Tutto
è cominciato come il primo giorno a naja: si è tutti uguali e tutti
insieme.
Anche
se erano ben distinti, ovviamente, Il Preside uscito dall'ufficio,
l'Orso ormai a parlare con le vecchie conoscenze e Nitro detto TNT
ancora senza le sue nuove provette.
Poi,
piano piano altre diversità sarebbero emerse, col tempo e con le
competenze.
Lo
Spettatore, quindi, era lì insieme a tutti. Pronto, come gli altri,
a ricevere le prime istruzioni. O per meglio esprimersi, le prime
direttive buttate un po' lì, quasi tanto per fare qualcosa.
Orso
aveva comandato di distribuire le scope in saggina a tutti i
pretendenti ciarlando un vago: «Dividetevi lungo le strade e nel
piazzale, cominciate da lì davanti... si spazza tutto, foglie
aghetti sporcizia, anche i sassolini se necessario... che domani
cominciano ad arrivare i soci e vogliono vedere che tutto è pulito.
E
non mettetevi troppo vicini tra di voi che altrimenti poi vi fermate
a chiacchierare», aveva malamente sogghignato con sorrisi ammiccanti
e l'intenzione evidente di abbindolare gli ormai già scopatori.
Così
la prima mattina scivolava via con nuvole di polvere un po' ovunque.
E
già lì Lo Spettatore aveva raccolto la prima impressione e come suo
solito aveva da segnalare che quell'Orso avrebbe potuto dire e
comandare di non stare vicini per lavorare al meglio, per distribuire
adeguatamente la forza lavoro in tutte le aree dove fosse possibile,
e certamente non limitarsi al gretto altrimenti chiacchierate tra
voi. Questioni di punti di vista, e di intelligenza.
Qualche
addetto (forse più fortunato) aveva ricevuto incarichi diversi, come
guidare la sega-erba, detta anche motofalciatrice, nel grande prato
centrale oppure adoperarsi col decespugliatore in ogni dove fosse
necessario.
Qualche
personaggio aveva già la sua evidenza davanti agli altri, Lo
Spettatore lo notava bene, come Bellosguardo che con semplici forbici
se ne andava in giro a tagliare i rami invadenti, buttarli a terra, e
nel caso dare delle direttive a chiunque fosse nei suoi paraggi.
Durante
quella lunga prima mattinata lo Spettatore lavorava come gli altri ma
sempre a modo suo, aveva sempre uno sguardo oltre il suo proprio
posto ed aveva sempre un orecchio pronto a raccogliere conversazioni
osservazioni parole commenti.
Era
così che cadeva il tempo, tra troppo caldo molto sudore e bevute
d'acqua (non solo).
Al
termine di quel mattino pieno di nozioni raccolte qua e là, si
presentava la prima richiesta apparentemente importante,
potenzialmente decisiva: La Chicca era uscita tra gli avventizi alla
ricerca di chi aveva la certificazione per la guida dei carrelli
elevatori, malamente chiamato patentino per muletti. Lo Spettatore
non poteva non rispondere positivo, e si era trovato a richiedere il
certificato dove sapeva di trovarlo. A quel punto la sua impressione
era che scoprirsi con quella opportunità poteva aumentare la sua
fiducia in un futuro prossimo, come quei futuri a distanza di un
mese.
E
così, almeno per un po', Lo Spettatore aveva pensato che erano
lievitate le sue possibilità di conferma al termine del mandato
settembrino.
Durante
i primi giorni i ragazzi avventizi erano dislocati in vari monotoni
lavori di pulizia. Col passare delle ore erano coinvolti nei ruoli
che si sarebbero concretizzati con l'avvento dei carri e dell'uva
vendemmiata.
Era
dunque il tempo e il momento di imparare a usare gli strumenti, le
attrezzature, i macchinari. Supermario Dioca ed Il Biondo
cominciavano a prendere dimestichezza con La Sonda e l'Acidità e Il
Grado. Chi già della cantina, come Buccia e L'orbo e Il Barba
richiedevano aiuto più o meno con la supervisione apparente di Orso.
