì.
Però gli altri avevano scelto in merito al peso della busta, e tu eri tornato fuori in attesa di una firma.
Avevi comunque proceduto sui tuoi passi e sulla tua strada.
Avevi ottenuto quella A che in silenzio eri andato a imparare. E ti era piaciuta assai, e non ne avevi alcun dubbio, tanto che il tuo amico ti aveva offerto quella battuta là.
Eri tornato sull'aereo per passare un fine settimana lungo a piedi nella capitale grigia benché assolata.
In effetti, alla fine dei conti, il tuo percorso ti aveva visto ben cambiato.
I chiarimenti invernali avevano spostato altrove le cose in sospeso, e nulla era nell'indeciso o nel poco trasparente.
Anzi, avevi ritrovato chi aveva scelto. E lo sentivi bene.
E sono stati anche altri giri ben più lontani.
Ma quella firma era ben tarda dall'arrivare.
Dunque, tuo malgrado, come l'anno scorso, sei tornato là dentro a cercare quel gruzzoletto per respirare un poco meglio.
Le condizioni erano diverse, avevano addirittura prospettato un ruolo diverso, una posizione diversa, e quindi fatiche diverse. Poi le loro difficoltà, non di certo le tue, li avevano dirottati su scelte che non ti erano piaciute.
Avevano invitato altra gente, alcuni freschi di corso, altri alle prime esperienze, altri esplicitamente di passaggio. E i soliti personaggi nei soliti ruoli con le solite pantomime, le solite esibizioni false e tendenziose atte ad ammaliare chi con loro, e le solite scelte ricadute sui più instabili caratterialmente intendendo.
Solo un personaggio, in effetti, era diverso, anche se lo stesso. Cioè, ne era ben diverso l'attore che lo recitava, dunque anche quel ruolo aveva ottenuto delle sembianze ben diverse. Sì certo le tensioni della consapevolezza del ruolo erano tangibili, e i ruoli concatenati da dirigere erano tanti di conseguenza, ma almeno la persona uomo era meno arrogante, più diretta, meno viscida forse, e non venivano lesinati i grazie. E questo era già tanto.
Tu eri stato scelto per dirigere quello che già conoscevi, quello che già sapevi fare bene e lo avevi dimostrato, ti avevano appoggiato sulle spalle la responsabilità di quel settore, e che tutto potesse girare al meglio e per il verso giusto. Come 'anno scorso.
Presto avevi concluso col pensiero su “forti odori, come sempre, e i personaggi sono sempre gli stessi”.
Ti avevano lasciato in disparte, non ti coinvolgevano nelle loro risate adorne di pochezza.
E tu ben te ne guardavi dal farti coinvolgere ove non ritenevi opportuno.
Ed erano gli stessi movimenti di vite senza fine, erano gli stessi rumori caotici di motori elettrici e a scoppio, erano gli stessi schizzi rossi sulla pelle e sugli indumenti, erano le stesse fatiche sulla schiena, gli stessi scarsi attrezzi, erano le stesse attenzioni a quel miscuglio risucchiato, erano gli stessi silenzi e le stesse attese, erano i tuoi pensieri ad andare ovunque purché non in quel posto, erano le parole strette con chi passava in quel posto e vedeva te un interlocutore diverso, erano sorrisi a chi li meritava e nemmeno uno sguardo a chi prepotentemente pretendeva.
E sentivi che tutto era diverso.
Tu eri diverso.
E lo hai dimostrato anche quest'anno, come l'anno scorso.
Avevi pure detto no, a discapito di un altro respiro agognato ma a favore della tua salute e di tuoi impegni.
Eri pure arrivato a certe conclusioni, che si mal adattavano all'ambiente, e che tenevi ben per te.
Giacché quando pensi di essere nel giusto, perché credi in quel che fai e che quel modo sia quello corretto, non ti devi curare troppo dei personaggi intorno, che pensano male di te e che ti credono coglione nei tuoi comportamenti, loro che ti vedono e sentono distante dagli atteggiamenti da supereroi egocentrici arroganti e impauriti che vivono sempre.
Perché il giusto, lo sai, è come un albero che matura paziente col tempo che passa, invece gli altri intorno si fermano a un arido momento di opportunità.
Tu guardali sempre in faccia e passa oltre.
Ché lo sai bene, tu non sei solo una scimmia mangia banane.
Salute!