Era così che Bellosguardo e Dialat e Cavallopacato accettavano le
braccia volenterose degli ultimi arrivati.
Presto,
comunque, tutti si passava alle pedane delle garolle.
Nel
mentre, comunque, Lo Spettatore, come altri, aveva fatto la
conoscenza della prima porzione della cantina. Le vasche e la loro
pulizia erano stata un'esperienza importante. Nella solitudine di
quelle camere matrimoniali senza porta, giacché si presentavano
esclusivamente due stretti buchi praticabili dalle persone, uno in
entrata dabbasso e un altro dallalto,
erano frequenti i suoi ragionamenti, il suo domandarsi i perché di
certe situazioni, il suo rispondersi da solo a certe domande, il suo
concludere asserendo soluzioni.
Così
che se ne era uscito, una delle ultime volte, con la convinzione che
La Elementare un suo bel
comodo lavoro in cantina l'aveva certamente, e che era sufficiente
imporle l'unica possibilità di lavoro per lei nel lavare, tutti i
santi giorni, le vasche di ogni tipo e genere e dimensione e con ogni
tipo di materiale da asportare, dalla semplice rinfrescata
all'asportazione energica e prolungata della feccia più
appiccicaticcia.
Ecco,
all'apparenza era una sentenza ma Lo Spettatore era ben certo di quel
che concludeva con quel ragionamento.
(anche
in virtù del fatto che Lo Spettatore è sempre stato di poche
parole, e sentendosi reclamare sempre più spesso questa sua
latitanza la volta che espone forse sarebbe il caso di ascoltare, o
sentire, per davvero per bene) – (ma in effetti questo è un altro
discorso, e fa parte di una storia ben più lunga e articolata)
E
così, passati i primi giorni a fare la conoscenza di persone,
luoghi, attrezzature, spazi, divieti, possibilità, giri diversi, Lo
Spettatore aveva terminato il suo piccolo viaggio propiziatorio
esattamente all'inizio della garolla numero tre, una barca da
sversare, Mimmoamerelli alla consolle, e Supermario Dioca a comandare
il trattorista.
E
lì, tra la tre e la uno, sarebbe stato tutti i turni successivi, per
tutti i giorni successivi.
I
giorni seguenti erano già stati organizzati bene bene da
Bellosguardo con il silente contributo del Barba: erano infatti già
esposti e conosciuti a tutti i vari turni di lavoro, che dal secondo
giorno in avanti volevano dire 6 o 7 ore oppure 8 o 10 ore
giornaliere.
Era
così che le giornate di settembre sarebbero trascorse, al ritmo del
sonno, colazione veloce, lavoro, pranzo veloce, lavoro, doccia,
cena, sonno, senza un attimo di respiro per qualsiasi altro
accidente.
E
coi giorni a trascorrere pesanti e impegnati e pieni era ben poco il
tempo per pensare.
Lo
Spettatore a questo punto era pronto a giocarsela tutta. Viveva
momenti e sensazioni contrastanti.
Era
euforico e carico perché sentiva di potersi esprimere bene e farsi
conoscere, partendo da zero era consapevole che mescolate le carte
avrebbe comunque potuto scegliere quelle migliori da giocare.
Quindi,
come nei primi giorni, aveva continuato a domandare, aveva continuato
a interessarsi anche alla più banale curiosità, aveva continuato a
proporre idee.
Rimaneva
vigile, attento, in attesa di chissà che.
Aveva
anche continuato ad ascoltare le opinioni degli altri avventizi,
soprattutto quelli che avevano già trascorso le stagioni di
vendemmia in quella cantina. Ascoltava in silenzio, senza commentare.
Come
quando Bimbomix aveva cominciato a spillare ricordi ed impressioni di
quel che sarebbe stato partendo da quel che era stato gli anni
passati, lui dall'alto della sua esperienza. Aveva raccontato la
propria opinione in merito alla presenza de Il Prof che valutava la
qualità dell'uva, che per lui era ben meglio fosse presente, giacché
gli scorsi anni l'uva veniva valutata velocemente direttamente alla
Sonda dalla Chicca, che da un po' di tempo segretariava in ufficio,
e, a detta sua, spesso i voti venivano modificati poi d'ufficio a
seconda delle esigenze di cantina o di socio. Vero o falso era
comunque una sua opinione.
Bimbomix
era sempre assai perplesso mentre si alternava con Mimmoamerelli alla
consolle del comando delle garolle.
Bimbomix
e Mimmoamerelli erano a tutti gli effetti i coordinatori e
responsabili di quanto accadeva prima durante e dopo lo sversamento
dell'uva dai carri dei soci. Erano loro a comandare in merito alle
esigenze impartite da Nitro detto Tienneti e da Bellosguardo. Con gli
anni e le esperienze, e le amicizie, Bimbomix e Mimmoamerelli si
erano guadagnati la responsabilità di gestire macchine, maestranze,
e terzi. E lo Spettatore sinceramente non è ancora certo che tale
responsabilità venisse loro ripagata adeguatamente.
I
meno avvezzi, quelli con meno o nessuna esperienza, erano più o meno
giustamente attorno e sopra ai carri.
Era
così, a causa di queste organizzazioni, che Lo Spettatore aveva la
possibilità di conoscere altri avventizi come lui.
Aveva
imparato a conoscere e tenere alla distanza giusta Ragazzopersempre,
in primo luogo perché sentiva l'impossibilità di scambiare con lui
un dialogo degno di questo nome, in secondo luogo ma con importanza
elevata per la inettitudine di Ragazzopersempre nel muoversi, giacché
sempre in pericolo per se stesso, figuriamoci per i colleghi che
malauguratamente si trovassero a impegnarsi con lui nell'opera di
pulizia carri.
Aveva
conosciuto meglio, per quanto era possibile, Supermario Dioca, sempre
pronto alla battuta, sempre pronto a fare robe, volendo a prendere
giuste iniziative. Supermario Dioca era del posto, più o meno.
Presto Lo Spettatore riconobbe in lui quel personaggio che parla con
tutti, con troppi, quelle figure che si lasciano scappare fin troppi
commenti con chicchessia, quelle bocche da starci attenti alle parole
che gli arrivavano alle orecchie. Dunque, suo malgrado, Lo Spettatore
tenne le giuste distanze. Ciò nonostante era disponibile per quanto
possibile, e non si tirò indietro quando Supermario Dioca si
prensentò al lavoro privo del giusto abbigliamento e non ci pensò
troppo prestandogli la propria felpa. Era comunque un collega
meritevole di attenzioni, giacché sempre pronto ad aiutare chi al
suo fianco.
Lo
Spettatore aveva assorbito i sogghigni e le risate a crepapelle di
una coppia affiatatissima, se non per il lavoro da svolgere quanto
meno per le rime che si declamavano. Broccoli Antonio e Bambino erano
proprio una macchietta. Nei momenti di pausa, tra una spazzata e
l'altra, si seguivano passo passo per rappare le rime più
disparate. Non serviva un argomento in particolare, non c'era mai un
filo conduttore perpetuo, erano semplici ispirazioni, buttate lì tra
una garolla e l'altra, pronte a fare ridere e perché no riflettere.
Improvvisavano rime al ritmo di tum tum col movimento del
braccio, era come avessero un vinile in una mano e l'ispirazione
nell'altra. Spesso erano in competizione tra loro, ma era palese che
non era una gara ma un semplice e puro divertimento, e Lo Spettatore
distanza ne sentiva la leggerezza ed era contento per loro.
Era
contento anche perché visti in quei momenti sembravano poco avvezzi
alla ciclicità del lavoro monotono e faticoso, invece ogni qual
volta se ne presentava la necessità erano sempre pronti a farsi in
quattro per scaricare in tempi consoni qualsiasi tipo di carro.
Spesso
a testa bassa, in silenzio, persi nei propri pensieri.
Alla
fine, comunque, dando il giusto onore al merito, Bambino era anni
luce avanti a Broccoli Antonio nell'abilità di sciorinare rime
rappate qualsiasi fosse il personaggio da deridere o da
sorridere. Anche Lo Spettatore fu protagonista di alcune strofe, e
solo dopo diverse insistenze era riuscito ad ascoltarle, e ne aveva
riso e si era complimentato con Bambino per quella sua destrezza.
Aveva
raccolto quanto fosse lontana da lui la timidezza che lo distingueva
in passato in determinate occasioni, aveva raccolto il suo non essere
permaloso a differenza di certe sentenze troppo frettolosamente
attribuitegli, ed aveva elogiato e stimolato Bambino a perseguire
quel suo dono, peraltro allenatissimo.
Lo
Spettatore aveva modo di chiacchierare poco con Il Biondo, giovane
quasi aitante novello universitario, con lo sguardo carico delle
ingenuità del suo carattere, e certi ragionamenti tipici di chi
svolta la pagina dello studio obbligatorio verso le pagine bianche
dei corsi da seguire in orari e cadenze non conosciute, pagine tutte
da scrivere daccapo, pagine spesso sprovvedute lasciate aperte al
rimandare ancora l'entrata nel mondo dei grandi.
Tutti
ragionamenti dello Spettatore, questi, lontanissimi dalla sua idea
della Chicca, dottoressa e non solo, visto che a parer suo certe
pagine non le ha volute nemmeno prendere in considerazione quando era
stato il suo momento.
Il
Macchia era ovunque. Nonostante fosse partecipe dei turni alle
garolle, spesso, era comunque richiesto a destra e a manca, da Buccia
o da L'Orbo, era spesso lontano dai carri e dagli sversamenti d'uva.
Ma quando c'era era uno spettacolo osservarlo. Lo Spettatore cercava
di mettersi in posizione favorevole per osservarlo al meglio. Aveva
anche assistito a un esubero da parte di Mimmoamerelli, il quale
volle fotografare o filmare Il Macchia durante i suoi tipici
movimenti coordinatissimi. Alla fine, comunque, a ben vedere, aveva
ragione lui: Il Macchia non sforzava mai la schiena ma impostava la
posizione di fatica sfruttando la sua forza nelle gambe, o
all'occorrenza delle braccia; la schiena del Macchia raramente
fletteva a favore dell'obiettivo della fatica, ma era per lo più
ritta sopra alle anche che si muovevano in merito alle flessioni
delle gambe. Il Macchia era uno spettacolo, e Lo Spettatore, avesse
avuto possibilità, avrebbe votato per lui.
In
qualche poche occasioni avevano pure scambiato alcune parole,
discorsi diversi, di problematiche lontane tra loro, ma erano
piuttosto monologhi ai quali Lo Spettatore sapeva sottrarsi solo se
era vicino il fine turno o se era incombente un lavoro da svolgere.
Cioè, spesso, come altri, anche Lo Spettatore scappava letteralmente
dalle sue vicinanze.
Il
Macchia, da lui stesso asserito, era un lavoratore solitario, un po'
per carattere un po' per esigenze naturali. D'altronde, lui stesso
raccontava le proprie esperienze cantiniere come continui lavaggi di
vasche, sopra sotto dentro fuori ma soprattutto dentro e dentro e
ancora dentro.
Ecco
che alcune teorie si allineavano alla pratica. Spesso Il Macchia
lavorava in solitaria; anche quando era alle garolle.
A
volte, in chiusura di giornata, chi era rimasto lontano dalle garolle
intento in altri importanti impegni prestava gli ultimi minuti di
turno a chi per tutto il giorno aveva tenuto in mano scope e
spazzoloni e badili e.
La
giornata si concludeva sempre col lavaggio di garolla, la vasca la
coclea la pigiatrice la pedana e tutto quello che poteva essere
inondato e lavato con acqua sparata a pressione tramite l'apposita
gomma.
La
gomma era ovunque in cantina. Si trattava di tranci di tubo
verosimilmente telato atti a poter lavare qualsiasi angolo della
stessa. Ne va da se che c'erano pochi rubinetti senza innestata la
gomma, e non c'era muro o corsia o piano dove non fosse presente
almeno un rubinetto d'acqua corrente.
Il
lavaggio serale però veniva effettuato con una gomma tutta
particolare: era a pressione. Era necessario aprire l'acqua (o
accendere come usava dire in cantina) ed accendere (davvero) il
compressore cosicché dalla pistola al capo della gomma uscisse acqua
a pressione elevata tale da permettere lo scostamento dei residui
zuccherini dell'uva, di rami e foglie rimaste incastrate nella
coclea, e delle bucce rimaste all'interno della pigiatrice rotante.
A
volte, in chiusura di giornata, Lo Spettatore aveva modo di ammirare
altri tipi di colleghi, dai quali teneva distanze e rispetto in ugual
misura. Cantinieri con esperienza, con diverse stagioni sulle spalle.
Capaci di ricordare a memoria ogni piccola incombenza e ogni piccolo
passaggio allo spegnimento delle garolle. In particolare modo erano
in grado di gestire le tre pompe con ampi gesti al consoller
di turno, che dall'alto della sua posizione diramava gli ultimi
ordini. La pompa della garolla tre, più moderna ma più complessa,
era un insieme di passaggi degni di un'alchimia da sottomarino. Gira
qui, apri là, lava sopra, sposta qua, apri nel verso giusto la
valvola, richiudi al momento opportuno la valvola. Ecco, la fortuna
dello Spettatore è stata assistere alla pulizia/spegnimento della
pompa tre già la prima sera, quando ancora chi faceva cosa spiegava
(a modo suo che nessun insegnante mi disprezzi se utilizzo questo
termine) ai novelli avventizi ogni singolo passaggio. Quindi, per
fortuna, Lo Spettatore aveva assistito al primo ritorno di pompa,
cioè al rigetto che la pompa spruzzava in alto al termine delle
operazioni.
C'è
da dire che degli scherzi ne furono fatti, in giro per la cantina, e
uno in particolare era inevitabilissimo.
La
sera che Il Biondo andò ad aiutare la chiusa garolle venne invitato
a controllare bene soprattutto la pulizia della numero tre. Quando a
fine lavori venne invitato a sporgersi nei pressi della pompa e venne
inondato dal getto di ritorno della pompa, bagnato da capo ai piedi
la prese in ridere, la prese bene, e a parer dello Spettatore non
diede nemmeno troppa soddisfazione a quelli che lo misero in scacco.
Lo
Spettatore, riflettendo, si disse certo che quel ragazzo biondo
avrebbe avuto da stare attento nei suoi prossimi passi nel proprio
mondo.
Una
sera, stanco dai troppi troppissimi carri arrivati durante la
giornata, Lo Spettatore ebbe modo di osservare da vicino il lavoro
del Barba, ragazzo appena confermato fisso alla cantina con alle
spalle diverse stagioni di vendemmia. La sapeva lunga Il Barba, era
capace, molto, ed era palpabile che sapeva come dove quando eccedere
e allo stesso modo quando ritrarsi, dai doveri dalle fatiche e dalle
compagnie. Era sorridente, ma anche cupo. Aveva intrecciato buoni
rapporti con Orso e con Bellosguardo, non disdegnava Dialat, anzi
spesso erano in coppia, ed era tangibile il suo manovrare la
manodopera a sua discrezione.
Allo
Spettatore era palese che la cantina dalla parte degli operai, o
cantinieni, era in mano a tre personaggi tre.
Mentre
dalla parte di là, fin troppo lontano, erano Nitro detto Tienneti e
Il Preside a dirigere i ritmi. Nella parte di là erano presenti
alcune zone ben distinte, a parte l'ufficio.
La
Celata era stata incaricata di accettare e salutare i carri, cioè di
pesare i carri in entrata e di pesare i carri in uscita. Esisteva un
documento, utilizzato successivamente dal Biondo o da Supermario
Dioca alla Sonda, e dal Prof alle garolle, che ne attestava
l'adempimento. Ascoltando voci di corridoio Lo Spettatore se ne
faceva un'idea che al termine del mese era ben diversa da quella
dell'inizio. Quando si dice non sempre le prime impressioni sono
quelle giuste. Aveva parlato con lei la prima sera, quando Il Preside
impose una riunione di benvenuto con tanto di bevute e mangiate.
Avevano scambiato due sorrisi due e qualche parola in merito
all'inizio dell'avventura, ignari entrambi di quel che sarebbe stato
esattamente. Gli era risultata simpatica, finanche propositiva. Era
dunque fuor di dubbio che la scelta ricaduta su di lei fosse una
scelta azzeccata. Niente di tutto questo però si venne a confermare
durante i trenta giorni di settembre, al termine dei quali, saputo
sempre da voci di corridoio, lei era arrivata a stento, rischiando
più volte il pre-licenziamento. Che alla fine, in sostanza, era un
peccato per lei, poiché col suo maldestro fare aveva bruciato una
buona buonissima occasione di impiego.
L'altra
stagionale, non assunta ma in stage accademico o qualcosa del genere,
era La Mavalà, giovine studentessa alla ricerca di punteggi da
iscrivere nel personale curriculum. Addetta al negozio di vendita, di
vino, e simili. Dunque, basta poco per immaginare che durante il
periodo di vendemmia di vino non ce ne fosse un'enormità, da vendere
si intende. Cioè, sarebbe come andare dal salumiere ed aspettarsi
una buon salame stagionato proprio nel periodo di macellazione del
maiale: i tempi non collimano bene. Quindi, per farla breve, il suo
impegno non era così, come dire, impegnativo. Aveva molti tempi
morti, dicono sempre i corridoi. E pare che a ogni proposta nuova o
iniziativa diversa dalla normale noiosa routine, lei facesse tipo
spallucce e rifiutasse ogni ulteriore minimo sforzo. E' dunque facile
pensare come Il Preside e Nitro detto Tienneti non gradissero molto
spendere il proprio tempo nella sua gestione, ed hanno lasciato
scemare le sue non iniziative fino allo scadere dei termini.
L'ufficio
in sé, lontanissimo ma non esente dal chiasso della vendemmia, era
quindi strutturato con la presenza di quattro persone. Detto de Il
Preside a dirigere tutto e tutti ma anche no, e di Nitro detto
Tienneti a scegliere come dove e quando selezionare un tipo di uva
piuttosto che un altro, erano presenti anche due figure femminili,
oltre a quelle temporanee alla pesa e al negozio.
Voci
di corridoio, sempre le stesse, davano come agognato il periodo di
vendemmia per la possibilità di allontanare La Elementare, se pur
temporaneamente. Era dunque stata posta all'alternanza con La Celata
alla gestione della pesa.
Lo
Spettatore non aveva modo di lavorare con lei, erano dunque le solite
voci di corridoio che lo ragguagliavano in merito alle varie
situazioni che venivano a crearsi col passare dei giorni.
L'opinione
non era per nulla cambiata, e si concentrava in lui l'idea che il
lavoro di pulizia delle vasche era veramente adatto alla Elementare,
in quanto minuta come era non avrebbe certo avuto difficoltà
nell'entrata e nell'uscita.
La
Chicca era a conoscenza di ogni cosa, di ogni persona, di ogni
lavoro, di ogni movimento. Ovviamente quelli ufficiali, ma va da sé
che avendo a che fare con tutte le persone presenti dentro e fuori la
cantina era palese la sua consapevolezza di come girassero le cose in
tutti i luoghi.
Anche
se non lo avrebbe mai detto di sapere di chi, di cosa, o il perché,
se non fosse stato strettamente necessario. Era molto professionale,
agli occhi dello Spettatore appariva come una bravissima
professionista. La cultura che trapelava col suo incedere era palese,
i suoi sorrisi non mancavano mai ai ragionamenti che lo
necessitassero, e neppure gli sguardi seri non venivano lesinati nei
momenti opportuni.
Chiamare
La Chicca segretaria è come chiamare automobilista un pilota di
formula uno: asserire riduttivo sarebbe poco.
Era
molto di più, proprio per quanto emerso in quel mese, e prima e
dopo, Lo Spettatore non potrebbe mai parlarne in malo modo.
Era
affascinato dalla sua presenza. Era.
Per
Lo Spettatore la parte più gratificante era stata senz'altro l'aver
avuto la possibilità di mettersi in gioco.
Alla
fine di agosto erano esattamente dodici mesi di assenza da un lavoro
giornaliero “serio”. Di lì a poco avrebbe avuto di nuovo a che
fare col lavoro vero, dal mattino alla sera. Era pronto a mettersi in
competizione, ma anche no conoscendosi il carattere, con le altre
persone. Sapeva di partire da zero, o quasi. Era ignorante di ogni
passo da fare. Era pronto a camminare un passo alla volta, cercando
di non inciampare. Era pronto a mettere la propria curiosità al
servizio della cantina e della sua presenza.
Era
pronto a giocarsela.
Era
pronto a mettersi in gioco.
Guardava
tutto. Osservava tutti. Non risparmiava parole a nessuno, ed
ascoltava tutti.
Era
carico, pronto a scattare, anche se pronto con la mano sulla leva del
freno perché in certi momenti era meglio non esagerare.
Era
pronto a ogni evenienza, a ogni piccolo mestiere da sostenere.
Quando
in un momento di pausa era chinato a osservare l'andamento dell'uva
correre con le onde create dalla sua caduta nella garolla, gli venne
in mente come poter evitare certi sprechi di materiale e di tempo e
di pulizia. Aveva preso un foglio, una biro, aveva disegnato grosso
modo l'idea, e l'aveva fatta proporre al Preside.
Il
Preside era una buona persona da ascoltare, nonostante i suoi punti
di vista fin troppo radicali o radicati.
Ci
parlava bene con lui. Era un piacere scambiare delle parole, prima e
dopo il periodo di vendemmia. Era stato motivo di accrescimento per
Lo Spettatore. Era riuscito a parlare apertamente di ogni argomento,
liberamente, entrambi col proprio punto di vista, e rispettandosi nei
ruoli. Lo Spettatore era certo di avere trovato una persona schietta,
come poche se ne trovano. In modo particolare che riescono a capire
quando eccedere e quando invece tergiversare. Spesso era capitato che
Lo Spettatore e Il Preside si raccontassero robe spiegandosi dove
volevano arrivare, e alla fine ci arrivavano sempre a quello stesso
punto di conclusione.
Poi,
certo, alcuni episodi durante settembre, o circa lì, hanno lasciato
l'amaro in bocca allo Spettatore.
Come
l'imposizione di nuove tabelle di turni, obbligando alcuni
incolpevoli avventizi alla metà di ore da lavorare a causa di
maldestri comportamenti di taluni. Taluni che successivamente non
furono mai sanzionati come dalle sentenze del momento. Anzi,
tutt'altro.
In
quell'occasione Lo Spettatore mise da parte ogni minima timidezza ed
affrontò il momento di petto. Prese iniziativa, per sé e per i
colleghi più diretti. Chiese informazioni direttamente dalla
direzione. E ne segui una presa di posizione organizzata in turni. A
volte a lui favorevoli.
Ed
infine, ma non fu l'ultima, la questione delle conferme per i mesi
successivi a settembre. Al modesto e personale parere dello
Spettatore, le cose sarebbero potuto, e dovuto andare diversamente.
Nemmeno
per sé, bensì per gli altri che come lui furono eliminati in favore
di una prudenza mai capita.
Anche
perché, a ben riflettere, ci furono manovre in stile mafioso, di
conoscenze, di amicizie, di minacce velate ma non troppo, e di
recriminazione concrete.
Lo
Spettatore aveva concluso la sua prima stagione di vendemmia con una
delusione, ma rafforzato nello spirito, nelle voglie, nel giocarsi,
nel non nascondersi, nel proporsi.
Nel
cercarsi ancora una volta.
Nel
ritrovarsi. Uguale ma diverso.
Le
conclusioni dello Spettatore sono poche:
La
prima che ha imparato? Che il vino si fa ANCHE con l'uva.
L'ultima?
Che il merito non è visto nel modo migliore.
Si
deve continuare per la propria strada, per il proprio credo.
Per
il resto, poi, si passa oltre, che altrimenti è finita per davvero.